L’Equipment as a Service come modello per la ripartenza
L’innovazione tecnologica offre alle imprese l’opportunità di far fronte agli eventi più sfidanti, come la pandemia di Covid-19, attraverso lo sviluppo di nuovi modelli di business. I percorsi di trasformazione aziendale, però, non sono tutti uguali e dipendono da settore a settore. Quello dell’industria manifatturiera italiana ha patito negli anni la mancanza di una politica industriale di lunga durata e, secondo recenti studi, investe il 30% in meno in Ricerca e Sviluppo rispetto ad altri Paesi europei. Per raggiungere il livello di rinnovamento già in atto in alcune realtà internazionali, oggi le aziende non possono prescindere dall’implementazione di soluzioni digitali abbinate a una strategia finanziaria efficace.
A riguardo, innanzitutto è utile ricordare che l’integrazione della tecnologia è un fattore abilitante dei processi di trasformazione digitale, non il punto di arrivo. I progetti di innovazione non sono unicamente IT, ma investono ogni area aziendale e necessitano di un radicale cambiamento anche dal punto di vista organizzativo.
Serve un cambio di mindset culturale
Per questa ragione, molti imprenditori percepiscono questo processo di evoluzione come un azzardo, dovuto al rischio di dover interrompere la propria linea di business tradizionale. In realtà, si tratta di un processo di lunga durata che richiede tempo e focalizzazione verso l’obiettivo finale, come ha sottolineato Francesco Cattaneo, Senior Account Executive di relayr, azienda tedesca specializzata nell’offerta di soluzioni di Internet of Things (IoT) industriale.
Secondo la vision di relayr, dopo aver analizzato lo scenario di mercato, la chiave di una proposta digitale di successo consiste nel mettere le esigenze dei clienti finali al centro del processo di cambiamento, capendo i loro bisogni reali, valorizzando gli asset interni già disponibili e aiutandoli a identificare i pain points, cioè i punti di debolezza del business su cui intervenire.
La via verso la digitalizzazione – è la tesi di Cattaneo – non può prescindere dall’evoluzione del pensiero delle persone che compongono l’impresa. Avvalersi di un team di persone consapevoli della direzione intrapresa dall’azienda e che si impegnano per raggiungere lo stesso obiettivo è ciò che fa la differenza. È però necessario che le imprese siano disposte a investire, soprattutto nello scenario italiano composto da micro-realtà che spesso hanno scarse capacità finanziarie, per attrarre figure cruciali allo sviluppo di questi processi (per esempio i Data analyst).
L’Equipment as a Service come nuovo paradigma
Complice la pandemia, stiamo attraversando una nuova rivoluzione industriale, destinata a introdurre una vera e propria metamorfosi del comparto nel corso dei prossimi anni. In questo contesto, un ‘ecosistema’ capace di unire proposta tecnologica, economico-finanziaria, progettuale e assicurativa rappresenta un ambiente fertile di sviluppo per i progetti di trasformazione digitale. L’integrazione della tecnologia risulta infatti impossibile da implementare senza capitalizzazione: la leva finanziaria è dunque l’elemento principale che ostacola l’avvio di una reale apertura verso le opportunità offerte dal digitale.
Un modello in grado di interpretare il nuovo scenario è l’Equipment as a Service (EaaS), un processo di servitizzazione in cui i macchinari prodotti dai machine builder non vengono più acquistati da terzi, bensì forniti in cambio di una quota d’utilizzo. A differenza del modello tradizionale d’acquisto dei beni, il modello EaaS prevede che la manutenzione, l’assistenza ed eventuali interventi ordinari e straordinari sui macchinari siano completamente gestiti dal fornitore e produttore.
L’implementazione del modello EaaS può dunque rappresentare una delle principali strategie d’innovazione per produttori di macchinari industriali, consentendo alle imprese di qualsiasi dimensione di creare più valore per i propri clienti, diversificando al contempo i flussi di reddito attraverso l’offerta di nuovi servizi.
Gabriele Perrone, giornalista professionista con oltre 10 anni di esperienza, è redattore della casa editrice ESTE. Nel corso della sua carriera ha lavorato per importanti gruppi editoriali, dove ha maturato competenze sia in ambito redazionale sia nelle pubbliche relazioni. Negli anni si è occupato di economia, politica internazionale, innovazione tecnologica, management e cultura d’impresa su riviste cartacee e giornali online. Ha presentato eventi e ha moderato tavole rotonde con protagonisti manager di aziende di fronte a professionisti di vari settori in location di alto livello.
Tra le sue esperienze lavorative precedenti, ci sono quelle al quotidiano online Lettera43.it e in LC Publishing Group, oltre a numerose collaborazioni con testate italiane e straniere, da Pambianco all’Independent. Laureato in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Milano, ha conseguito un postgraduate diploma alla London School of Journalism.
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