L’agilità organizzativa per vincere la sfida competitiva
Avere le competenze giuste, saper reagire con prontezza, adattarsi ai cambiamenti. Quel che contraddistingue le aziende in grado di cogliere le opportunità offerte dal digitale si chiama “agilità organizzativa”. La capacità, cioè, di rinnovarsi con rapidità e sapersi muovere in un panorama in continua evoluzione.
Le aziende con un approccio digital-first sono, infatti, oggi in grado di imporsi sulle aziende più tradizionali a una velocità mai vista prima. Per poter competere, le altre imprese devono rivoluzionare i processi interni e puntare a raggiungere lo stesso livello di agility. Come?
La recente indagine condotta su 998 business leader da Longitude, società del Financial Times, per Workday – azienda specializzata in applicazioni aziendali cloud per la gestione finanziaria e le risorse umane – svela che ci sono strategie da cui prendere esempio e punti di forza su cui scommettere per diventare digital leader.
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Prendere esempio dai digital leader
In grado di reagire ai cambiamenti con una velocità 10 volte superiore alle altre, le aziende leader hanno il doppio delle probabilità di massimizzare i profitti legati al digitale. Cosa le contraddistingue? Reattività, adattabilità, skill adeguate, migliori strumenti decisionali, miglior controllo.
Otto leader su 10 prevedono che nei prossimi tre anni più della metà dei loro profitti deriverà dal digitale. L’agility consentirà loro di esercitare un’influenza maggiore nell’imposizione degli standard di concorrenza. Quasi la metà dei leader è, infatti, certa di riuscire a individuare le nuove opportunità legate al digitale più rapidamente dei propri concorrenti.
Rispetto ai ‘ritardatari’, i leader hanno maggiori probabilità di focalizzare il business sulle attività legate al digitale e di introdurre nei propri modelli nuovi prodotti e servizi digitali. Ciò significa avere una marcia in più per generare ricavi dal digitale rispetto alle tradizionali fonti di profitto.
In più, gli alti livelli di agility creano maggiore ottimismo nei responsabili sul futuro dell’azienda: l’82% degli intervistati ritiene che nei prossimi tre anni almeno la metà del proprio fatturato deriverà da prodotti e servizi digitali.
Rinnovarsi per non restare indietro
La maggior parte delle aziende, al contrario, è consapevole del rischio di restare indietro. I problemi relativi alla sicurezza informatica, alla conformità alle normative e alla privacy sono oggi gli ostacoli più importanti alla crescita digitale. A ciò si aggiungono impedimenti imposti da infrastrutture IT legacy, mancanza di competenze digitali e una cultura aziendale non propensa al rischio.
Più della metà degli intervistati prevede che almeno il 50% dei profitti che le loro aziende realizzeranno nei prossimi tre anni deriverà dal digitale, ma solo un terzo ha segnalato già un aumento significativo dei ricavi in quel settore. E appena il 15% delle aziende si è dimostrato capace di ottenere il massimo dall’agilità organizzativa.
Per le aziende rimaste indietro è tempo di rivedere il proprio approccio alla tecnologia e all’innovazione. Workday ha esaminato gli errori più comuni – dalle tecnologie poco flessibili alla cultura burocratica, dalla frammentazione dei dati alla differenza di vedute all’interno del Cda – suggerendo strategie e accorgimenti pratici per aiutare a compiere la transizione verso il digitale. Una sorta di vademecum adatto a ogni dimensione di azienda.
Articolo a cura di
Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
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