Brand ai nastri di ripartenza
La pandemia di coronavirus ha generato per le imprese un’emergenza senza precedenti. Il fermo prolungato di molte attività produttive, il blocco dei mercati esteri, tradizionale valvola di sfogo per molte nostre aziende, spesso eccellenze del Made in Italy, ma soprattutto la prospettiva di una contrazione generale dei redditi e dei consumi hanno costretto molti brand a rivedere le proprie strategie.
C’è chi ha risposto tagliando subito gli investimenti in comunicazione e chi, invece, ha scelto di continuare a esserci, rimodulando il proprio budget, in attesa della ripartenza. Scelte che inevitabilmente hanno messo in grave difficoltà tutta la filiera della comunicazione e dei media, a partire dal comparto degli eventi che in questi mesi di distanziamento sociale si è visto bloccare praticamente tutte le attività dal vivo in nome della tutela della salute. E di certo il proliferare di iniziative online – segno che comunque il settore sta provando a reinventarsi per adattarsi ai tempi – non ha compensato le perdite di tanti progetti andati a monte.
Del resto nei di mesi di clausura stretta quelli che avevano la possibilità di comunicare, pensiamo per esempio al mondo della grande distribuzione e all’industria alimentare, quando fuori dai supermercati c’erano code interminabili e sugli scaffali lievito e farina sparivano in poche ore, non avevano una stringente necessità di farlo. Mentre chi ne avrebbe avuto bisogno aveva i tradizionali canali distributivi chiusi. Basti pensare al mercato dell’Auto che nel mese di aprile 2020, con le concessionarie blindate, in Italia ha subito una flessione di oltre il 97%. Quando per uscire di casa hai bisogno dell’autocertificazione, del resto, l’acquisto di una macchina non rappresenta una priorità.
Eppure, diverse aziende hanno scelto di mantenere aperto il dialogo con i consumatori. C’è chi lo ha fatto ottimamente e chi in modo discutibile, concedendo troppo alla retorica dell’andrà tutto bene, mentre l’Italia faceva i conti con il suo bollettino di guerra quotidiano, fra morti e nuovi contagiati. Molti altri, invece, hanno preferito tacere, non approfittando delle mega audience televisive degli ultimi mesi, quasi un ritorno agli Anni 80, ma lasciando spazio a tante Piccole e medie imprese che non avevano mai sperimentato campagne pubblicitarie a livello nazionale e che hanno potuto farsi conoscere a costi accessibili.
Sono più che convinto che chi ha seminato bene in questi mesi difficili, chi ha saputo esserci nel modo giusto, coltivando la relazione con i consumatori, o semplicemente facendo testare i propri prodotti di qualità a platee più ampie del consueto, potrà portarsi questo beneficio anche fuori da lockdown, in quella che in tanti definiscono nuova normalità. Ammesso che il mondo frenetico e always on di prima avesse qualcosa di normale.
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