Tutta la vita davanti

Era il mese di febbraio del 1994 quando alla mia compagna di viaggio è nata la prima figlia. Ho voluto essere con lei quando è arrivato il momento di portarla a casa. Mi ricordo ancora come era vestita, aveva un maglione verde acqua e lo sguardo tra il trasognato e il terrorizzato che hanno tutte le neomamme. E adesso cosa succede? Ci si domanda. La tua vita non esiste più, o meglio, esisti in funzione di qualcun altro.

Ricordo che il marito, neopapà ci aveva procurato una pizza una volta arrivati a casa. Anche i pasti diventano qualcosa di molto approssimativo quando l’obiettivo primario diventa nutrire qualcun altro, tu puoi attendere. Ed è giusto così.

Poi sono diventata mamma io e nei due anni successivi sono nati rispettivamente la sua seconda figlia e il fratellino del mio primo. I nostri viaggi spensierati intorno al mondo si erano trasformati in estati stanziali sotto a un ombrellone. Quando è nato Andrea non avevo un contratto a tempo indeterminato, facevo una nota ogni mese a un’agenzia e la mia amica stava cercando di faticosamente di ottenere contratti di lavoro che le garantissero qualche certezza in più.

Ma, se guardo indietro con la memoria, il chiodo fisso del contratto in quella circostanza io non ce l’avevo. Pensavo al futuro, al futuro del mio bambino e della mia famiglia, il resto si sarebbe costruito. Con qualche inciampo, certo, ma c’era l’energia dell’età a dare forza.

I bambini ti costringono a proiettarti in avanti e ti infondono un’energia potente, quella forza che ti spinge a tirar fuori i tuoi superpoteri (e tutti i genitori ne sono dotati) e mettere ogni giorno un tassello nuovo al tuo futuro. Ti abitui a sopportare la fatica, la stanchezza delle notti insonni, relativizzi le difficoltà.

Fare i genitori ti allena a cambiare continuamente i tuoi obiettivi, ad alzare l’asticella sempre di più. Quando finisce l’asilo inizi a rilassarti, puoi interagire con una personcina che, per quanto inizi a ribellarsi per esprimere la propria personalità, dà segni di autosufficienza.

Il percorso va avanti irto di mille insidie fin quando arrivi alla fine del liceo, il primo vero traguardo. Alla maturità la festa più grande la fai tu, sei sopravvissuta a colloqui con i professori a orari impossibili, esami a settembre (le figlie della mia amica no, sia chiaro) ritmi della famiglia dettati da compiti/allenamenti/partite in trasferta.

Per questo, come sappiamo, la maternità è un master. Perché sei costretta a metterti ogni giorno in discussione, con l’aggravante che quei fagottini che hai portato a casa in fasce ora ti giudicano, loro sanno come gira il mondo. Devi studiare perché non puoi fare la figura di quella che si è persa per strada pezzi di storia o filosofia (io mi sono rassegnata, l’erudita di casa è mia madre), devi essere sempre pronto a dare risposte, trovare soluzioni, dare opportunità.

Il tempo passa veloce e ti trovi dei ragazzi grandi, nella tua casa che ti sembrava enorme all’improvviso manca lo spazio e continui a riprogettare, a trovare altre soluzioni, a pensare al futuro.

Il futuro è, forse, il nostro problema se nel nostro Paese questa energia si è persa, se i giovani non scommettono più, se tendono a rifugiarsi in un eterno presente fatto di relazioni virtuali. Non basta un incentivo economico per risollevare i dati inquietanti della nostra natalità, se i ragazzi faticano a scommettere sul futuro le ragioni vanno cercate altrove. Ha ragione Aldo Bonomi quando dice che abbiamo una società impaurita e rancorosa.

Quindi qual è la cura? Non so se ce ne sia una. La bambina che abbiamo portato a casa 26 anni fa, la scorsa settimana è venuta a festeggiare con noi il suo compleanno e mi sono soffermata a guardare i ragazzi intenti a gonfiare palloncini e posizionare candeline sulla torta. Una sensazione che è durata un attimo, nel quale la vita mi è passata davanti e mi ha fatto dire che abbiamo fatto bene a fidarci, e a scommettere che ce l’avremmo fatta.

maternità, lavoro femminile, Aldo Bonomi


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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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