Rapporto fra capo e dipendente, come migliorarlo in sei mosse
È in uscita, da FrancoAngeli, l’edizione italiana del libro di Scott Miller, Todd Davis e Virginia Roos Olsson: Everyone Deserves a Great Manager. The six critical practices for leading a team. A prima vista, si tratta di uno dei soliti manuali americani che si rivolgono agli uomini d’azienda proponendo ricette semplici per risolvere problemi complessi.
In realtà, si tratta di un contributo da prendere in seria considerazione, perché proviene da veri specialisti del coaching, che operano nell’ambito della FranklinCovey, la società che prosegue l’opera di Stephen R. Covey, uno dei più noti guru della formazione e del coaching, scomparso nel 2012.
Nella parte iniziale, gli autori offrono un importante chiarimento terminologico: la loro scelta è di usare le parole “manager” e “leader” in maniera interscambiabile. “Non stiamo accentuando il solco tra le due figure, ponendone una al di sopra dell’altra. Quello che sappiamo è che ci sono leader che dovrebbero essere migliori manager e che ci sono manager che dovrebbero essere dei migliori leader”.
L’approccio adottato parte con una visione dell’organizzazione ‘dal basso’. Ci si chiede quali siano le attese e le esigenze dei lavoratori, per eseguire bene la loro attività e quali le necessità che chiamano in causa chi ha la responsabilità di coordinamento o di direzione.
Ruoli, questi, che assumono un carico di influenza e responsabilità senza precedenti, a fronte dell’avanzare della digitalizzazione nelle aziende, che riduce drasticamente gli strati manageriali intermedi. Il rapporto tra i responsabili di primo livello e i componenti dei team diventa, quindi, lo snodo critico di tutte le organizzazioni, il raccordo fondamentale tra strategia ed esecuzione.
Il focus del libro è, quindi, la risposta alle esigenze complementari dei membri dei team di base e dei loro manager o leader di primo livello: gli uni hanno bisogno degli altri e il miglioramento della relazione fra le due parti è la chiave per la salute dell’organizzazione.
La lunga esperienza pratica degli specialisti, operanti nel solco aperto da S.R. Covey, arricchita dall’innesto di esperienze consulenziali realizzate da una nuova società operante nel contesto dinamico della Silicon Valley, viene così distillata nelle sei regole richiamate nel titolo:
- Sviluppare un mindset da leader;
- Tenere regolari incontri individuali;
- Organizzare il team per ottenere risultati;
- Creare una cultura del feedback;
- Guidare il team attraverso il cambiamento;
- Gestire il proprio tempo e le proprie energie.
Di primo acchito, nulla di particolarmente innovativo, ma è interessante l’analisi condotta all’interno dei sei argomenti, con lo sviluppo delle competenze e dei comportamenti del leader in grado di sostenere l’efficacia dei team; secondo gli autori, queste indicazioni per il lavoro dei manager di primo livello, si prestano a ispirare anche il comportamento di coloro che hanno una lunga esperienza e sono al vertice di strutture più grandi e complesse.
Tra gli spunti di maggiore rilievo e attualità, interpretati anche alla luce delle nuove situazioni aperte dal vasto utilizzo delle tecnologie e dei sistemi social, ci sono temi come il colloquio individuale e soprattutto il feedback.
Il capitolo dedicato a quest’ultimo argomento è significativamente intitolato La cultura del feedback e va oltre l’illustrazione dei diversi tipi di feedback (di rinforzo, correttivo, ecc.), per chiarire i passaggi di un percorso volto a migliorare la qualità del tessuto relazionale interno alle organizzazioni. Si pensi all’importanza che la capacità di gestire il feedback − in modo sistematico, continuativo e, pluridirezionale – assume, oggi, per l’evoluzione dei sistemi di Performance management.
Su questi come su altri temi, il libro adotta un approccio che si rivela un punto di forza: orientare il processo di sviluppo delle competenze personali nei professionisti aziendali, in un percorso di auto-formazione e autoeducazione. L’appendice al volume, con la proposta di tracce orientative per l’applicazione personale delle regole – nella logica del fare – rappresenta, in tal senso, un coerente complemento.
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