Gender diversity e leadership, serve un cambiamento culturale

La strada per l’affermazione della leadership femminile nelle aziende è ancora lunga. Sia in termini quantitativi sia qualitativi, il ruolo delle donne non riceve la stessa considerazione di quello maschile. Le maggiori differenze sono rappresentate da stipendi e incarichi, nonostante spesso le donne risultino più formate degli uomini. In questo contesto, le organizzazioni sono chiamate a una maggiore responsabilità per superare disparità e pregiudizi radicati dal punto di vista culturale.

Su questo tema Quadrifor, tra le realtà italiane più autorevoli nel campo della progettazione e realizzazione di iniziative formative del middle management del terziario, ha presentato a Roma la sua nuova indagine Gender Diversity e Leadership nell’era digitale, tappa di un percorso di studi sugli aspetti legati alla componente femminile del management delle imprese e del mercato del lavoro.

La ricerca offre uno sguardo d’ insieme sullo stato dell’arte su Gender diversity e leadership nell’era digitale. L’analisi ha preso a riferimento elementi provenienti dal database dell’Istituto, da realtà istituzionali italiane e internazionali, da indagini recenti e da contributi di studiosi della Gender diversity e della female leadership.

Formazione e istruzione maggiori, ma meno opportunità degli uomini

Innanzitutto, le donne risultano più istruite e più formate. Pierluigi Richini, Responsabile Formazione e studi di Quadrifor e coordinatore della ricerca, segnala che il 67,6% delle donne quadro ha un titolo di studio universitario o superiore rispetto al 58,9% degli uomini, e la partecipazione delle donne ad attività formative è più alta. L’attitudine al rischio sul lavoro, però, non è in linea con i dati appena indicati: le donne si candidano se in possesso del 90% dei requisiti, gli uomini se ne possiedono il 60%. “Perché? Noi educhiamo i ragazzi al coraggio e le ragazze ad essere perfette”, dice Roberto Savini Zangrandi, Direttore Generale di Quadrifor. “Questo ci riporta al tema dell’educazione e della formazione per comprendere quali sono le diversità e i punti sui quali lavorare e intervenire”, aggiunge. Quando si parla di cambiamenti organizzativi, le regole sono fondamentali, e per Savini bisogna controllare l’applicazione delle direttive e inserire un sistema premiante.

La ricerca mostra che le donne si fanno carico di importanti compiti non retribuiti, come i lavori di casa e la cura dei figli o familiari, in proporzione maggiore rispetto agli uomini. “I lavoratori uomini dedicano in media nove ore a settimana ad attività non retribuite mentre le lavoratrici dedicano a tali attività 22 ore, ossia circa quattro ore al giorno”, spiega Rosetta Raso, Presidente Quadrifor. “Sul mercato del lavoro, tale differenza si riflette nel fatto che una donna su tre riduce le ore di lavoro retribuite per richiedere un part-time, mentre solo un uomo su 10 fa altrettanto”.

Il gap retributivo per le donne quadro influisce pesantemente sugli effetti pensionistici che sono inferiori rispetto agli uomini in quanto risentono di una minore retribuzione durante tutto l’arco della vita lavorativa. Secondo Raso, vanno incentivate forme di welfare per garantire alle donne le stesse opportunità di carriera e bisogna creare ambienti di lavoro che riconoscano il valore femminile in azienda, lavorando sull’uguaglianza. Le progressioni di carriera sono limitate anche a causa della difficoltà legate alla conciliazione vita-lavoro. Scuole, istituzioni e aziende devono lavorare in modo sinergico per colmare divari formativi e di genere.

L’occupazione femminile rimane confinata ad alcuni settori specifici

L’Italia in Europa è tra i Paesi con i tassi di occupazione femminile più bassi, come confermato anche dal rapporto dell’European Trade Union Institute (ETUI) che sottolinea come tra gli Stati dell’Unione europea l’Italia presenti un divario occupazionale di genere secondo solo a Malta e seguita Grecia.

La concentrazione del lavoro femminile nei quadri del terziario, per esempio, è presente solo in alcuni settori, come le attività dei Servizi, mentre la presenza maschile si evidenzia nell’Informatica e nel Digitale. “Per colmare il gap è fondamentale aumentare le competenze in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica perché in un contesto socio economico dove entro il 2022 il 60% del Pil globale sarà digitalizzato, le donne, per poter partecipare al miglioramento della società e all’incremento della competitività dei mercati, dovranno indirizzare le loro scelte verso percorsi di studi tecnici che sono invece, a oggi, una prerogativa maschile”, avverte Raso.

Richini sottolinea come il digitale stia diventando un ulteriore elemento di discriminazione, data la relativa prevalenza maschile nei corsi di laurea STEM: “Le nostre ricerche dimostrano peraltro come le donne manager siano maggiormente interessate rispetto ai colleghi, a modelli e strumenti digitali e supportati da intelligenza artificiale per la presa di decisioni. Tale orientamento è particolarmente confermato nelle aziende di dimensioni medio-grandi”.

Occorre avere consapevolezza che per superare disparità e pregiudizi sarà necessario proseguire sulla strada della responsabilità delle organizzazioni, affinché le donne siano libere nei luoghi di lavoro e nelle aziende, artefici del proprio futuro e protagoniste della Digital transformation. Nell’articolazione del catalogo di formazione d’aula di Quadrifor, le donne manager tendono a scegliere iniziative volte al self-empowerment e all’acquisizione di competenze digitali come la gestione dei social media.

La complessità dei fattori in gioco richiede l’attivazione di risposte da parte di una pluralità di soggetti. Uno spazio di grande responsabilità è legato al ruolo che in queste dinamiche potrà essere giocato dalle parti sociali e dalle relative emanazioni bilaterali, sia in termini di servizi di supporto sia di sostegno a policy che incentivino l’innovazione dei modelli gestionali e di ruolo.

digitalizzazione, Gender diversity, leadership, Quadrifor


Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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