A ognuno il suo cloud
Qualcuno ne è spaventato, perché teme possa sostituire l’attività umana; qualcun altro ne è un grande sostenitore. Il digitale sembra essere la leva per recuperare la produttività persa con la pandemia e, perché no, condurre verso innovazioni sempre più spinte. Com’è noto, il Covid ha accelerato la necessità delle aziende di implementare soluzioni tecnologiche per far fronte alle esigenze del momento critico. Secondo i più recenti dati di Assintec – Assinform-NetConsulting cube, le tecnologie Blockchain nel 2020 sono cresciute del 18,2% rispetto al 2019, l’uso dell’Intelligenza Artificiale (AI) e del Cognitive computing del 16,3% e il cloud è incrementato del 20,4%.
Dunque, il digitale e la flessibilità sono gli ingredienti del futuro. Tant’è vero che il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) destina investimenti pari a 40,7 miliardi di euro a quello che è stato definito come “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”. In quest’ottica, i player che da sempre puntano su questi temi sono in prima linea per supportare la Digital transformation delle aziende.
“Innovazione, crescita e trasformazione sono i pilastri che guidano la nostra azienda”, ha commentato Rodolfo Falcone, Country Manager di Red Hat, azienda che realizza soluzioni tecnologiche basate su software e aperto, durante la conferenza stampa dal titolo Open your perspective. “Il Covid, nella sua drammaticità, ha dato un’accelerazione inaspettata alle aziende; senza la pandemia avremmo dovuto attendere forse 15 anni prima di lavorare come stiamo facendo. Ma questo ha anche imposto alle aziende di stravolgere le loro infrastrutture e investire nel cloud”.
Il cloud open e ibrido come soluzione efficiente
Ormai è noto che non esiste sistema produttivo o di business che non contempli l’uso del cloud, dell’Edge computing e dell’ibrido. Sebbene la tecnologia sia la stessa, l’approccio cambia a seconda del mercato in cui si opera. Per questo motivo i player si sono adeguati per dare risposte puntuali. Per esempio, nel caso di Red Hat, l’azienda si è strutturata con tre team dedicati a mercati differenti, ognuno focalizzato sulle relative peculiarità (enterprise, emerging market e Piccole e medie imprese).
Ma non solo la suddivisione del lavoro avviene per mercato; la strutturazione è basata anche sul settore in cui si opera (per esempio, Bancario, Pubblica amministrazione, Manifatturiero): si utilizzano metodi differenti per ciascun verticale con l’obiettivo di servire al meglio ogni tipologia di mercato. “La focalizzazione verticale, contemplando approcci e metodologie ad hoc per un determinato settore, aumenta l’efficacia e l’efficienza verso quel mercato stesso”, ha commentato Falcone.
In quest’ottica, e in una visione di open organization, si sviluppano tecnologie innovative, sostenibili economicamente, ma che consentono anche di scalare nuove metodologie. Da qui la scelta di Red Hat di investire nello sviluppo di macro componenti che compongono il cloud ibrido e aperto: le operazioni divengono, così, resilienti, affidabili e intelligenti. “L’Open hybrid cloud è l’architettura più efficace, in grado di permettere all’IT di essere un abilitatore strategico. È quello che consigliamo per operare con velocità, stabilità e prevedere la scalabilità, elementi fondamentali per supportare la digital transformation”, ha affermato Gianni Anguilletti, Vice Presidente Med Region di Red Hat.
Per offrire supporto alle aziende, Red Hat punta su RedHat OpenShift, una piattaforma container basata su Kubernetes, un sistema open source di gestione di container, e predisposta per gli ambienti enterprise, che offre operazioni automatizzate per gestire cloud ibrido, multicloud ed Edge computing. “La piattaforma è ottimizzata per incrementare la produttività degli sviluppatori e promuovere l’innovazione”, ha confermato Giuseppe Bonocore, Principal Solution Architect di Red Hat Italy.
E il futuro cosa riserva? Come ha spiegato Anguilletti, l’Edge computing e l’AI sono i due ambiti in cui Red Hat sta lavorando da diverso tempo per rinnovare le produzioni, affiancandosi ai team IT affinché siano sempre più efficienti nell’automatizzazione.
Un caso che è destinato a dimostrare come l’AI possa concretamente essere applicata (ed essere funzionale) è il progetto di navigazione autonoma Mayflower autonomous ship, che punta a trasformare l’industria del trasporto navale e la ricerca oceanografica. L’iniziativa prevede una traversata da Plymouth, in Inghilterra, all’omonima città in Massachusetts, replicando il viaggio della Mayflower di 400 anni fa. Ma questa volta senza persone a bordo.
Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l’uguaglianza, l’inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web.
Ha lavorato nell’ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.
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