Mogli e manager dei Paesi tuoi
Se non ci fossero migliaia di morti, la curva esponenziale di contagi e una pandemia che sta mettendo in ginocchio il Paese a livello sanitario ed economico, si potrebbe anche ironizzare. Ma non è il caso di farlo, per rispetto di chi subisce le scelte e la mancata assunzione di responsabilità di coloro che dovrebbero gestire questa situazione. E le scuse del Premier Giuseppe Conte sulla vicenda che stiamo per raccontare non risolvono il problema.
In tempi ‘normali’ si sarebbero sprecati commenti ed editoriali sulla dichiarazione di Eugenio Gaudio, ex rettore dell’Università La Sapienza, che ha rifiutato la nomina di Commissario alla Sanità della Calabria spiegando – in un’intervista al Corriere della Sera – che la moglie non “ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro” e lui non vuole “aprire una crisi familiare”.
Già il web e i social hanno preso di mira Gaudio e quindi non ci dilunghiamo troppo sulla vicenda. Ma quanto accaduto fa tornare alla mente un passaggio del libro di Gabriele Ghini, Diario di un Cacciatore di Teste (Edizioni ESTE, seconda edizione 2020) – che ovviamente non ha nulla a che fare con la nomina dell’ex rettore de La Sapienza – in cui l’autore, Managing Director di Transearch International Italy e specializzato in ricerche di top manager per multinazionali e grandi aziende italiane e straniere, racconta che uno dei modi migliori per rovinare i rapporti con un Head Hunter (ovviamente non è il solo) è proprio quello di parlare con i familiari solo alla fine del processo di selezione.
“Conosciamo parecchi manager che parlano con la famiglia solo al termine del processo e scoprono troppo tardi che la moglie o il marito non accettano il trasferimento, che l’azienda è troppo lontana, o altre situazioni che avrebbero potuto e dovuto esplorare in anticipo. Possono prenderci in giro la prima volta, ma poi vengono definitivamente esclusi da successive ricerche […] Non sto sostenendo che si debbano accettare acriticamente e passivamente tutte le proposte lavorative, ma non si deve arrivare all’ultima fase della selezione per scoprire fatti che avrebbero dovuto essere già conosciuti”, è scritto nel libro.
Per chi fosse interessato a conoscere i rapporti virtuosi da creare con i Cacciatori di Teste, si può aggiungere, sempre prendendo in prestito le parole di Ghini: “I nostri candidati preferiti sono quelli che rispondono: ‘Dottore, per questo e quest’altro motivo non sono interessato alla posizione. Ma conosco un manager che potrebbe essere decisamente adatto per il ruolo che mi ha descritto. Posso segnalarglielo o, se lo conosce già, darle una referenza positiva’”.
Non è chiaro se Gaudio sia stato nominato ‘a sua insaputa’ dal Governo (sul sito dell’Esecutivo è pubblicato il verbale della riunione in cui si delibera la nomina), ma ormai la vicenda della sanità in Calabria non stupisce più: la situazione, però, chiama in causa gli addetti ai lavori del recruiting. Quale reazione susciterebbe nella Direzione del Personale una dichiarazione come quella dell’ex rettore? Intanto i calabresi aspettano. E la pandemia prosegue.
Gabriele Ghini, recruiting, eugenio gaudio, ricerca personale