IT, se ci sei batti un colpo
Il lavoro da remoto ha messo a dura prova i dipartimenti IT. Insieme con il timore di nuovi problemi alla sicurezza, sono cresciute anche le sfide tecnologiche poste ai dipendenti e, di conseguenza, le richieste di supporto. IT manager e personale non sono, però, d’accordo sui risultati di questa collaborazione a distanza.
Secondo una recente survey condotta da 1E, compagnia di servizi IT, la totalità degli IT manager è convinta che i propri clienti interni siano soddisfatti del service desk. In realtà ben il 36% dei dipendenti rivela di aver sperimentato un numero di problemi crescente da quando lavora da casa e il 30% esprime qualche preoccupazione circa la capacità dell’IT di supportare il personale che opera da remoto. Secondo i lavoratori, i tempi di risposta sono più lunghi di quanto credano i Responsabili IT, causando un calo della produttività significativo.
A sottolineare ancor di più questa diversità di vedute tra il dipartimento di IT e il resto del personale ci sono le diverse priorità poste dai due gruppi. In cima alle preoccupazioni dei dipendenti c’è la necessità di evitare problemi tecnologici e il desiderio di aumentare la velocità di risposta, mentre più della metà degli IT leader è impegnata per la gran parte del tempo a garantire la sicurezza dei remote worker. Gli aggiornamenti delle applicazioni, rilasciati dai partner tecnologici dell’impresa, drenano la maggior parte del tempo e passano sopra ai feedback interni del personale.
Alcune ricerche pre-pandemia sembravano suggerire che la formazione in ambito tecnologico, per prevenire rischi per la sicurezza, fosse ormai abbastanza diffusa. Le ulteriori minacce portate dal lavoro da remoto, insieme alla rapida adozione di nuove tecnologie nell’arco di tutto il 2020, ha portato a un aumento della complessità che si è riversato sul lavoro dell’IT, ma anche sull’esperienza del singolo utente-dipendente.
Ora che si sta imponendo un modello di lavoro ibrido e che la tecnologia continua a muoversi in direzione di una postazione di lavoro sempre più automatizzata, è necessario tornare a investire nella formazione del personale sul tema della cybersecurity. “Avremo molte più scelte da fare e molti più strumenti da testare, che chiameranno in causa temi legati a engagement, diversità e inclusione, formazione”, ha detto a HR Dive Katy Tynan, Analyst di Forrester. La sfida sarà integrare tutte le componenti e sensibilizzare l’IT sui bisogni della forza lavoro.
Fonte: HR Dive
Articolo a cura di
Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
Smart working, cybersecurity, it