La maternità come opportunità per mamme e aziende
Diventare genitori è il cambiamento più grande che si possa sperimentare nella vita. Per le mamme che lavorano significa accettare un doppio cambiamento: oltre a quello personale, sono da mettere in conto anche trasformazioni lavorative. Che, a differenza di quello che siamo portati a pensare, non sempre sono negative.
Dopo aver raccontato le storie di donne emarginate proprio a causa dello status di mamme abbiamo raccolto due testimonianze dirette, quelle di alcuni recruiter e un’esperienza personale che si è trasformata in opportunità, per sé e per altre mamme. Lo scopo? Capire quanto, effettivamente, sussistano stereotipi legati alla maternità e quanto, invece, si possa fare per rendere questo passaggio del tutto naturale.
Scardinare gli stereotipi: il ruolo dei recruiter
Per cominciare, abbiamo sottoposto una breve survey a 11 recruiter, per indagare la relazione tra maternità e lavoro. Tutti hanno dichiarato che, almeno una volta, il cliente ha chiesto loro di escludere le donne dalla selezione. Dunque, il pregiudizio ancora sussiste, probabilmente in misura maggiore nelle realtà piccole, che temono di doversi fare carico da sole di quello che dovrebbe essere un costo sociale.
In due casi questa richiesta viene fatta “abbastanza spesso” e “di frequente”. I motivi sono principalmente due: l’aggravio di lavoro che comporta il passaggio di consegne durante e dopo l’assenza per maternità e il timore delle troppe assenze una volta rientrate. Gli intervistati, però, attraverso le loro risposte, si addentrano già nella diagnosi di alcuni problemi che, poi, portano a questi timori. Il principale è l’assenza di comunicazione tra l’azienda e la lavoratrice durante l’assenza.
Tenere aggiornata la neomamma, invece, le consentirebbe di avere un rientro più soft. E c’è chi racconta di avere scardinato il pregiudizio con l’evidenza dei fatti: di fronte a una iniziale richiesta di un profilo maschile, la recruiter ha proposto comunque una giovane donna tra i candidati e questa si è aggiudicata il posto, per le sue capacità, superando ogni diffidenza iniziale dell’azienda.
Ecco che entra in gioco anche la capacità, da parte dei professionisti delle Risorse Umane, di accompagnare l’azienda a superare le proprie paure, spostando il focus dalla condizione personale alle capacità professionali. E, infatti, ci sono anche storie positive, di neomamme assunte durante il periodo di maternità. Questa indagine ci rivela come sia fondamentale l’accompagnamento non solo delle mamme, ma anche delle aziende, nel gestire situazioni che, da apparentemente penalizzanti, possono invece rivelarsi strumento di crescita per tutti.
Valorizzare le diversità e le competenze femminili
Fortunatamente, ci sono aziende che hanno nel Dna la valorizzazione delle differenze e delle competenze femminili, anche trasversali. È il caso di Zeta Service, che fornisce servizi di payroll, amministrazione del personale e consulenza HR. Non per nulla è stata fondata da una donna, Silvia Bolzoni che ne è CEO e Presidente, e ha una presenza femminile dell’80%.
Basta aprire il sito per coglierne subito la particolare sensibilità: una pagina è dedicata alle normative e alle opportunità di welfare che riguardano i genitori che lavorano, una alla Fondazione Libellula, nata dall’omonimo Progetto Libellula ideato nel 2017 da due collaboratrici che si interrogavano su come contrastare la violenza contro le donne e promuovere, nello stesso tempo, la parità di genere a partire proprio da un network di imprese. Al network della Fondazione Libellula aderiscono oggi 31 realtà aziendali (una di queste è la casa editrice ESTE), impegnate in vario modo su eventi di formazione, informazione e workshop.
Nel pensiero di Zeta Service, il modo migliore per mettere i collaboratori nelle condizioni di fare un buon lavoro è quello di far vivere loro un reale equilibrio fra la loro vita professionale e la loro vita privata, e l’azienda si sente responsabile di favorire questo equilibrio.
Non è solo teoria: nell’ultimo triennio, l’azienda ha festeggiato (con un fiocco in azienda per ogni nuova nascita) 12 nuovi papà e 27 mamme. Tra queste c’è Federica Cogrossi, Marketing Communication Professional di Zeta Service, che da pochi mesi è diventata mamma per la seconda volta. Ma non per questo si è sentita estranea al suo lavoro o messa da parte dall’azienda. Anzi, sa bene di avere acquisito competenze che sono entrate a far parte a tutti gli effetti del suo know how e le ha portate con sé una volta rientrata in ufficio.
Prima di tutto, durante la sua assenza, ci sono state diverse chiamate di allineamento: molte aziende non lo fanno e ciò rende più traumatico il rientro delle neomamme, che trovano spesso molte novità, colleghi nuovi, situazioni mutate. Fino ad arrivare agli estremi, quando non trovano più nemmeno la propria scrivania.
Ma non è questo il caso: Federica è stata costantemente messa a conoscenza delle novità da parte della sua responsabile. È stata sempre inclusa anche negli inviti agli eventi aziendali: ciò ha contribuito a farla sentire considerata e parte integrante dell’azienda. Durante la maternità in Zeta Service è anche possibile, se lo si desidera, avere il collegamento attivo alla intranet aziendale per rimanere informate attivamente su tutte le novità interne.
Al rientro effettivo c’è stato un ulteriore colloquio dedicato a lei per accogliere emozioni e aspettative legate al rientro, per completare l’allineamento e riaccoglierla con serenità.
In Zeta Service esiste un piccolo rito che accompagna il rientro delle collaboratrici: attraverso un messaggio sulla intranet aziendale tutta l’azienda viene informata che quel giorno la persona rientrerà a lavoro – in modo che tutti possano inviarle un pensiero o un messaggio di benvenuto – e anche la scrivania viene allestita con un biglietto colorato di benvenuto.
Ai genitori viene inviata una card per gli acquisti per il bebè, un libro su come crescere bambini felici con una dedica personalizzata del Presidente Silvia Bolzoni e, il giorno della nascita (dopo consenso del genitore), viene postato un messaggio con una foto sulla intranet aziendale.
Dopo la ripresa del lavoro ordinario, non sono mancate le misure di welfare a supporto, suo e degli altri lavoratori. Per tutti l’orario in entrata e uscita è flessibile, così come il tempo della pausa pranzo. Non ci sono cartellini da timbrare: si lavora per obiettivi e responsabilità. A tutti è concesso di usufruire di giornate di Smart working e di lavorare da casa nel caso di bimbi malati.
Inoltre, all’interno della formazione annuale dedicata a tutti i collaboratori Zeta Service, vi è un percorso dedicato esclusivamente ai neo genitori che prevede due incontri a tema Il coraggio di educare: “Mamme e papà in azienda: vivere il lavoro senza sensi di colpa” e “Emozioni in famiglia: spunti per un’efficace educazione emotiva”.
Per migliorare il benessere in azienda, vi sono poi una serie di benefit a disposizione di tutti i collaboratori: il più gradito e utilizzato è il ‘maggiordomo aziendale’, che si occupa di ricezione pacchi, piccole commissioni, ritiro della spesa, lavaggio delle auto private, cambio gomme. Insomma, un reale risparmio di tempo e preoccupazioni.
A questo si aggiungono numerosi corsi (yoga, autodifesa) e la presenza di visite mediche in azienda gratuite o a prezzi calmierati. Si tratta di una situazione privilegiata, il cui valore Zeta Service cerca di trasferire anche ai propri clienti.
Ora, nel tempo dell’emergenza da Covid-19, si può dire che si è trattato di un ottimo investimento: l’abitudine allo Smart working e al lavoro per obiettivi ha sicuramente attutito l’impatto per tutta l’azienda e anche i genitori si sono mostrati più flessibili e pronti ad affrontare, da casa, questa inedita condizione.
BOSCH e l’etica della maternità
R-everse, società che si occupa di recruiting con metodi innovativi, per trovare candidate e candidati che aderiscano perfettamente ai desiderata dell’azienda, segnala un altro caso virtuoso: quello di Bosch. Che non è l’unico: “Per fortuna abbiamo molti casi positivi come quello di Bosch. Ci è capitata anche un’azienda che ha assunto una ragazza durante la sua maternità. In generale, il talento femminile viene riconosciuto sempre più spesso, anche se la parità totale è una battaglia non ancora vinta”, dicono.
Claudia Doerpinghaus, CFA Controlling Finance Administration Manager nella multinazionale tedesca, testimonia un’ottima gestione del suo rientro dalla maternità: non a caso, l’azienda per il 92% è di proprietà della Fondazione Robert Bosch. La maggior parte degli utili vengono reinvestiti in ricerca e sviluppo o donati a cause umanitarie. Anche nei confronti dei dipendenti vengono messi in atto comportamenti coerenti con la sua mission. Claudia, addirittura, ha potuto sperimentare gli strumenti adottati per il rientro alla maternità ben quattro volte.
Sono stati appunto quattro i figli nati tra il 2010 e il 2016 e ogni volta ha trovato la stessa comprensione e accoglienza. Il primo figlio è arrivato proprio durante un passaggio di ruolo, in un momento delicato anche per la sua azienda, una consociata di Bosch, che poi vi è confluita. Tra il primo e il secondo figlio non è nemmeno rientrata al lavoro, dal momento che hanno solo un anno e mezzo di differenza. Un’assenza prolungata, dunque, che ha trovato piena comprensione e disponibilità da parte del suo superiore diretto, che – ricorda Claudia – non ha mostrato alcun disappunto, ma ha offerto pieno sostegno alla lavoratrice e alla sua condizione.
Al rientro definitivo in azienda dopo l’ultima gravidanza, come è normale che sia, un po’ di spaesamento c’era, perché erano avvenuti, nel frattempo, molti cambiamenti aziendali. Ma, ancora una volta, la lavoratrice ha trovato piena disponibilità, da parte dei colleghi, che l’hanno affiancata e sostenuta, e della dirigenza, che l’ha accompagnata nel cambiamento, rintroducendola in azienda e acconsentendo alla sua richiesta di part time. In cambio, Claudia ha rinunciato ad alcune delle responsabilità che le competevano, proprio per senso di… responsabilità.
Ora è molto soddisfatta: realizzata come mamma e lavoratrice, riesce perfettamente a conciliare i ruoli. Anche il Direttore HR, Roberto Zecchino, è soddisfatto: a suo avviso, gli sforzi dell’azienda nell’andare incontro alle esigenze dei lavoratori sono sempre ripagati. Oltre alla flessibilità in entrata e uscita, da due anni vige la possibilità di usufruire dello Smart working, come forma di bilanciamento dell’attività lavorativa e familiare.
Anche in questo caso, dunque, l’emergenza Covid-19 non ha colto del tutto impreparata l’azienda. Le misure di welfare pensate per i dipendenti sono diverse e comprendono il maggiordomo aziendale, le visite mediche di prevenzione, la possibilità di usufruire di tre giorni extra di permesso per la malattia dei figli. Bosch utilizza anche una classica piattaforma di welfare aziendale, in cui confluisce il Premio di risultato.
Secondo Zecchino, però, non è rilevante cosa si fa, ma i motivi: alla base della concezione del welfare di Bosch (e dunque, di come vengono affrontate le maternità) c’è un aspetto culturale. La casa madre è tedesca e la Germania, si sa, è decisamente all’avanguardia sul tema del welfare familiare. Lo sono, quindi, anche i manager di Bosch, formati a questa filosofia. Alla base ci sono principi di buon senso, che pongono il lavoratore, quindi la persona, al centro di tutto.
Anche durante questa emergenza causata dalla pandemia, l’azienda ha subito adottato lo Smart working per tutti gli impiegati: in Bosch la salute del dipendente viene prima del profitto. Il welfare, dice Zecchino, non è una formalità, ma una fede aziendale: questo fa sì che il turnover sia molto basso e il 100% delle dipendenti non lasci il lavoro dopo la maternità, come avviene, invece, per il 30% delle lavoratrici italiane.
Le life skill dei genitori da usare in azienda
Ci sono anche esempi positivi, dunque, accanto a quelli decisamente meno piacevoli cui ci abituano le cronache dal mondo del lavoro. Positivo è anche il messaggio di Riccarda Zezza, CEO di Life Based Value e autrice di MAAM, la maternità è un master che rende più forti uomini e donne. La storia personale di Riccarda è quella di tante donne. Nel 2012, dopo la maternità, ritorna al lavoro in azienda e scopre di essere stata demansionata.
Eppure, Riccarda ritiene di avere maturato, con la maternità, proprio quelle life skill fondamentali per il suo ruolo e che la sua azienda era disposta a pagare profumatamente. Scopre anche che esistono studi scientifici a supporto della sua tesi: il potenziale di apprendimento dei neogenitori è altissimo e la mamma che lavora moltiplica competenze ed energie, senza perderne nessuna.
Di questa amara circostanza, forse proprio per merito delle sue nuove abilità, conquistate con la maternità, Zezza fa un punto di forza. Nasce così l’idea di Life Based Value, che offre master di alta formazione alle aziende, per aiutare i loro dipendenti a sviluppare e valorizzare le proprie life skill.
Attualmente, al master digitale per neogenitori sono iscritte più di 6mila mamme, in oltre 70 aziende. Sono ancora giovani (età media 37 anni), con una visione lucidissima di ciò che sono state e, soprattutto, di ciò che sono. Nel master raccontano molto di sé. Per esempio, la loro aspirazione da ragazze era per il 30% di loro viaggiare, la libertà, cambiare il mondo, per un altro 30% la famiglia e per il restante 30% la carriera.
Poi sono arrivati il lavoro e la maternità, e sostanzialmente hanno rinunciato in primis al tempo per sé. Ne hanno sofferto? No. Da ragazze a donne, sanno di aver fatto delle rinunce in parte dovute – perché si diventa grandi e cambiano le priorità – e in parte ingiuste, conseguenza di un Paese che le costringe ancora a pensare che essere madre e lavorare siano due scelte conflittuali tra di loro. Hanno però una forte consapevolezza di come questa esperienza le abbia cambiate e di certo in meglio.
Quasi tutte affermano che avere dei figli cambia la visione del futuro: dà una visione più a lungo termine, un istinto verso il cambiamento per assicurare un futuro migliore ai figli e la fiducia in se stessi necessaria per provocarlo. Insomma, quel che vede Zezza, nelle mamme che lavorano, sono giovani donne adulte e consapevoli, forti, pronte a prendere nelle proprie mani un mondo a cui tengono perché vi abitano i propri figli.
Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.
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