La lezione della pandemia per la Manifattura

La pandemia ha accelerato la digitalizzazione. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è un’opportunità. E la trasformazione 4.0 è ormai imprescindibile. Tutti temi ormai dibattuti, ma è bene andare più a fondo. Perché se il futuro delle aziende vede in questo post Covid-19 un terreno su cui fondare pilastri importanti, gli imprenditori devono guardare davvero a ciò che l’emergenza sanitaria ha ‘insegnato’, con la consapevolezza che le competenze e la reale trasformazione digitale non possono più restare ai margini dello sviluppo delle aziende.

Le imprese devono rivedere i propri processi di sviluppo, così come l’acquisizione dei talenti e la loro formazione, che deve però iniziare da prima che mettano piede concretamente in azienda. Sono questi gli aspetti fondamentali affrontati da Marco Taisch, Professore di Advanced & Susteinabile Manufacturing del Politecnico di Milano e Presidente del Made Competence Center, in un dialogo con Giuseppe Pasini, Presidente del Gruppo Feralpi, che ha aperto la tappa di Brescia del convegno FabbricaFuturo dell’1 luglio 2021, dalla casa editrice ESTE, di cui Parole di Management è Media Partner.

L’ecosistema digitale integrato ridurrà il gap tra Pmi e grandi imprese

I processi di crescita da accelerare sono, secondo Pasini, quelli interni agli stabilimenti, ma con un occhio all’esterno. La sostenibilità ambientale e sociale, infatti, deve essere altrettanto basilare per cogliere al meglio le opportunità date dal Pnnr, diventando spinta per un’innovazione produttiva e digitale che modernizzi tanto le imprese quanto la Pubblica amministrazione. Le imprese del Centro Nord sono pronte, è il parere del Presidente del Gruppo Feralpi: “Il territorio lombardo e quello di Brescia sono vivi e dinamici. Non dimentichiamo che la città è già orientata verso l’Europa, quest’ultima deve essere forte e coesa. La politica severa della Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen è giusta, coerente con i nuovi paradigmi e con la ricerca di una qualità di vita migliore per le nuove generazioni”.

La sostenibilità è anche per Taisch un pilastro portante del cambiamento e del miglioramento, non solo per quanto promosso dal Pnrr, ma anche per l’Unione europea pre-Covid, “che già vedeva una soluzione nella sostenibilità dell’economia circolare abilitata dal digitale”. E se la trasformazione ecologica e digitale finora è stata lenta, da adesso in poi il mondo post pandemico dovrà per forza approfittare della spinta acceleratrice, per non restare indietro come Paese. La spinta, però, dovrà riguardare soprattutto le Piccole e medie imprese (PMI) e non tanto le grandi organizzazioni (che già puntano sulla digitalizzazione).

A tal proposito, Taisch ha spiegato: “Le PMI, che rappresentano il tessuto industriale dell’Italia, sono in una situazione svantaggiata a causa dell’effetto combinatorio; le tecnologie sono tantissime e riguardano moltissimi ambiti della vita aziendale, dalla Blockchain al cloud, dall’Intelligenza Artificiale al digital twin. Non ci si può accontentare di adottarne solo un paio. Il beneficio si ha dalla combinazione delle nuove tecnologie”. Ecco perché il pericolo è che il gap si allarghi ed ecco perché, secondo entrambi, è necessario muoversi in maniera propositiva cambiando soprattutto il mindset interno all’azienda, ragionando in una logica di ecosistema integrato.

Infrastrutture per aumentare il traffico dei dati

Accanto all’ecosistema digitale integrato, Governo e imprese devono investire sulle infrastrutture, da sempre fattore di aumento della produttività di un Paese. E se in passato infrastruttura era sinonimo di ‘strada’, oggi quest’ultima non è più cementata, ma viaggia grazie ai dati. “Aumentare il budget sui dati, quindi, è la via”, è il suggerimento di Taisch, che riporta l’attenzione, per esempio sulle infrastrutture 5G. E a chi sostiene che il Pnrr abbia diminuito i fondi per l’Industria 4.0, lo stesso docente ha chiarito: “Sono invece aumentati i budget per il 5G; questo sarà lo strumento che farà viaggiare l’industria digitalmente”.

Non mancano neppure gli investimenti più tradizionali. Pasini ha proprio spiegato: “In questo momento in Italia stiamo investendo molto su ferrovie e rotaie, anche per rientrare nei limiti delle emissioni di anidride carbonica”. Il discorso torna quindi sulla sostenibilità, che deve riguardare anche le infrastrutture. “I 60 miliardi per la transizione ecologica del Pnrr possono diventare una buona base, dal momento che l’Italia, pur in ritardo sulle emissioni, è avanti sull’economia circolare dei rifiuti e sull’utilizzo del gas al posto del carbone”, ha detto il Presidente del Gruppo Feralpi. Il problema non sta quindi nelle intenzioni: gli imprenditori vogliono essere più verdi, ma in molti casi non sanno come fare. “Servono normative su cui basarsi, perché quelle italiane non sono di facile interpretazione”, è il parere di Pasini. Leggi chiare che guidino gli imprenditori: ecco di cosa c’è bisogno.

Potenziare le competenze del capitale umano

Il vero problema dell’Italia è però un altro: le competenze. “A Brescia facciamo fatica a trovare personale preparato”, ha ammesso l’ex Presidente di Confindustria Brescia. “L’industria bresciana, tuttavia, è ripartita e so di colleghi che hanno parecchio lavoro. Ci sono quindi buone condizioni per un 2021 al di sopra delle previsioni. Ma senza talenti e competenze non andiamo da nessuna parte”. Non trovare talenti significa, infatti, rinunciare alla produttività, con una ricaduta negativa anche sulla competitività.

La soluzione, secondo Pasini, dovrebbe essere quella di avvicinarsi, come imprese, alle scuole e alle università. Un esempio è proprio il Made, di cui Taisch è Presidente: il Competence Center è il luogo in cui il mondo dell’università dialoga con le imprese e in cui la formazione viene fatta anche dalle stesse aziende. “È un modello da usare e valorizzare, che ci copiano all’estero”. Taisch, come Pasini, ritiene la mancanza di competenze un dramma sociale ed economico. “Nelle scuole le ore di formazione sono pochissime. La formazione sul lavoro quindi non dovrebbe essere una possibilità, ma un dovere. La mentalità dei dipendenti però è importante ancor prima dell’offerta educativa, perché non basta che l’azienda sia illuminata: i lavoratori devono avere voglia di seguire i corsi”.

Non ultimo, è importante sensibilizzare le famiglie, affinché orientino al meglio le scelte dei giovani: “Oggi i genitori si spaventano quando devono mandare i figli a studiare lontano. Ma dovrebbe bastare sapere che il 30% dei laureati e delle laureate in ingegneria ha un’occupazione lo stesso giorno della laurea”. Gli studenti nelle materie più tecniche sono pochi, ma se il settore manifatturiero e il suo indotto coprono quasi la metà dell’economia italiana, è facile intuire le potenzialità di scegliere al meglio il percorso di studi.

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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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