Da verticale a collegiale, sfide e opportunità per la leadership
E se questa fosse la fase storica ideale, seppur indotta dalle circostanze negative del Covid-19, dalla quale, soprattutto nelle grandi aziende, si acquisisse sempre più consapevolezza nel considerare ormai superata la logica di verticalizzare le decisioni, a vantaggio di una visione molto più collegiale e orientata a un efficace concorso di responsabilità?
L’emergenza epidemiologica che stiamo ancora vivendo, al di là di tutte le azioni messe in campo per contrastarla e per tentare di recuperare quanto prima una ordinaria quotidianità, ha probabilmente messo in evidenza un aspetto molto importante e tutt’altro che scontato. Anzi, per molti sorprendente: una maggiore capacità di reazione (non di assuefazione, come potrebbe sembrare) al cambiamento dei dipendenti piuttosto che dei manager.
Non ce lo nascondiamo: a prescindere dalla validità scientifica o meno dei sondaggi, oggi riscontriamo tutti una tangibile crisi di fiducia verso la maggior parte delle istituzioni. E non può essere posta come alibi la contingente situazione eccezionale per invocare una giustificazione nei comportamenti tenuti o nelle iniziative dichiarate, a fatica tramutatesi in fatti compiuti.
In questo senso, ecco che le aziende potrebbero davvero distinguersi e tracciare finalmente una strada. La si chiami pure nuova leadership digitale, rarefatta, dematerializzata o addirittura ‘depiramidizzata’, se una attribuzione, tra le tante che ne abbiamo sentite ultimamente, possa renderne l’autentica ed effettiva portata. Di imprescindibile rimane sempre e comunque un binomio dal sapore ‘antico’: conoscenza e competenza, che spesso si coniuga con coerenza nelle scelte e autorevolezza guadagnata sul campo.
Impresa, insomma, come fucina di un nuovo modello di leadership, da esportare anche in altri ambiti, in funzione del quale possano davvero emergere i veri talenti e non le persone maggiormente omologabili?
Manager che non si armino di sano coraggio imprenditoriale, o che non riescano a essere coinvolgenti anche attraverso una visione sfidante del domani, difficilmente potranno nutrire a lungo la fiducia dei propri collaboratori. Così come non avranno un duraturo futuro di successo coloro che, posti nella stanza dei bottoni per ragioni tutt’altro che meritocratiche, si facessero travolgere dagli eventi piuttosto che assecondarli con atteggiamenti lungimiranti.
Condividere le criticità per analizzarle e reagire
In queste settimane di Smart working o remote working o home working (il dibattito sulla più corretta denominazione giuridica resta costantemente aperto), tra una videoconferenza e l’altra mi è capitato di rileggere, con rinnovato interesse e con occhi diversi, il libro di Spencer Johnson Chi ha spostato il mio formaggio?
Non v’è dubbio che i protagonisti di questo ben noto testo possano costituire l’archetipo dei diversi stili di management rispetto a un cambiamento eterodiretto, con modalità di gestione delle situazioni vissute al meglio anche attraverso iniziative estemporanee e tutt’altro che preventivabili.
C’è infatti chi, come Nasofino, capisce che l’aria sta per mutare e si predispone di conseguenza; chi, come Trottolino, non esita ad adeguarsi lungo la direzione individuata dall’amico Nasofino; chi, invece, come Tentenna, si ostina ad aggrapparsi allo status quo, spesso corredato di preconcetti e di cattive abitudini, attendendo ottimisticamente un cambiamento che magari potrebbe mai arrivare; chi, infine, come Ridolino, rischia inizialmente di farsi trascinare dall’immobilismo di Tentenna per poi capire che è giunta l’ora di uscire dal guado e ripartire con slancio a caccia del ‘nuovo formaggio’.
Calata la metafora letteraria alla situazione presente, lo stile di Nasofino ci invita a ritenere molto più concreta l’idea di una preventiva e immediata condivisione della criticità al manifestarsi delle prime avvisaglie, nell’ottica di analizzarle in una modalità collegiale e, proprio perché tale, coinvolgere tutti allo stesso modo. Un rapporto sinallagmatico di fiducia reciproca tra i diversi attori nelle azioni da intraprendere, in funzione del quale non c’è un solo destinatario cui attribuire la paternità e/o la responsabilità di una decisione, ma, in un consesso, tanti primus inter pares. Ognuno con la propria specifica competenza, ma tutti orientati con eguale dignità verso un obiettivo comune.