Nella fine è l’inizio: cosa possiamo imparare dalla crisi
La crisi pandemica è una lente per leggere il nostro tempo, ma anche un telescopio per guardare più lontano. La nostra società, infatti, non è una macchina da riparare, ma un organismo che ha bisogno di rigenerarsi. E per lasciare alle spalle la pandemia occorre costruire un ponte che ci permetta di arrivare su un’altra riva. Chiara Giacciardi, Professoressa di Sociologia e Antropologia dei Media presso l’Università Cattolica di Milano, e Mauro Magatti, Professore di Sociologia presso la stessa Università ed editorialista del Corriere della Sera, nel libro Nella fine è l’inizio. In che mondo vivremo (Il Mulino, 2020) sostengono che la sfida attuale stia nel trasformare le tensioni che definivano il mondo pre Covid in leve di cambiamento, a partire da cinque nodi cruciali che aprono altrettante vie verso equilibri più equi.
La crisi, per gli autori, non è solo una sventura che interrompe una corsa da rimettere il prima possibile sui binari, ma una frattura che è anche una rivelazione, di limiti e insieme di possibilità. Per rendere il nostro vivere insieme migliore di prima, e perché la fine di un mondo diventi un nuovo principio. I capitoli del libro infatti iniziano dalla descrizione della “catastrofe vitale” (un ossimoro coniato dall’ antropologo Ernesto De Martino), continuano parlando di confinamento e libertà, e terminano con un messaggio di speranza e l’immagine di un ponte verso il futuro. Che cosa possiamo imparare, quindi, da quanto accaduto? Come rendere in questo momento l’occasione per una rigenerazione? Il libro non vuole dare risposte, ma cerca di analizzare la situazione per immaginare possibili scenari successivi.
Pensare il presente in funzione del futuro che vogliamo
Lo fa con un metodo di osservazione del modo in cui la pandemia impatta sulla società che c’era fino a pochi mesi fa, sui suoi punti di forza e di debolezza e sui suoi paradossi. Riconoscendo i nuovi intrecci che si stanno formando e le vie possibili verso il futuro. Gli autori tracciano un percorso di interpretazione e immaginazione a partire da varie prospettive sul mondo globalizzato, che già dalla crisi del 2008 aveva cominciato a mostrare segni di cedimento. Con l’obiettivo di pensare il futuro non in funzione del presente, ma il presente in funzione del futuro che vogliamo. L’esperienza della pandemia dolorosamente subita, infatti, contiene in sé uno straordinario potenziale di libertà e di comprensione del mondo. A condizione di non lasciarla passare e dimenticarla senza riflettere.
Nel volume si sostiene che il modo in cui abbiamo reagito all’impatto del virus ci ha rivelato quante potenzialità inespresse il nostro mondo sociale racchiuda e quanto un sistema che pensavamo stabile e immodificabile sia in realtà fluido, dinamico, carico di possibilità di cambiamento (in meglio o in peggio). Viviamo dunque un tempo di passaggio tra un passato che conosciamo ma che sappiamo pieno di contraddizioni, un presente che spaventa perché ogni certezza è destrutturata, e un futuro ancora ignoto. Per questo ora è il momento buono per avviare un cambiamento sociale importantissimo. E tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo. “Non è di normatività astratta che abbiamo bisogno, ma di universalità concreta che rigeneri in senso positivo e collettivo il mondo di cui siamo tutti responsabili”, si legge nel testo.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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