Conciliazione o conflitto?

Gestire lavoro, figli e cura della casa è sforzo enorme. E non basta un Piano per risolvere la questione.

Iniziative per il rilancio ‘Italia 2020-2022’, più conosciuto come Piano Colao, riscopre il sostegno alla genitorialità. Si riconosce come il nostro sia un Paese in cui la spesa sociale per le famiglie è più bassa rispetto alla media europea, le misure di sostegno per i figli siano frammentate e come tutto questo si traduca in un tasso di natalità in costante decrescita. Le politiche familiari, come ci fa notare il demografo Alessandro Rosina, devono essere integrate con le politiche di crescita, con l’occupazione giovanile, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La demografia e l’evoluzione delle dinamiche della popolazione sono correlate con economia e mercato del lavoro, spiega Rosina.

Ma nel nostro Paese si fatica a correlare natalità e lavoro femminile con lo sviluppo economico. Il lavoro delle donne non è dichiaratamente ostacolato, ma quando è la famiglia a dover risolvere con risorse proprie – con i nonni, il vero welfare del nostro Paese – tutti i problemi connessi con la tenuta in equilibrio della sua gestione, di fatto si riscontrano impedimenti, barriere, passaggi a livello che iniziano a chiudersi alla nascita del primo figlio per non rialzarsi definitivamente più alla nascita del secondo. E avere un secondo figlio, lo sappiamo, in Italia è un’impresa per pochi temerari.

Uno spiraglio sembra arrivare dal Family Act, il decreto legge che ha avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri e che contiene misure per il sostegno e la valorizzazione della famiglia. Il Premier Conte ha dichiarato come il Family Act, che tra le varie misure comprende l’assegno universale che verrà corrisposto dal settimo mese di gravidanza sino al compimento del diciottesimo anno d’età, sostenga la genitorialità, contrasti la denatalità, favorisca la crescita di bambini e giovani e la conciliazione della vita familiare con il lavoro, soprattutto femminile.

Martina Tombari, responsabile della divisione sviluppo CGM welfare, durante il nostro ultimo PdM Talk dedicato alle nuove prospettive di sostegno a persone e famiglie prospettate dal Piano Colao, ci ha fatto giustamente notare come continuare a parlare di ‘conciliazione’ sia fuorviante: si concilia quando c’è un conflitto e questo ci testimonia come non si riesca a superare un vecchio paradigma, che cioè il lavoro femminile sia, appunto, in conflitto, con la vita familiare.

In che modo di lavoro confligga con gli impegni familiari lo abbiamo sperimentato perfettamente durante questo lockdown. Gestire lavoro, didattica dei figli e cura della casa è stato uno sforzo enorme, ci volevano i superpoteri delle donne per arrivare vivi alla fase 2, e il problema non è stato solo italiano. E dall’emergenza sanitaria all’emergenza sociale il passo è breve. Oggi le donne, le famiglie, non hanno energie per analizzare pregi e difetti di documenti redatti da autorevolissimi membri di task force.

Rinvio continuo per l’apertura della scuola

Oggi, tutti noi, guardiamo ai fatti. E la cronaca ci dice, tanto per citare un episodio, che la scuola non riaprirà nemmeno il 1 di settembre. Prima ci sono questioni più urgenti da smarcare, come le elezioni regionali ad esempio. Ed ecco che l’agognata data del 1° settembre slitta, forse, al 23 dopo l’Election Day, o forse al 14 con immediato stop per consentire il voto. Il Decreto Scuola, da poco convertito in legge, stabilisce che può tornare a scuola il 1° settembre solo chi ha insufficienze da recuperare, gli altri possono attendere.

Ora io mi domando, fra ragazzi che non vedono un banco di scuola dalla fine di febbraio ci sarà certamente un ristretto gruppo di bravissimi che hanno assimilato e compreso senza difficoltà tutta la grammatica greca, il cui studio si esaurisce nel secondo anno di liceo classico per poi passare nei tre anni successivi all’analisi dei testi, ma non sono questi i ragazzi che rappresentano un problema. Far tornare a scuola solo chi ha insufficienze da recuperare significa ridurre la scuola a mero luogo di apprendimento mentre la scuola rappresenta un riferimento fondamentale per la costruzione dell’identità sociale, che i ragazzi sviluppano al di fuori della famiglia. Ricordiamo che per i molti bambini che vivono situazioni di disagio, la scuola rappresenta un ancoraggio alla normalità. Ma scuola, e formazione, possono attendere.

Peraltro anch’io mi sono sempre domandata perché, in ogni consultazione elettorale, dovesse essere sacrificata la didattica e non fosse possibile utilizzare altre sedi istituzionali. Caserme, palestre, così per citare due sedi che mi vengono in mente. Evidentemente no. E mentre giustamente si discute se tenere le fabbriche aperte ad agosto per soddisfare le richieste di ordinativi, le uniche a tenere i portoni ben chiusi sono proprio le scuole dove il personale docente ha avuto la forza di organizzare uno sciopero lo scorso 8 giugno senza opporre alcun segnale di resistenza a questo calendario che non trova giustificazioni.

Ci vorrebbe un movimento popolare che chiedesse con forza alla politica, e alla task force più blasonata di sempre, di riaprire le scuole subito e di rientrare sui banchi il 1 agosto. Ma siamo italiani, stiamo dando fondo agli ultimi risparmi dei nonni che ci hanno lasciato le seconde case al mare. Alle vacanze d’agosto non vuole rinunciare nessuno. E con un’assenza di lungimiranza che quasi commuove, stiamo mettendo a rischio un’intera generazione. Il vero banco di prova sarà settembre. Escludendo un blocco del contagio, la caduta del Pil supererà il 9%. Il blocco dei licenziamenti sarà in vigore fino al 17 agosto e, con la serrata delle scuole, possiamo prevedere che sarà al lavoro delle donne che si rinuncerà più facilmente. Pensare di rilanciare il Paese senza riaprire le scuole è come parlare di Industria 4.0 in assenza di connettività. Qualcosa non torna.

welfare aziendale, lavoro femminile, scuole chiuse, piano colao, Martina Tombari


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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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