Conciliazione vita-lavoro, i benefici per aziende e dipendenti
La conciliazione vita-lavoro è contraddistinta da un crescente interesse, eppure ancora oggi c’è una ristretta conoscenza delle modalità con cui le aziende possono favorire questa pratica. Le ricerche sino a ora sono concentrate sugli impatti che un orientamento alla conciliazione può avere sulle performance aziendali, sui benefici generati nei lavoratori e sulla capacità dei contesti istituzionali di agevolare la conciliazione, non approfondendo quindi l’implementazione della conciliazione in azienda.
Le aziende hanno implementato iniziative per soddisfare le legittime attese degli stakeholder, accettando responsabilità superiori agli obblighi stabiliti dalle normative vigenti. Tale tensione può trovare fondamento, oltre che in una personale propensione sociale d’imprenditori e manager, nell’approccio strategico proposto dalla stakeholderview (Freeman, 1984, 1994).
Secondo tale teoria, un’azienda per conseguire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo deve assicurare la creazione di valore e il soddisfacimento delle attese dell’insieme degli interlocutori aziendali, evitando di incorrere nelle distorsioni prodotte dall’esclusiva massimizzazione del risultato economico di breve periodo.
L’attenzione di un’impresa alla conciliazione rappresenta un’espressione dell’orientamento verso i collaboratori, con la quale un’azienda si adopera per soddisfare la necessità dei lavoratori di poter accordare i propri impegni sia familiari sia lavorativi. L’impegno nella conciliazione sottintende un cambiamento di prospettiva delle aziende rispetto alla worklife balance, spostando l’interesse dall’ottenimento di un equilibrio tra ore familiari e lavorative – risultato di una concezione di famiglia e lavoro come conflittuali – verso una tensione a fornire a incrementare la possibilità del simultaneo impegno lavorativo e soddisfacimento di esigenze familiari. In tal senso appartengono alla prospettiva della conciliazione tutte le iniziative che possono contribuire al superamento dell’apparente contrapposizione tra la dimensione familiare e quella lavorativa.
A titolo esemplificativo, sono riconducibili a iniziative di conciliazione: la disponibilità di un tempo part-time, in quanto permette di ridurre il tempo di lavoro per rispondere alle esigenze familiari; la possibilità di telelavoro, potendo restringere gli impatti negativi generati dalla mobilità sulla famiglia; l’attivazione di un asilo nido aziendale, offrendo la possibilità di una prossimità dei figli alle madri anche nell’ambito di lavoro; la disponibilità di speciali congedi in caso di maternità; la presenza di servizi di disbrigo pratiche amministrative personali; e così via.
Il nuovo legame tra lavoro e famiglia
L’accettazione dell’ottica della conciliazione avanza una nuova prospettiva che vede la famiglia e il lavoro legate da reciproche influenze, grazie alle quali è possibile osservare come un miglioramento di una delle due sfere alimenti un progresso anche nella seconda, così come un peggioramento di una produca impatti negativi sull’altra.
Secondo tale prospettiva l’impegno di un’azienda attorno al tema in parola può attivare un circolo virtuoso di benefici reciproci per la famiglia e per l’azienda. Un’impresa attenta alla conciliazione può generare miglioramenti della condizione familiare in termini di armonia della vita, di gestione delle relazioni e di riduzione dello stress dei lavoratori e, contemporaneamente, beneficiare delle positive ricadute che tali miglioramenti generano nella sfera lavorativa.
In coerenza con tale circolo virtuoso, è stato dimostrato come un’impresa attenta alla conciliazione possa ottenere benefici in termini di: miglioramento delle performance finanziarie; incremento dei livelli di soddisfazione dei lavoratori, con conseguenti ricadute in termini di produttività e motivazione; sviluppo della capacità di attrarre e trattenere talenti.
L’orientamento alla conciliazione in ogni azienda deve conformarsi ai bisogni emergenti nei collaboratori, richiedendo quindi la conduzione di cambiamenti differenti da azienda in azienda. Il primo passo del percorso di cambiamento consiste dunque in una valutazione della situazione di conciliazione contingente in azienda mediante la considerazione congiunta di due dimensioni: le iniziative a favore della conciliazione già esistenti in azienda e l’efficacia della risposta offerta.
Per quanto riguarda la valutazione delle iniziative esistenti, l’Alta Direzione conduce una rassegna dei sistemi aziendali – con particolare riferimento a quelli di gestione delle risorse umane – per valutare la rilevanza attribuita alla conciliazione e determinare gli elementi che la favoriscono. Non di rado, infatti, le aziende hanno implementato strumenti utili alla relazione tra famiglia e lavoro senza riconoscerne il valore in tale direzione.
Per esempio le aziende possono prevedere, per ragioni organizzative, l’adozione di un orario di lavoro flessibile o la possibilità di telelavoro, condizione che, seppur implementata per ragioni differenti dalla conciliazione, permette più facilmente di coadiuvare l’impegno nella cura dei figli rispetto ad aziende in cui l’orario è rigido. Il secondo elemento della fase è l’analisi dei bisogni di conciliazione esistenti nell’organico aziendale.
Coinvolgere i collaboratori nelle soluzioni
Il diretto coinvolgimento dei collaboratori permette di evitare che una non corretta valutazione influenzi la bontà del cambiamento partendo da presupposti errati. marginali. Il processo di cambiamento, nell’ottica di un efficiente utilizzo delle risorse disponibili e dell’orientamento ad accettare le proprie responsabilità sociali, dovrà in prima battuta focalizzarsi nel fornire una risposta ai bisogni preminenti, dalla cui soddisfazione può generarsi simultaneamente un incremento della soddisfazione dei collaboratori e la generazione di benefici per l’azienda.
La loro risposta rappresenta una soluzione di tipo win-win, capace quindi di avviare il circolo virtuoso dato dalle interrelazioni esistenti tra la sfera familiare e lavorativa. Una volta risposto ai bisogni di conciliazione preminenti, in funzione della disponibilità di risorse, l’attenzione potrà essere riposta ai bisogni a valenza sociale e a valenza aziendale.
In questo caso i manager dovranno agire per assicurare una distribuzione equilibrata delle priorità d’intervento tra bisogni a valenza aziendale e a valenza sociale, cercando secondo criteri di equità di assicurare sia il soddisfacimento degli interessi aziendali sia dei lavoratori. Al contrario, i bisogni di conciliazione che non sono rilevanti né da un punto di vista sociale né aziendale possono essere giudicati marginali e, quindi, possono essere esclusi, almeno inizialmente, dal processo di cambiamento.
L’investimento di risorse nel fornire una risposta a tali bisogni può risultare sia inefficacie sia inefficiente, poiché comporta l’utilizzo di risorse per fornire una risposta a un bisogno che non assume rilevanza per l’impresa. Per giungere alla definizione di un piano di cambiamento è necessario identificare le specifiche azioni che, una volta implementate, dovrebbero rappresentare una risposta ai bisogni individuati come prioritari.
L’individuazione delle iniziative si radica nella considerazione di due elementi: l’analisi di benchmark e la valutazione delle possibili iniziative. L’individuazione delle potenziali azioni di conciliazione ha inizio con un’analisi delle attività di conciliazione realizzate dalle organizzazioni operanti nel medesimo settore dell’azienda, possibilmente con una struttura dell’organico analoga, nonché delle best practice in ambito di conciliazione.
L’obiettivo di tale analisi è di individuare le iniziative che potenzialmente possono rappresentare una risposta ai bisogni prioritari per il cambiamento, permettendo all’Alta Direzione di giungere alla definizione di una lista di possibili iniziative alternative da implementare per fornire una risposta a ciascun bisogno prioritario. Tale attività è emersa nella maggioranza dei casi analizzati nell’ambito della ricerca come passo preparatorio ad avviare l’effettivo cambiamento.
Il coinvolgimento dei collaboratori, in questo caso, permette all’Alta Direzione di raccogliere informazioni utili alla corretta valutazione delle singole opportunità di sviluppo della conciliazione, favorendone una più oculata scelta tra le alternative esistenti e una più attenta allocazione delle risorse. Il coinvolgimento iniziale dei lavoratori, inoltre, permette di attivare gli stessi nel fornire un contributo alla risposta ai bisogni di conciliazione.
Valutare i risultati durante il progetto
La definizione di un programma richiede all’Alta Direzione, oltre all’identificazione delle attività da intraprendere, un’analisi critica delle risorse necessarie alla realizzazione delle singole iniziative e, nel caso esse non siano presenti in azienda, la selezione degli eventuali partner esterni con cui realizzare la stessa.
Non sempre, infatti, l’azienda dispone delle competenze necessarie all’attuazione del cambiamento, dovendo così integrare il proprio personale con il contributo di competenze provenienti da organizzazioni esterne. Una volta definito il piano d’iniziative e le risorse necessarie, nelle aziende virtuose si è osservato un ulteriore momento di collaborazione con i lavoratori, in questo caso fondato sull’adozione d’iniziative di comunicazione unidirezionale.
In questo caso l’elemento centrale per assicurare l’efficacia del cambiamento è la stretta integrazione delle attività d’implementazione delle iniziative con la valutazione dei risultati raggiunti, ragione per cui lo sviluppo e la valutazione del programma nel modello proposto sono raggruppate in un’unica fase. La valutazione dei risultati in itinere è la principale discriminante per il raggiungimento di migliori risultati del cambiamento.
Essa, infatti, permette di approntare gli opportuni correttivi alle iniziative intraprese senza che il processo sia concluso. Il processo di valutazione si deve fondare sulla considerazione congiunta d’indicatori sia di efficienza sia di efficacia. Le prime misure permettono di valutare il rapporto tra risorse impiegate nel progetto e risultati conseguiti dall’azienda e possono essere governate direttamente da parte dell’Alta Direzione.
La misurazione dell’efficacia del progetto, al contrario, deve avvenire necessariamente mediante il coinvolgimento diretto dei collaboratori, con l’obiettivo di raccoglierne i giudizi sulla capacità delle iniziative implementate di rispondere ai bisogni di conciliazione. Come nelle attività di valutazione iniziale un’opportuna modalità di coinvolgimento consiste nell’utilizzare congiuntamente sia questionari sia forme di coinvolgimento diretto quali i focus group.
Al termine del cambiamento emerge il problema di come mantenere le iniziative e assicurarne la continuazione. Un progetto che comincia con entusiasmo, laddove non trovi una corretta collocazione nei sistemi aziendali è destinato a essere sospeso, in particolare nei momenti di crisi. Per rendere l’impegno nella conciliazione stabile nel tempo, le attività realizzate devono essere formalizzate e l’orientamento a favorire la conciliazione d’impegni lavorativi e familiari divenire parte della cultura aziendale.
La formalizzazione del cambiamento avvenuto da inizio allo stadio di blocco. Tale attività può avvenire sia mediante la formalizzazione della conciliazione come elemento della cultura aziendale, sia mediante l’attivazione di una comunicazione specifica di fine progetto che favorisce la comprensione della rilevanza dei risultati raggiunti.
L’ideale conclusione del percorso di cambiamento non consiste, infatti, nella chiusura del progetto avviato, ma nell’istituzionalizzazione del cambiamento raggiunto e, quindi, nell’inclusione della conciliazione tra le effettive politiche del personale. il modello di cambiamento può rivelarsi utile per le aziende che riconoscono formalmente tra i propri valori l’importanza di elementi quali la relazione tra famiglia e lavoro, ma che trovano difficoltà nel rendere tali valori operativi.
L’articolo è liberamente tratto dal paper scientifico di Matteo Pedrini pubblicato sul numero 241 di Sviluppo&Organizzazione dal titolo L’introduzione di un programma per conciliare famiglia e lavoro.
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work life balance, benessere al lavoro, corporate social responsibility, conciliazione vita-lavoro