Il vero Smart working semina fiducia e raccoglie produttività
Smart working: da anni se ne parla, ma poche sono le aziende che, prima della pandemia da Covid-19, avevano implementato questa modalità lavorativa. Negli ultimi mesi, però, diverse imprese si sono dovute adattare forzatamente a questa ‘novità’ – spesso erroneamente definita come Smart working, anche se è stato un test di Remote working – per poter proseguire la propria attività, nonostante il diffondersi dell’emergenza sanitaria.
Molti esperti sono convinti che, a livello organizzativo, nulla tornerà come prima anche una volta superata l’emergenza. Altri, invece, temono che l’accelerazione avuta in questi mesi possa subire una brusca frenata per far posto alle ‘vecchie abitudini’.
Parole di Management, in qualità di Media Partner dell’edizione 2020 de Il Convivio di Persone&Conoscenze – il più grande evento dedicato ai temi HR organizzato dalla casa editrice ESTE e dalla sua rivista Persone&Conoscenze – ha seguito l’approfondimento dedicato allo Smart working, per capire come gestirlo al meglio, integrandolo all’interno dell’organizzazione e alternandolo al tradizionale lavoro in presenza.
A introdurre il confronto fra le aziende è stato Dario Cavenago, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e membro del Comitato Scientifico di Tuttowelfare.info, sollevando la necessità di una rilettura dei processi organizzativi, a fronte di un’analisi delle esigenze che il Coronavirus ha creato e la costruzione di uno Smart working che non si limiti alla sfera del welfare aziendale, ma che sia in grado di ridisegnare le competenze dei dipendenti in ottica di employability.
L’HR si fa promotore della ‘nuova normalità’
Nel periodo di lockdown vissuto fino a poche settimane fa, la figura essenziale per mantenere collegate le diverse aree aziendali, senza dar loro sensazione di isolamento e incertezza, è stata indubbiamente l’HR. Elisa Chioda, Head of HR Digital Transformation Consulting di Zucchetti, ha spiegato come, anche grazie all’emergenza da Covid-19 “molte aziende stiano comprendendo l’importanza della trasformazione digitale”. E non si tratta esclusivamente di implementare nuove tecnologie, bensì di “integrarle nei processi organizzativi, scoprendone i difetti e sfruttandone i vantaggi”.
La pandemia ha permesso, infatti, di approfondire diversi aspetti della digitalizzazione e del lavoro da remoto, “portandoci a scoprire come una riunione online sia più efficace, ma facendoci altresì ‘rimpiangere’ i coffee break e le pause pranzo in ufficio, ovvero quei momenti di socializzazione e di sviluppo delle relazioni fino a poco tempo fa largamente sottovalutati”. Ma Chioda ha anche sottolineato l’importanza della comunicazione, “grazie alla quale le aziende hanno potuto mantenere il contatto con i propri dipendenti e offrire loro supporto”.
Compito dell’HR, dunque, è quello di scovare le azioni vincenti e promuovere il cambiamento, facendo propria la cultura dell’innovazione e diffondendola a dipendenti e collaboratori. “Abbiamo notato che le aziende più digitalizzate hanno reagito meglio alla sfida cui ci ha sottoposti la pandemia, in quanto capaci di adattarsi con rapidità a nuovi contesti ed esigenze”, ha sottolineato Chioda.
È dunque importante, secondo l’Head of HR Digital Transformation Consulting di Zucchetti, lavorare per creare un’organizzazione agile, che sia smart non solo nel modo di lavorare e che punti sulle tecnologie per sfruttarne il ruolo abilitante. A tal proposito il cambiamento deve strutturarsi in tre direzioni: organizzativo, di competenze e di digitalizzazione. “In primis è importante rivedere i ruoli e le responsabilità; è poi utile rendere ogni dipendente parte attiva nel proprio percorso formativo e, infine, condividere le tecnologie e i dati con i propri collaboratori, per sviluppare in loro il senso di appartenenza”.
E a proposito di tecnologie è intervenuto anche Salvatore Lazzara, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali e Generali di Credemtel, che ha spiegato come sia possibile rendere più sicuri ed efficienti i processi organizzativi, proprio grazie alla tecnologia. In particolare, ha raccontato come la firma elettronica sia uno strumento utile per sottoscrivere contratti e gestire i rapporti di lavoro con i dipendenti, anche a distanza. Insomma, una soluzione sicura e innovativa per firmare documenti giuridicamente rilevanti, nonché per ottimizzare i tempi.
“Esistono quattro tipologie di firma elettronica, corrispondenti a differenti gradi di sicurezza e tecnologie necessarie: da quella ‘semplice’, che non prevede requisiti normativi stringenti, a quella ‘digitale’, che risponde a regole più severe e necessita di una strumentazione digitale più elevata”. Uno strumento importante che si snoda, dunque, in diverse forme a seconda delle necessità.
La fiducia in se stessi rende leader il capo
È parere comune che quello svolto nei mesi di lockdown non sia un vero e proprio Smart working, quanto più un semplice lavoro da remoto. Fra i sostenitori di questa tesi c’è Fabrizio Miccoli, HR Country Manager di Gea Refrigeration Italy, il quale rientra in quella categoria di persone che teme un ‘ritorno al passato’ da parte delle aziende meno inclini all’apertura verso l’innovazione.
“La pandemia da Covid-19 ci ha dato l’opportunità di accelerare l’attuazione di rivoluzioni che erano in programma già da tempo, bisogna resistere alla tentazione di tornare indietro”, ha raccontato Miccoli. Per riuscire a bilanciare gli aspetti economici, infatti, è importante lavorare sugli aspetti psicologici ed emotivi.
Non dimentichiamoci che i lavoratori sono stati catapultati in un’attività svolta da casa, con altissimi gradi di autonomia e responsabilità e, dopo un primo periodo di disorientamento, hanno potuto godere appieno di questa situazione. “È probabile che i dipendenti, a emergenza superata, chiederanno di poter svolgere il ‘vero’ lavoro agile”.
Per poter implementare questa modalità lavorativa, che andrà certamente ad alternarsi con l’attività svolta in sede, è però necessario lavorare sulla figura dei capi, che dovranno trasformarsi in leader. “La maggior parte dei responsabili aziendali lo sono diventati grazie alle competenze tecniche, che sono importantissime, ma non bastano per gestire la ‘nuova normalità’”.
Così, per l’HR Country Manager di Gea Refrigeration Italy, “è importante che i capi sviluppino la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità”. Solo in questo modo potranno imparare a fidarsi dei propri collaboratori, a stimolarli e a gestirli a distanza, offrendo loro anche un’importante componente di supporto.
Work-life balance: gli strumenti per consolidare lo Smart working
A questo proposito è intervenuta anche Marina Famiglietti, Head of HR Italy and Executive Director di Borsa Italiana, che ha raccontato come hanno saputo gestire la situazione creata dal Covid-19, anticipando le disposizioni governative.
“In una settimana il 100% dei nostri dipendenti stava lavorando da remoto”, ha affermato Famiglietti. “Per far sentire coinvolto il personale, abbiamo poi deciso di investire su formazione e wellbeing, con corsi di yoga e meditazione, ma anche attività fisiche – sempre da remoto – e pillole formative volte al sostegno delle attività quotidiane e allo sviluppo professionale”.
Non solo però un’attività unidirezionale. Borsa Italiana, infatti, a partire dalla seconda settimana di lockdown ha scelto di orientare parte dell’attività all’ascolto dei propri dipendenti. “Abbiamo svolto diverse survey per monitorare costantemente i bisogni dei collaboratori, proponendo soluzioni mirate ed efficaci”.
“Per il post Covid stiamo lavorando per sviluppare al meglio il ‘nuovo modo di lavorare’”, ha affermato Famiglietti, “soffermandoci su aspetti come la fiducia, lo sviluppo delle competenze, la ridefinizione del luogo di lavoro e una migliore gestione degli obiettivi e delle performance”. Insomma una way of working basata sul work-life balance.
Le Smart skill necessarie per lavorare da remoto
Ma se il Coronavirus ha portato con sé un nuovo modo di lavorare, è giusto considerare anche le nuove competenze che ha sviluppato nei lavoratori. A parlarne è stata Lorella Pedinotti, Managing Director di Westhouse Italia, agenzia per il lavoro concentrata nella ricerca e selezione di profili informatici e ingegneristici di Middle e Top management, che ha elencato le skill più importanti nel prossimo futuro.
“Ormai molte aziende in cerca di personale indicano lo Smart working già nella job description. Ma per poter sfruttare al meglio le opportunità del lavoro agile è importante trovare collaboratori con le giuste abilità”. E quali sono le ‘Smart skill’ che meglio si conciliano con il lavoro agile? “Indubbiamente l’autonomia e le capacità organizzative, ma anche di automotivarsi e di avere un approccio open-mind.”
“Queste competenze sono fondamentali per evitare il rischio di bornout da Smart working”, ha spiegato Pedinotti. “Alcune ricerche effettuate hanno infatti dimostrato come il 46% dei lavoratori abbia dichiarato un aumento dello stress e il 48% un vertiginoso aumento delle ore dedicate al lavoro”.
Per ovviare a questa problematica, Westhouse italia ha raccolto alcuni consigli da seguire per giovare dell’attività da remoto. “È utile pianificarsi l’attività e seguire pedissequamente gli orari prefissati; utilizzare le funzioni ‘occupato’ e ‘non disponibile’ presenti nei principali tool di chat aziendali (Skype, Teams, ecc.) per comunicare la momentanea non reperibilità; nonché dedicare almeno 30 minuti al giorno ad attività fisica”.
Molti sono i pregi dello Smart working, dunque, “dalla valorizzazione e responsabilizzazione delle risorse fino alla riduzione dell’assenteismo e l’aumento della produttività”, come ha spiegato Pedinotti, ma come abbiamo visto è importante saperlo gestire al meglio, coltivando nei manager e nei lavoratori il giusto spirito. Solo così sarà possibile sfruttare tutti i vantaggi, economici e psicologici che ‘il nuovo modo di lavorare’ ci offre.
Laureata in Scienze Umanistiche per la Comunicazione – percorso del teatro e dello spettacolo – Francesca Albergo ha successivamente conseguito un master in Professioni e Prodotti per l’Editoria. Dopo un’esperienza di cinque anni nelle Risorse Umane – durante i quali non ha mai abbandonato lettura e stesura di testi – la passione per le parole, la scrittura e (soprattutto) la grammatica l’ha portata a riprendere la sua strada, imparando a ‘vivere per lavorare’, come le consigliò un professore al liceo.
Amante della carta e del ‘profumo dei libri’ si è adattata alla frontiera digital dell’Editoria, sviluppando anche competenze nella gestione di CMS. Attualmente collabora in qualità di editor e redattrice con case editrici e portali web.
Nella sua borsa non mancano mai un buon libro, una penna (rigorosamente rossa) e un blocco per gli appunti, perché quando un’idea arriva bisogna esser pronti ad accoglierla.
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