La responsabilità della Direzione del Personale nel distanziamento sociale
L’attuale situazione di emergenza ce la ricorderemo per sempre. Non solo per i drammatici numeri di decessi e contagiati dal Covid-19. Accanto al dramma sanitario c’è da rilevare un nuovo modo di vivere. E di lavorare. Che non è destinato a esaurirsi con la fine della prima fase dell’emergenza: stiamo testando nuovi modelli lavorativi che ci accompagneranno a lungo e, forse, caratterizzeranno la futura ‘normalità’.
In attesa di conoscere cosa ci riservi il futuro, c’è da fare i conti con il presente. A distanza di oltre un mese dall’inizio dell’emergenza sanitaria e dello Smart working forzato (che sarebbe dunque meglio definire “remote working”), è possibile iniziare a ragionare su come le aziende dei più diversi settori merceologici stanno reagendo alla situazione e di quale assetto organizzativo si sono dotate per gestire l’inedito scenario. Nasce da qui la chiacchierata con Sonia Terranova, Human Resource Manager di S2E, business integrator attivo in quattro aree di business (Infrastructure, Mobility, Security e Development), che nonostante le difficoltà del momento è riuscita ad assicurare la continuità del suo business.
A differenza di tante aziende, fin dai primi segnali della pandemia, S2E ha reagito con rapidità, sfruttando la sua organizzazione flessibile. “Già dal 21 febbraio 2020, alla notizia del caso del paziente 1, abbiamo deciso di attivare il lavoro da remoto in appena tre giorni per circa l’80% del personale”, dice Terranova. Il restante 20%, invece, ha effettuato il passaggio solo qualche giorno più tardi, anche per continuare ad assicurare le varie attività concordate con i clienti, a loro volta alle prese con la gestione della crisi.
“Il particolare momento ci ha imposto di riflettere anche sulla nostra value proposition; ora siamo concentrati sull’adeguare le offerte commerciali che implicano una riorganizzazione interna”, commenta la Human Resource Manager, confermando che la Direzione del Personale è pienamente operativa nella gestione dell’emergenza: una sfida, ma anche un’opportunità per l’HR.
A tal proposito, Terranova punta l’attenzione su come improvvisamente siano mutate anche le competenze da mettere in campo rispetto al passato. “L’emergenza ha imposto un nuovo approccio e quindi le competenze necessarie devono tenere conto del fatto che si lavorerà da remoto a lungo”, conferma la manager che preferisce parlare di Smart collaboration e non di smart working.
Nuove competenze per gestire la collaborazione
Proprio per garantire la collaborazione le imprese sono ora chiamate a valutare in modo nuovo le competenze, in particolare quelle che si legano alla capacità di lavorare da remoto. Tra le competenze su cui l’azienda punta l’attenzione ci sono, poi, la capacità di gestire un contesto incerto, la flessibilità e la prontezza di reazione rispetto a uno scenario di difficile interpretazione.
“Chi deve scegliere le persone è chiamato a far emergere le competenze dei candidati, utilizzando, a sua volta, nuove capacità. Per esempio, in fase di recruiting è utile moltiplicare i touchpoint, proprio perché non c’è la possibilità di utilizzare tutti i sensi che si possono mettere in campo nei colloqui dal vivo”.
Nonostante l’emergenza, l’azienda non ha fermato la fase di recruiting, aggiungendo tuttavia un’ulteriore complessità, inserendo quattro figure in questa situazione di quarantena forzata: “I nuovi entrati collaborano con persone che, almeno dal vivo, non hanno mai visto. Questo comporta che l’HR deve farsi carico di assicurarsi che anche loro, come tutti gli altri, si sentano parte dell’azienda e quindi bisogna coinvolgerli”, continua Terranova. A mutare, intanto, sono anche le richieste dei candidati, oggi più concentrati nel capire se l’azienda è in grado di rendere stabile ogni situazione che avverrà nel corso della vita professionale e privata.
In questa particolare situazione, è necessario valutare l’attitudine all’auto-motivazione, perché se prima i responsabili potevano dare feedback in presenza – si pensi alla classica pacca sulla spalla – ora questi non possono più avvenire a causa del distanziamento sociale. Il tema riguarda in particolare i manager che oltre a supportare il team, hanno bisogno di essere affiancati, perché tra le varie attività da gestire c’è anche quella di diventare – ancor più di prima – punti di riferimento per i collaboratori, intercettando, qualora emergessero, eventuali malumori. Vuol dire maturare un approccio ancor più empatico con i membri del team.
Creare nuove occasioni di contatto con il personale
L’attuale fase che stiamo vivendo, dicono gli esperti, non è destinata a chiudersi a breve. Per la Human Resource Manager si tratta di una “fase di transizione” che coinvolge tutte le aziende e che impone, dunque, nuovi approcci su ogni fronte. Per esempio la formazione deve cambiare. “Nel nostro caso abbiamo impostato moduli che prevedono mezze giornate di formazione da affiancare a ‘esercizi’ da svolgere singolarmente”.
Poi c’è il tema della comunicazione che si inserisce nella strategia di engagement delle persone. “Comunicazione e HR devono lavorare in forte sinergia per creare legami con chi è costretto alla quarantena nel proprio domicilio”, dice Terranova. Per esempio, sono stati digitalizzati alcuni incontri che prima avvenivano dal vivo.
È il caso degli appuntamenti bisettimanali ribattezzati Camera cafè, il cui obiettivo è far emergere alcuni aspetti personali che nella routine lavorativa rischiano di passare in secondo piano e che agevolano la creazione di una comunità. “Vogliamo approfittare di queste criticità che siamo costretti a vivere per unirci ancor di più, per crescere non solo rispetto alle skill professionali”.
Sono quindi stati attivati i classici canali istituzionali, affiancati da altri strumenti che la tecnologia mette a disposizione in grado di potenziare i punti di contatto. “L’HR deve essere bravo nel guidare le risorse verso il cambiamento e la sfida è dare messaggi e chiari e trasparenti”, conclude Terranova.
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