Covid e nuove catene di fornitura, gestire l’export in tempi di crisi
I player di mercato si adattano al nuovo scenario per garantire gli approvvigionamenti.
Che la Logistica rivestisse grande importanza tra le priorità delle aziende era noto da tempo. La pandemia da covid-19 ha confermato come questo settore sia “strategico”, pur evidenziandone le criticità. A spiegarlo e a usare queste definizioni è Mario Zini, Amministratore Delegato di DHL Global Forwarding Italy, osservatore privilegiato dello scenario che stiamo vivendo, in particolare perché l’azienda – a differenza di altre – non s’è mai fermata neppure nella fase acuta della pandemia.
“Nonostante il lockdown e le criticità in varie aree del Paese, abbiamo continuato a operare in situazioni difficili, chiedendo a tutti i lavoratori della Logistica – dagli addetti ai magazzini fino al personale impiegato nei porti e negli aeroporti, passando per chi è impiegato negli uffici – di garantire la continuità”, racconta durante una videocall realizzata (da remoto) in piena estate. Non poteva essere altrimenti, visto che in Italia la Logistica vale circa 85 miliardi di euro (che equivalgono al 5% del Prodotto interno lordo) e dà lavoro a 1 milione di addetti.
Peccato, però – e questa è un’accusa mossa dagli operatori del settore – che ci sia ancora molta inefficienza (e mancanza) di infrastrutture adeguate nel nostro Paese. Eppure, al di là delle difficoltà croniche dell’Italia, ogni anno esportiamo merce per circa 450 miliardi di euro, che a causa della crisi sanitaria hanno subìto un crollo verticale (-70%).
Soluzioni rapide per reagire all’inaspettato
Come abbiamo già avuto occasione di raccontare – anche negli eventi promossi dalla casa editrice ESTE e dalla nostra rivista Sistemi&Impresa – ogni azienda ha reagito a suo modo alla pandemia. Lo stesso vale per DHL Global Forwarding Italy, come spiega Zini. “Fin dalla notizia dei primi focolai, abbiamo creato immediatamente una task force interna composta da varie figure, tra cui senior manager ed esperti di Health e Safety. Il primo obiettivo che ci siamo posti era la salvaguardia della salute di tutti gli operatori”. In questo caso voleva dire attenzione per le circa 600 persone (700 con i magazzinieri) impiegate nei 16 impianti dislocati in Italia.
Tra le prime soluzioni adottate c’è stata quella che il manager definisce come “risposta immediata”: “In appena una settimana abbiamo consentito al 70% del personale di svolgere Home working – non è corretto etichettare il lavoro da remoto come ‘Smart working’, perché le attività sono state eseguite esclusivamente da casa – dotando le persone di tutti gli strumenti digitali necessari (accesso alla Rete, laptop, ecc.)”.
Per chi, invece, non poteva lavorare da remoto – è stato il caso del personale di magazzino e delle figure più operative – sono state attivate “particolari misure di sicurezza per la tutela della salute”. Zini ci tiene a precisare come la vera particolarità che ha consentito all’azienda di reagire tempestivamente sia stata l’applicazione rapida delle soluzioni ideate, che hanno anticipato le linee guida ufficiali comunicate dal Governo durante il lockdown.
Oltre alle misure per tamponare l’emergenza, l’azienda ha investito sulla comunicazione interna, per diramare bollettini operativi con informazioni legate all’impatto della pandemia, utili per l’attività quotidiana (“per esempio aggiornando sulla situazione sui voli sospesi o annullati, sulla chiusura delle frontiere, ecc.”). Gli stessi comunicati sono stati fondamentali per il contenimento della diffusione della malattia. “Uno dei principali fattori di criticità è nella flessibilità e nella capacità di dare risposte alle situazioni di crisi inaspettate”, riflette Zini. Una questione che ha visto – purtroppo – numerose imprese italiane (ma non solo) annaspare nella pandemia, con conseguenze drammatiche. Non è stato il caso di DHL Global Forwarding Italy, capace di “adattarsi a modalità operative che erano state poco esplorate fino all’emergenza”.
Si prenda ancora il lavoro da remoto, applicato durante il periodo più critico. “Secondo i nostri piani strategici, l’introduzione dello Smart working sarebbe avvenuta nel biennio 2023-2024, quindi ci eravamo già interrogati sul tema e ci eravamo posti obiettivi precisi. La pandemia ha ribaltato ogni programmazione e imposto nuove sfide; per questo ci siamo adattati, approfittando, però, per introdurre soluzioni in linea con la nostra vision. E nel caso dell’Home working abbiamo lavorato da casa senza l’utilizzo della carta, superando quella precedente resistenza all’introduzione delle logiche di paperless”.
Aggiornare i clienti sullo scenario in evoluzione
Se queste sono state le soluzioni adottate dall’organizzazione per tutelare il personale interno, assicurando la continuità del business, altre sono le iniziative riservate al mercato. Una delle priorità è stata la costante relazione con i clienti, in particolare per informarli sullo stato dei servizi aerei e marittimi. “Durante la pandemia ci sono stati numerosi disservizi verso il Far East e gli Usa e quindi conoscere la situazione era fondamentale per pianificare le soluzioni più idonee”, commenta Zini. DHL Global Forwarding Italy ha attivato vari servizi alternativi quando, per esempio, sono stati interrotti i voli passeggeri, vettori che permettono – in tempi di normalità – di trasportare circa il 70% della merce in uscita dal nostro Paese. “In questo caso abbiamo messo a disposizione charter per il Far East e gli Usa, assicurando la continuità di esportazioni e importazioni, perché, nonostante il lockdown, sono state numerose le imprese che avevano bisogno di inviare e ricevere merci”.
Inoltre, la pandemia è stata l’occasione anche per ideare nuove soluzioni in grado di supplire a eventuali carenze di trasporti, oppure per mitigare i costi dei servizi più ‘tradizionali’ che, inevitabilmente, si erano alzati. “Abbiamo alternato le tratte aeree alle rotte marittime. È il caso dei collegamenti per l’Australia, con l’uso di velivoli fino a Singapore e poi l’utilizzo di navi”.
Sebbene la fase 1 della pandemia sia stata archiviata, l’azienda continua a diffondere linee guida sempre aggiornate e indicazioni che tengono in considerazione un eventuale peggioramento della situazione sanitaria, con l’obiettivo di una pronta reazione. Ci sono, infatti, studi che prevedono nuovi picchi pandemici a livello globale nel 2021: si tratta di previsioni che un’azienda impegnata a trasportare merci per tutto il Pianeta deve, inevitabilmente, tenere in considerazione.
Riduzione della dipendenza dalla Cina
In realtà, la pandemia è solo uno dei fattori che ha avuto un forte impatto su Logistica e Supply chain. Per esempio, anche i cambiamenti climatici sono da tempo nelle agende delle aziende come aspetto da valutare per le conseguenze sul business. DHL Global Forwarding Italy può contare sul sostegno di DHL Resilience360, una piattaforma software innovativa per la gestione del rischio della Supply chain che aiuta le aziende a prevedere, valutare e mitigare i vari rischi legati all’interruzione della filiera di fornitura.
“Questo strumento ci consente di avere conoscenza di quali sono gli scenari attuali e futuri, e come questi impattano sulle Supply chain; in base a queste informazioni, che mettiamo al servizio dei clienti, possiamo proporre servizi alternativi assicurando la continuità del business”. Che la Supply chain fosse già in fase di cambiamento lo ha confermato anche il Business continuity institute, che riunisce circa 8mila membri di oltre 100 diversi Paesi.
Secondo questi esperti, il 57% delle aziende (il 40% è rappresentato da imprese europee) ha intenzione di diversificare i fornitori da cui si approvvigionano.
“Tradotto significa che c’è la volontà di ridurre la dipendenza dall’Estremo Oriente”, ragiona Zini. Se il 30% degli intervistati ha in programma questo tipo di azione, il 13% ha affermato di voler interrompere il rifornimento dalla Cina. “In generale la tendenza è di avvicinare le catene di fornitura e queste decisioni ridisegneranno le Supply chain, con impatti anche su aziende come la nostra”.
Se da globale la Supply chain diventa più locale, non c’è, quindi, un rischio per aziende come DHL Global Forwarding Italy? “Di certo le imprese di settori strategici – come il Pharma – tenderanno a localizzare le produzioni per reagire con celerità, come è avvenuto in questa pandemia. Tuttavia, gli altri settori continueranno a seguire procedure standardizzate, finché assisteremo a una nuova stabilizzazione del mercato. E poi dietro ogni potenziale rischio c’è sempre un’opportunità”, dice Zini. Oltre al Pharma, l’Italia è nota per altri settori di eccellenza come il Fashion, ma anche l’Automotive, e non solo. E queste eccellenze continueranno a esportare.
Neppure il reshoring sembra impensierire più di tanto il manager. “Finora non abbiamo assistito a una grande spinta orientata al rientro delle produzioni, almeno in Italia. Sappiamo che tante aziende stanno valutando questa strategia. Certo, la crisi pandemica ha rimesso in discussione la questione, ma – per ora – c’è una grande attenzione teorica e non una concreta rimessa in discussione dei modelli di business”. Più concretezza c’è, invece, rispetto ai mezzi di trasporto: nel caso in cui fossero limitati i collegamenti aerei, allora assisteremmo alla crescita di altri settori, come il trasporto su rotaia, su cui c’è una forte spinta da parte della Cina, ma anche dell’Europa. “In questo caso le Supply chain si dovranno ridisegnare rispetto al nuovo scenario”.
La pandemia non era prevista – o almeno non se ne prevedevano gli effetti così devastanti – né in Italia né nel resto del mondo; per questo, secondo quanto conferma Zini, oggi ben il 40% delle aziende ha scelto di inserire nel Business continuity plan l’emergenza sanitaria, a dimostrazione che c’era una forte impreparazione sulla questione che si è riflessa anche sui fornitori. “Un limite molto evidente è che si è soliti valutare gli impatti riferiti alla sola prima linea di fornitura, senza preoccuparsi del resto della catena: la pandemia ha evidenziato, invece, come sia necessario curarsi di tutti gli attori della filiera per assicurare la corretta e puntuale movimentazione delle merci”.
Digitalizzare i processi e aggiornare le tecnologie
Un’ulteriore sfida concreta cui si è dovuto rispondere nell’emergenza sanitaria ha riguardato una nuova tendenza (obbligata) del mercato. Prendendo come esempio la Grande distribuzione organizzata (Gdo), se prima i consumatori si approvvigionavano più volte nell’arco della settimana recandosi fisicamente nei punti vendita, durante la pandemia si è assistito alla riduzione della frequenza della spesa, cui ha fatto da contraltare una maggiore domanda che ha imposto la rimodulazione delle Supply chain. E per Zini questo aspetto non sarà limitato alla crisi, ma proseguirà anche nel futuro: “Per esempio, dal just in time si passerà al just in case”.
Poi c’è il tema del boom dell’ecommerce: la pandemia ha accelerato la tendenza con picchi del +70% in alcuni Paesi. Se con la fase 2 dell’emergenza molti consumatori sono tornati alle precedenti abitudini di acquisto, altri hanno preferito – limitatamente a una certa tipologia di prodotti – continuare ad affidarsi all’ecommerce. Proprio per questo chi è chiamato a occuparsi dell’ultimo miglio riveste sempre più importanza. “In questo caso abbiamo esteso i protocolli di sicurezza a tutta la catena di fornitori, che controlliamo regolarmente con audit specifici per assicurare i nostri standard qualitativi”. Un altro aspetto che si lega al grande tema della digitalizzazione e dell’aggiornamento tecnologico riguarda l’informatizzazione dei magazzini.
“Anche questi ambienti devono cambiare, si pensi alla necessità di assicurare il distanziamento sociale”, ragiona Zini. “Come per altre realtà e funzioni, la pandemia ha accelerato la necessità di adottare tecnologie più evolute, come i robot”. Lo sviluppo digitale impone una costante ricerca e aggiornamento: DHL può fare affidamento sugli innovation center sparsi tra Germania, Usa e Singapore dove si sviluppano le nuove tecnologie; al momento gli studi si concentrano sull’esoscheletro, di grande utilità nei magazzini. “Spero che realmente le aziende abbiano compreso l’importanza dell’evoluzione digitale; introdurre tecnologie vuol dire rivedere i processi e risolvere le inefficienze, oltre che avere dati e analisi a disposizione per migliorare la programmazione degli approvvigionamenti”. E la pandemia ha imposto almeno una riflessione in questo senso. “Se vogliamo essere competitivi dobbiamo fare salti in avanti”. Difficile dargli torto.
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