Il nuovo scenario macroeconomico alla luce della crisi degli Anni 20
Anche i meno esperti di economia possono facilmente intuire che questa situazione emergenziale, data non solo dal diffondersi del coronavirus, ma anche dalle indispensabili misure di contenimento attuate per limitare il contagio da Covid-19, avrà delle ripercussioni importanti sulla nostra economia. Siamo di fronte a una crisi del tutto nuova rispetto al passato e questo non consente di avere una bussola per orientarsi. Di certo la crisi degli Anni 20 del nuovo secolo impone un nuovo modo di fare impresa, in particolare nel settore manifatturiero. Abbiamo fatto il punto con Francesco Daveri, Professor of Practice di Macroeconomics e Direttore del Full-Time MBA presso SDA Bocconi School of Management.
“Al momento non disponiamo di una quantità di dati sufficiente per fare previsioni su come evolverà l’economia”, esordisce Daveri. “Ci sono ricerche che hanno già stimato la flessione del Prodotto interno lordo italiano tra un -1 e un -3% per il 2020, ma non si tratta di previsioni. Per ora abbiamo a che fare con congetture fondate su dati sparsi ottenuti contando il numero dei turisti mancanti e altri numeri di settori specifici”. Di certo, secondo il direttore, per fare previsioni più fondate sull’eventuale flessione bisogna guardare anche ai dati relativi alle aspettative, agli investimenti e alle decisioni di acquisto degli operatori del mercato.
La difficoltà di ottenere previsioni verosimili dai pochi dati a disposizione
Data la situazione, c’è molta ‘fame’ di dati, ma quelli disponibili arrivano a fotografare la situazione alla prima metà di febbraio, quando lo stato di emergenza non era ancora conclamato. Un termometro importante è quello che si ricava intervistando i manager responsabili degli acquisti aziendali, sotto i cui occhi passa l’intera operatività delle aziende, dagli ordinativi ai prezzi delle materie prime e dei prodotti finiti.
“Quando non possiamo far parlare i numeri a noi più vicini, possiamo cercare di basarci sulle esperienze degli altri Paesi”, spiega Daveri. Al momento la Cina è l’unico precedente a cui riferirsi. “E i dati cinesi”, osserva il professore, “sono decisamente negativi: l’industria è data in netto calo, le esportazioni in sofferenza”. Proprio le interviste ai manager degli acquisti consentono di calcolare il Purchasing Managers Index (PMI): è l’indice composito dell’attività manifatturiera di un Paese, elaborato dalla società Markit. Tiene conto delle informazioni su nuovi ordini, produzione, occupazione, consegne e scorte nel settore manifatturiero. Si esprime in percentuale e, in linea generale, un valore inferiore a 50 punti indica una contrazione del settore, mentre un valore superiore a 50 indica un’espansione. Gli analisti avevano previsto per la Cina nel mese di febbraio 2020 un valore vicino a 46. Il vero numero calcolato è invece pari a 35,7. “Siamo di fronte, dunque, a un segnale rilevante di recessione del settore manifatturiero”, chiarisce Daveri. Lo stesso calcolo per i Paesi europei – sempre relativo alla metà di febbraio – indica un valore di poco inferiore a 50. Ma a metà febbraio l’emergenza in Europa non era ancora arrivata.
Le reazioni in Borsa e le tendenze future dell’economia
Nonostante i segnali di rallentamento o aperta recessione dell’economia, le Borse stanno invece mostrando numeri positivi. A partire da lunedì 3 marzo 2020, dopo una settimana di dati in picchiata, c’è stata un’inversione di tendenza. La Borsa di Shanghai ha fatto segnare un +3.5%, quella di Tokyo +1%. Come mai? La ragione, secondo il direttore, è che a determinare l’andamento dei mercati finanziari non è solo lo storico dell’economia, ma anche e soprattutto le tendenze future, spesso fortemente influenzate dalla politica e in particolare da quello che fanno le banche centrali.
L’arrivo di una forte crisi solitamente avvalora l’ipotesi di un intervento deciso e magari coordinato da parte delle banche centrali dei grandi Paesi del mondo, che tentano di controbilanciare le tendenze recessive riducendo i tassi di interesse e aumentando la quantità di liquidità nell’economia. Facendo così, diventa più facile per chi opera in Borsa prendere a prestito i fondi per investire e fare profitti sui mercati. Può insomma accadere che le ‘cattive notizie’ per le aziende (associate al crollo della produzione industriale a cui stiamo assistendo) non sempre siano così pessime per le Borse. Se con la produzione industriale calano anche i tassi di interesse e il costo del denaro, allora ripartono gli acquisti sul mercato azionario. Questo effetto un po’ paradossale, ma positivo, sembra ripercuotersi sulle Borse mondiali e anche su quelle europee e italiana.
Per Daveri è presto per fare una stima realistica delle conseguenze. Senz’altro, però, è possibile fare affidamento sull’alta reattività delle aziende rispetto a ciò che accade intorno a esse. “Ci sono, come è ovvio, settori più colpiti di altri: Moda, Trasporti, Turismo e, in generale, quelli che fanno affari con la Cina”, commenta. Le imprese attive in questi settori pagano il conto più salato della crisi. Ma è anche vero che, per esempio, nel caso degli operatori turistici, trattandosi di piccole realtà, quasi certamente essi potranno accedere a programmi di assistenza governativi e ammortizzatori sociali, a supporti fiscali e ad altri benefit.
“Le piccole imprese saranno verosimilmente le più sostenute: il tessuto economico italiano è fatto di imprese di piccole e medie dimensioni, dunque dovrebbero poter beneficiare di tali misure”, immagina Daveri. Quello che possiamo sperare è che gli operatori sappiano reagire opportunamente, per attutire il colpo dell’eventuale crisi globale.
Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.
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