Panino Giusto, fare impresa in Italia come se fossimo negli Usa
Ha fatto parlare di sé di recente il ‘caso Grom’. La catena di gelaterie, partita da zero dall’idea dei due giovani imprenditori Guido Martinetti e Federico Grom, nel 2015 aveva attirato l’attenzione del colosso anglo-olandese Unilever. Dopo l’acquisizione, era stata avviata la commercializzazione dei barattoli di gelato preconfezionati nei supermercati e bar. Poi si è arrivati alla volontà di Unilever, a distanza di cinque anni, di chiudere tutti i punti vendita monomarca per puntare solo sulla commercializzazione tramite la grande distribuzione, come già avviene per Magnum o per Algida, le altre marche della multinazionale.
La notizia ha destato legittima preoccupazione, soprattutto per quanto riguarda la salvaguardia dei posti di lavoro. Non solo: è stata interpretata come il fallimento del modello tutto italiano di fare impresa, che si basa sulla presunzione che l’agroalimentare Made in Italy ‘si venda da solo’.
Tuttavia, il dato di fatto è che Grom era in perdita da tempo. Autorevoli economisti avevano predetto la mancanza di sostenibilità nel tempo dell’azienda, considerandola dunque ‘salvata’ da Unilever.
Antonio Civita, Amministratore Delegato di Panino Giusto, non è della stessa idea: a suo avviso dobbiamo essere grati a imprenditori come Martinetti e Grom, che hanno costruito il brand fino a esportarlo in tutto il mondo. “Federico e Guido non hanno tolto nulla a nessuno, ma soltanto aggiunto qualcosa a ognuno di noi”, ha scritto su Linkedin. Ma che cosa porta un imprenditore che ha fatto, per la sua azienda, scelte diametralmente opposte a quelle di Grom, a spendere parole di elogio per questi giovani colleghi?
La storia di un self made man
Quella di Civita è la storia di un self made man, come ce ne sono pochi nel nostro Paese costellato di Piccole e medie imprese, per lo più con una storia e una tradizione familiare alle spalle. Nasce da un padre insegnante di liceo e da una mamma casalinga, quanto di più lontano, apparentemente, dal background di un tipico imprenditore italiano. E il giovane Civita è anche tutt’altro che “bamboccione” o “choosy”: a 14 anni, studia per diplomarsi e, in contemporanea, lavora per la sua indipendenza economica.
A 18 anni ha già la sua prima impresa, operante nel settore elettrico. Quasi un record, che lo porta in pochi anni a espandere il business, ramificando l’azienda nel campo dell’illuminazione e degli antifurto. Dieci anni dopo, a soli 28 anni, della svolta della sua vita è complice una donna, quella che diventerà sua moglie e socia in affari. È grazie a lei che decide di vendere la sua azienda romana, trasferendosi a Milano per un “anno sabbatico”, altra scelta molto più americana che italiana, perché accomuna diversi famosi imprenditori d’Oltreoceano.
Dall’elettricità ai panini, una nuova vita a Milano
Insieme con la moglie, Elena Riva, Civita costruisce il suo progetto di vita proprio a Milano: tre figli e un’azienda. Appena 30enne, scopre Panino Giusto, locale preferito di Elena e, in breve, invece di limitarsi ad essere cliente fedelissimo, si informa su quel tipo di mercato e propone agli allora proprietari di affiliare locali nuovi.
Il progetto funziona così bene che, dopo aver affiliato 15 locali nel 2010, rileva la maggioranza dell’azienda, che era nata come un unico locale nel 1979 e un grande potenziale davanti a sé. Dieci anni dopo e a 40 anni dalla fondazione i locali sono diventati 33, diffusi in tutto il mondo: 25 in Italia – di cui 15 a Milano – uno a Londra, Parigi e Ginevra, tre a Tokyo, due a Hong Kong. Il 2019 si è chiuso con un fatturato complessivo di 35 milioni di euro, 550 dipendenti, con due interessanti dati: età media dei dipendenti: 23 anni, l’80% di store manager donna.
“Volevo portare il vero panino italiano di qualità nel mondo”. Semplice, eppure così incisiva, la motivazione che ha spinto Civita a intraprendere questa avventura. “Abbiamo visto nel panino italiano un’eccellenza del Made in Italy, da far conoscere a livello globale”. E quando si hanno le idee chiare, la strada per il successo è in discesa.
Il vero motivo di orgoglio che traspare dalle parole di Civita è la creazione della Fondazione Accademia del Panino Italiano. Un progetto ambizioso, che riunisce sotto lo stesso cappello valoriale tutti i competitor di Panino Giusto, con il comune obiettivo di far conoscere e diffondere, in Italia e nel mondo, la cultura del panino, non solo come pasto veloce fuori casa, ma come concentrato di materie prime di qualità e soluzioni gourmet a pasti veloci, ma non per questo poveri.
Valori che mettono al centro le persone
Secondo Civita mangiare un panino di qualità è un “modo bello, buono e giusto di nutrirsi rispettando ambiente, persone e animali”. Sono queste le parole chiave della mission di Panino Giusto. Al centro ci sono le persone: come dicevamo, giovani e donne sono particolarmente valorizzati, a partire dalla formazione e dalla crescita in azienda.
Anche i clienti, in quanto persone, sono al centro dell’attenzione: a essi è garantita la qualità alimentare, ma anche scelte etiche e culturali alla base dei prodotti che consumano. Infatti, altrettanta attenzione è dedicata all’ambiente: “Se non iniziamo sistematicamente a rispettarlo”, osserva Civita, “lo lasceremo come grande problema sulle spalle dei nostri figli e nipoti”.
Queste scelte etiche hanno trovato una naturale evoluzione nella trasformazione di Panino Giusto nella prima azienda benefit italiana del settore alimentare. Da poco è stata ricevuta anche la certificazione come BCorp.
“Dopo avere acquisito il 100% dell’azienda nel 2019, è stato più che naturale intraprendere il percorso per la certificazione. Di fatto, si trattava di mettere nero su bianco caratteristiche che già ci appartenevano”, spiega Civita. Panino Giusto, dunque, è “sempre più orientato alla cultura della sostenibilità e della responsabilità sociale: il business, per noi, è l’opportunità di creare una società più giusta e inclusiva”.
È lecito chiedersi, tuttavia, se il nostro Paese sappia accogliere, favorire, incentivare la presenza e lo sviluppo di imprese come Panino Giusto. Secondo Civita la risposta è sì. “Ci sono margini di miglioramento, è vero che la burocrazia è complessa, ma non credo che in Italia, per chi è davvero motivato a fare impresa, ci siano più difficoltà che altrove. Per esempio, in Francia e in Svizzera ho riscontrato maggiore chiusura. Solo a Londra le cose sono state più facili: là in poche ora si fondano società con una semplice firma”.
Senza dimenticare che Panino Giusto, per una scelta ben precisa, non è partecipata da fondi, come oggi spesso avviene per le imprese con fatturati simili: “La nostra è un’azienda familiare: è questo che ci permette di mantenerci genuini e autentici, come i nostri panini”.
Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.
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