Crisi_Italia_Servitizzazione

Ahi Serv(izi) Italia, di dolore ostello

I Servizi rappresentano ben il 72% del Prodotto interno lordo italiano, mentre il Manufacturing (la produzione di prodotti fisici) ne rappresenta solo il 21%. Italia e Germania sono i Paesi occidentali con la più alta incidenza del Manufacturing sul Pil e sono gli Stati che, in prospettiva, sono più in crisi di crescita. Il nostro Pil reale è fermo da almeno due decenni. A questo proposito si consideri che l’aumento del Pil degli Usa negli ultimi 10 anni è stato pari al 63% e la maggior parte di tale incremento – circa l’80% secondo le rilevazioni della University of California, Los Angeles, Ucla) è stato portato dai Servizi.

Eppure in Italia si continua a pensare all’aumento del Pil attraverso gli incentivi all’Industria e al Turismo. Quest’ultimo incide sul Pil per il 5% in modo diretto e per il 13% con il suo indotto: è quindi sicuramente importante e suscettibile di crescita più di quello industriale, ma c’è da evidenziare che non è comunque cresciuto negli ultimi anni come quello della Spagna e altri Paesi e siamo, di fatto, comunque retrocessi al quinto posto mondiale.

Sarebbe quindi importante prendere atto anche, e soprattutto, del potenziale dei Servizi e delle modalità con cui l’Italia può trasformare il business dei prodotti in business di servizio a maggiore margine (la cosiddetta “servitizzazione”). Sono concetti che trovo spesso difficile trasferire ai politici e agli imprenditori italiani, che di solito chiedono “un esempio”. Premesso che si tratta di logiche strategiche, provo a fare degli esempi.

Le inutili sovvenzioni all’Automotive

Per quanto riguarda la trasformazione dell’economia dall’Industria ai Servizi, propongo come il caso di Fiat, Accenture e Bip. Cinquanta anni fa, quella che oggi si chiama Stellantis (insieme con altri grandi gruppi industriali) rappresentava l’ossatura del nostro sistema economico. Aveva in Italia ben 171mila dipendenti, contro gli appena 52mila di oggi. E questo ridimensionamento è avvenuto nonostante decine di miliardi di sovvenzioni ricevute per mantenere le fabbriche in Italia. In effetti, senza gli aiuti statali, le persone coinvolte sarebbe state ancora meno. Sono, infatti, difficilmente sostenibili produzioni Automotive ad alto volume in Italia, a causa del costo del lavoro di circa 32 euro l’ora contro i 10 euro in Paesi come Serbia e Polonia (dove infatti Stellantis ha spostato le produzioni).

Oltre a prendere in considerazione il fatto che è assolutamente inutile e costoso cercare di mantenere nel nostro Paese produzioni a basso valore aggiunto (con i relativi impatti anche sui livelli salariali), occorre considerare, invece, che cosa è di fatto già successo nei Servizi. Le nuove ‘Fiat’, cioè le società con elevati fatturati, alto valore aggiunto, grande tasso di crescita e, soprattutto, alta occupazione ed elevati salari, sono le società di consulenza, i cui livelli di business, solo 50 anni fa, erano trascurabili. È il caso di Accenture e di Bip.

La trasformazione dei Servizi nella Consulenza

Fa un certo effetto scoprire che la multinazionale statunitense abbia oggi, globalmente, 500mila dipendenti, di cui 20mila in Italia, e che l’italiana Bip ne abbia oltre 5mila. Lo sviluppo di società fornitrici di servizi innovativi sta cambiando il mix della contribuzione al Pil anche in Italia. Purtroppo le strategie industriali del nostro Paese e dei nostri imprenditori non stanno sfruttando adeguatamente tale trend e quindi stiamo aumentando il gap rispetto ai Paesi che ne hanno preso atto prima di noi e ne hanno incentivato in modo mirato lo sviluppo.

Occorre allora rivedere la nostra ostinazione sullo sviluppo del Manufacturing. Nonostante tutti gli sforzi e gli incentivi non siamo riusciti ad aumentarne la produttività in 50 anni: siamo ai livelli del 1970, mentre solo dal 2008 a oggi, Paesi come Francia, Germania e Spagna l’hanno aumentata del 60%. Tale cambiamento di focus ci consentirebbe di avere maggiori tassi di crescita e di subire meno il problema della competizione a costi più bassi che incontriamo nel Manifatturiero. Nell’erogazione dei Servizi in Italia, infatti, le aziende straniere hanno gli stessi costi e anche le nostre aziende all’estero possono usufruire della medesima situazione.

Quanto argomentato finora dovrebbe aiutarci a capire la necessità urgente dell’aumento del business nell’area Servizi, prendendo atto che a tal riguardo ora siamo al 48esimo posto su 50 Paesi per il livello di competitività e innovazione. Tale situazione presenta un rovescio della medaglia positivo: non dovrebbe essere difficile migliorare il valore dei nostri Servizi, in quanto è sufficiente vedere che cosa fanno altre aziende in altri Paesi.

Concretizzare il modello di business alternativo

Ancor più utile è l’esempio che fa capire come il sistema produttivo delle nostre Piccole e medie imprese (PMI) dovrebbe reagire per non subire gli inevitabili effetti negativi del ‘non cambiamento’. Il nostro sistema economico deve riuscire al più presto a trasformare tale problema in nuove opportunità di sviluppo. Proviamo ad esaminare il caso della servitizzazione, cioè di come si può trasformare un business di produzione a basso volume e margine in un modello a maggiori volumi e margini.

Verisure è la società svedese che offre sistemi di allarme avanzati per la protezione di case, famiglie e attività commerciali: con il suo nuovo modello di business servitizzato, ha fatto capire molto bene a tutte le nostre PMI operanti nello stesso mercato (magari anche con ottimi prodotti innovativi), che il loro futuro è segnato. Il modo di vendere i dispositivi di antifurto e di videosorveglianza è decisamente cambiato. Fino a ieri, nei confronti del cliente finale (B2B o B2C), la struttura di tale business era costituita da un venditore di prodotti, un installatore e un gestore della videosorveglianza, cui si aggiungeva il rapporto continuativo con il manutentore dell’hardware e dell’eventuale software; ora l’azienda ha proposto di gestire il tutto in full service, cioè con un contratto di servizio con canone, accollandosi tutti i componenti hardware e di servizio.

È così che Verisure è diventata leader nel mercato della videosorveglianza nel mondo e in Italia, assorbendo e annullando buona parte del business di prodotto preesistente. L’azienda sceglie i suoi fornitori di prodotto (elevati volumi per pochi fornitori) e di gestione locale degli interventi di vigilanza e si accolla tutto quanto necessario. Ciò semplifica notevolmente le adempienze e le problematiche lato cliente. Risultato? Tutte le PMI del settore sono in potenziale crisi. Non hanno più in mano il mercato perché sono disintermediate e stanno perdendo continuamente clienti. L’unica possibilità che rimane loro ora è… fare qualcosa di simile. Troppo tardi? Forse. Siamo in ritardo un po’ in tutti i settori. Ma i nuovi modelli di business nascono da idee creative. E, almeno su questo aspetto, noi italiani qualche idea potremmo averla (e incentivarla). L’alternativa? Lo scriveva Dante nel Purgatorio, esprimendo tutto il suo dolore e la sua frustrazione per la situazione italiana: “Ahi serva Italia, di dolore ostello”…

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Giorgio Merli

Giorgio Merli è autore di numerosi libri e articoli sul management pubblicati in Europa e negli Usa; è consulente di multinazionali e Governi, oltre che docente in diverse università in Italia e all’estero. È stato Country Leader di PWCC e di IBM Business Consulting Services

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