Red Hat, dopo IBM la sfida è la crescita costante
La missione è sfidante, ma non certo impossibile. Almeno percependo l’aria che si respira nella Red Hat Arena che a fine gennaio 2020 ha fatto da sfondo al primo incontro con la stampa del nuovo Country Manager Rodolfo Falcone.
Un’occasione, la conferenza negli uffici di Milano della multinazionale Usa, non solo per conoscere il manager nelle sue nuove vesti (è a capo della branch italiana da novembre 2019), ma anche per fare il punto dopo la storica acquisizione dell’azienda da parte di IBM che nell’estate 2019 ha concluso l’operazione da 34 miliardi di dollari, ridefinendo il mercato del cloud per le imprese.
“L’obiettivo di crescita è raddoppiare il fatturato nel mid-market”, è la sfida di Falcone, che punta, oltre al large enterprise (aziende con oltre 5mila utenti) al segmento tra i mille e 5mila utenti. “Red Hat è un’azienda completamente diversa da ogni altra organizzazione; la definirei unica nel suo genere, pure per la sua struttura orizzontale, anche rispetto alla gerarchia”, esordisce Falcone, che in oltre 20 anni di esperienza manageriale nel settore dell’IT vanta esperienze in ForcePoint, ServiceNow, Commvault e Check Point Software Technologies, inoltre è stato Amministratore Delegato di Security Reply e Country Manager di Trend Micro.
“La forza di Red Hat sono gli individui che la compongono, in grado di supportare la community, nostra vera linfa”, dice il manager, il cui arrivo è legato al fornire un’accelerazione all’azienda sotto il profilo commerciale a seguito delle nuove sinergie commerciali con IBM. In fondo la grande differenza la fa proprio la presenza di Big Blue, di cui Red Hat è una business unit ben distinta che però può far leva sulle competenze e il mercato del colosso di Armonk. Ma questo aspetto non deve spaventare i clienti, il cui presidio resta immutato.
Sostenere le aziende nella trasformazione digitale
Degli oltre 12mila dipendenti a livello globale, in Italia Red Hat ne conta circa 200, di cui 80 ingegneri impegnati nel lavoro nelle community. Ma i numeri, anche nel nostro Paese, sono destinati a crescere, di pari passo con il fatturato. E per raggiungere gli obiettivi, Red Hat si vuole confermare come il partner per accompagnare le aziende nella trasformazione digitale.
“Ormai tutte le imprese sono sempre più attente a ciò che vuole il mercato e questo impone un maggiore dialogo con il business”, prosegue il Country Manager, sottolineando come sia ancor più decisiva, rispetto al passato, la componente consulenziale nella fase di Digital transformation.
A imporre il cambiamento è, in particolare, il cliente finale che diventa il driver della trasformazione, orientando le sfide delle imprese: “Si pensi, per esempio, ai Millennial che vivono e lavorano in modo completamente diverso rispetto alle generazioni precedenti e questo vuol dire sfide innovative per ogni azienda”, ragiona Falcone.
Più che necessaria, dunque, la trasformazione è obbligatoria. Tanto che ogni azienda – e di ogni settore – si candida a diventare una società di software. “Questo cambio di scenario si ripercuote anche nell’attività di Red Hat, chiamata a fornire risposte sempre più puntuali alle nuove sfide”, continua Falcone. Una di queste è il passaggio al cloud: un tema che le grandi hanno da tempo smarcato, indirizzandosi verso infrastrutture hybrid cloud, mentre le più piccole sono tuttora ancorate al cloud di un solo fornitore.
Per raggiungere i clienti, sul fronte canale, il nuovo Country Manager precisa che l’azienda – in sinergia con IBM – sta gestendo una “fase di espansione” per ingaggiare “sempre più global system integrator”, orientandosi ai “grandi corporate reseller per l’Italia”.
Il ‘problema’, semmai, è individuare le persone giuste per far crescere l’organizzazione. Un tema che red Hat condivide con tante altre aziende, non solo del settore IT, ormai orientate ad avere in organico figure molto specializzate in ambito digital. Vista la concorrenza è ancor più difficile individuare sul mercato i (pochi) talenti disponibili.
E le persone qualificate servirebbero, per esempio, per concretizzare una delle strategie su cui Red Hat sta investendo: l’Edge computing, il sistema di elaborazioni di informazioni laddove sono prodotti i dati. Tradotto vuol dire spostare la potenza di calcolo dove serve realmente, perché ci sono processi che non possono permettersi la latenza della Rete. Un classico esempio sono le vetture a guida autonoma. “Lavoriamo per far restare le aziende al passo con le tecnologie per rispondere alle richieste dei clienti che pretendono risposte in tempi più ristretti, anche in ambito industriale”.
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