Digitalizzazione e flessibilità per una nuova normalità: la ricetta dei CEO

La ripresa post lockdown per il Coronavirus sarà una fase di transizione molto delicata, che comporterà nuove sfide anche in termini di schemi organizzativi che coinvolgeranno non solo l’organizzazione interna, ma anche esterna (tra clienti e fornitori, per esempio).

Alcuni manager ai vertici di aziende italiane e internazionali che fanno parte di Aiceo, l’Associazione Italiana dei CEO, si sono interrogati sul futuro generando idee e individuando soluzioni concrete alle problematiche attuali. I soci hanno raccontato a Parole di Management la loro esperienza durante l’emergenza sanitaria e hanno ipotizzato delle proposte per ripartire al meglio.

La nuova normalità metta al centro i (nuovi) bisogni delle persone

Elena David, Presidente di Aiceo, definisce la ripresa del post lockdown come la ricerca del new normal: “Sembra un ossimoro, ma in realtà il concetto di normalità vuol dire semplicemente superare la straordinarietà che l’emergenza ha creato”, spiega. “Serve utilizzare schemi organizzativi che necessariamente saranno nuovi, perché nel frattempo è intervenuta, per esempio, la forzatura nell’utilizzo delle nuove tecnologie”.

La ricerca del new normal, secondo David, comprende anche il fenomeno del new local, cioè concentrare l’attenzione su una dimensione più piccola, intesa non a livello geografico, ma sociale, con l’idea della persona al centro.

Un esempio in tal senso lo ha fornito Alberto Polverino, CEO di Saluber MD e socio Aiceo, che occupandosi di telemedicina negli ultimi mesi ha visto esplodere la richiesta di servizi. Si è chiesto più volte se queste nuove prestazioni andassero a discapito della dimensione di cura e del rapporto tra medico e paziente, che mette appunto al centro la persona, ma la risposta è stata che la cura è addirittura aumentata, perché la telemedicina è sempre disponibile (almeno a livello teorico). In questo caso, il concetto di new local ha colmato quindi una lacuna pregressa, cioè la scarsa reperibilità dei medici al di fuori degli orari ambulatoriali.

Il new normal non può diventare un nuovo passato

Un altro associato, Fabio Battaggia, Senior Advisor DWS Infrastructure Fund and Board, invece, ha fatto notare che secondo la sua esperienza non tutti hanno preso coscienza del cambiamento epocale negli acquisti che porterà l’epoca del new normal. Se è, infatti, appurato che l’utilizzo di Internet e delle vendite online sia aumentato durante il lockdown, è probabile che gli utilizzatori non si siano resi conto che da questo schema non si torna indietro.

Questo non significa che non si andrà più a comprare nei negozi fisici, ma che si destinerà una parte del proprio portafoglio all’acquisto online non perché non si potrà uscire per legge, ma per altre motivazioni e comodità che prima non si prendevano in considerazione. 

La presidente di Aiceo cita poi la riflessione del socio Massimo Missaglia, CEO SB Italia: “Il rischio della nuova normalità è che si verifichi un nuovo passato, dove la burocrazia blocca l’accelerazione delle aziende”. Aziende che dovranno anche ripensare a un nuovo concetto di leadership, dove il processo decisionale si semplifica, i leader escono dalla comfort zone in cui il potere corrisponde al ruolo, si lavora condividendo la vision a tutti i livelli e si delegano responsabilità.

Anche i lavoratori chiedono di ripensare l’organizzazione

La nuova normalità dovrà fare i conti anche con le abitudini modificate dei consumatori e dei lavoratori, che in molti casi durante il lockdown hanno sperimentato per la prima volta in modo massiccio i vantaggi del digitale nella vita di tutti i giorni, e non saranno quindi disposti a tornare indietro.

“Quello che sta accadendo, a livello sanitario ed economico, è davvero senza precedenti”, dice Francesca Contardi, socia Aiceo e Managing Director di EasyHunters, società di ricerca e selezione con digital operating process. “Tra le altre difficoltà, le aziende si sono trovate quasi da un giorno all’altro a far lavorare i propri dipendenti e collaboratori da remoto, senza aver mai sperimentato prima questa modalità, con procedure e dinamiche nuove per tutti. Ora che la Fase 2 è iniziata, ci troviamo a dover ragionare sul futuro sia a livello organizzativo e pratico sia a livello manageriale”.

EasyHunters ha quindi condotto un sondaggio tra circa 13mila lavoratori di aziende di ogni settore, di ogni grandezza e con livelli di esperienza eterogenei, chiedendo cosa si aspettassero alla ripresa.

Il primo dato che emerge dall’indagine è stata la spaccatura netta tra chi vuole rientrare (il 44%) e chi preferirebbe rimanere a casa (56%). Molti (l’83%) vorrebbero avere anche in futuro la possibilità di continuare per qualche giorno alla settimana in Smart working.

Il dato più significativo, però, è che il 90% dei dipendenti interpellati chiede alle aziende ripensare all’organizzazione aziendale, agli spazi e all’uso di dispositivi per poter lavorare meglio, anche lontani dagli uffici. “Ripensare l’organizzazione, per i manager italiani, vorrà dire prevedere una maggiore fluidità tra le aree funzionali e una minore gerarchizzazione dei ruoli, un processo già in atto da qualche tempo, ma che con l’emergenza Coronavirus ha subìto un’accelerazione”, sottolinea Contardi.

“In questo periodo, abbiamo visto quasi tutti i soci Aiceo adattarsi alla nuova situazione: chi era già preparato non ha avuto difficoltà nel cambio dei processi, qualcun altro invece si è trovato a dover correre per riuscire nella implementazione di un distance working che, se non è un vero Smart working, ci si è, tuttavia, avvicinato”, aggiunge.

Un turismo più digitale e personalizzato

I cambiamenti raccontati prevedono una nuova sostenibilità del business, e a mio parere la classe dirigente italiana non l’ha compreso adeguatamente, perché non premia chi già si sta muovendo verso un nuovo modello di impresa”, sostiene David. Lei stessa, che in passato ha ricoperto posizioni manageriali nel settore turistico (dopo la laurea in Economia, ha dedicato circa 30 anni prima al servizio del turismo in Starhotels come Direttore Generale, poi è stata Amministratore Delegato di UNA Hotels fino al 2016 e Consigliere di Presidenza di Federturismo Confindustria) pensa che la possibile ripartenza del turismo in Italia si baserà proprio sulla sostenibilità, sul lusso e sulla digitalizzazione.

Uno degli effetti economici più immediati della crisi associata al Covid-19 è stato, infatti, il blocco dei flussi turistici. I primi effetti sono già emersi a febbraio 2020, con il diffondersi dell’epidemia in molti Paesi, ma è agli inizi di marzo 2020 che si è giunti all’azzeramento dell’attività, in corrispondenza dei provvedimenti generalizzati di distanziamento sociale.

In Italia, il settore del turismo vale tra il 12 e il 13% del Prodotto interno lordo e in un focus pubblicato il 29 aprile 2020 l’Istituto di statistica Istat ha rivelato che nel 2019, tra marzo e maggio, i soli viaggiatori stranieri avevano speso in Italia circa 10 miliardi. Incassi che nel 2020 si sono azzerati. Le opzioni sull’uscita dalla crisi cambiano molto a seconda del peso attribuito ai viaggi e le vacanze.

“Partendo dal presupposto che, soprattutto dopo il lockdown, c’è una grande voglia di evasione e di turismo, l’Italia tornerà probabilmente a essere tra le prime mete desiderate all’estero”, si auspica David. In questo caso, il lusso è considerato come possibilità di sognare e di concedersi anche solo una gita fuori porta, mentre la digitalizzazione può essere utile per accogliere tutti i tipi di clienti stranieri parlando la loro lingua madre.

David fa l’esempio dell’utilizzo della robotica negli hotel, che aiuta nelle operazioni di self check in o attraverso delle chat nel caso in cui i clienti segnalino qualsiasi tipo di problema nelle camere. Queste comodità liberano le risorse umane, che possono dedicarsi ad altre attività per i clienti. Inoltre, “la gestione di strutture che danno la precedenza alla sostenibilità, anche ambientale, attirerà sicuramente una fetta sempre più ampia di consumatori”.

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Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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