Manifattura

Diversificata e resiliente: l’industria manifatturiera della Puglia

I dati dell’ultimo rapporto della sede barese della Banca d’Italia sull’andamento dell’economia della Puglia nel 2020 ne hanno evidenziato in particolare le difficoltà dell’industria a causa della pandemia da Covid-19, anche se molto opportunamente ne hanno anche posto in luce una sua capacità di resilienza che costituisce, ormai da tempo, una caratteristica positiva di tale apparato di produzione, in particolare della sua sezione manifatturiera.

In realtà, già la fotografia dell’industria pugliese al 2018 – emersa dai dati di sintesi del Censimento permanente delle imprese condotto dall’Istat e appena pubblicato – pur limitata ad alcuni indicatori, ne aveva dimostrato la capacità di resistenza, con l’esclusione dell’edilizia che invece aveva subito, nel periodo esaminato, una pesante ristrutturazione.

L’industria in senso stretto fra il 2011 e il 2018 è scesa da 10.509 imprese a 9.565 – una contrazione di 944 unità (8,9%) – e da 122.937 occupati a 117.468 (riduzione di 5.469 addetti, pari al 4,4%). L’industria delle costruzioni invece è passata da 9.130 imprese a 7.069 (diminuzione di 2.061 unità, pari al 22,5%), e da 64.991 occupati è passata a 47.545 (contrazione di 17.446 addetti, pari al 26,8%). Insomma, in Puglia fra il 2011 e il 2018 poco più di un quinto delle imprese e poco più di un quarto degli occupati all’industria delle costruzioni sono scomparsi.

Il panorama dell’industria in senso stretto consente di individuare attendibilmente gli stabilimenti che più hanno concorso, con loro cluster collegati, alla perdita di occupati fra il 2011 e il 2018. Sono Ilva di Taranto – con le imprese di subfornitura – TD-Bosch di Bari, Natuzzi e la filiera del suo indotto, le due grandi calzaturiere del Salento, ovvero Filanto – che peraltro è già prepotentemente rinata fra il 2015 e il 2019 grazie alla guida del suo top management – e Nuova Adelchi, e Cementir a Taranto.

Analizzando poi i principali aggregati territoriali di contabilità nazionale pubblicati dall’Istat, nel 2019 la Puglia per il valore aggiunto dell’industria nell’insieme delle sue componenti – comprese cioè le costruzioni – è stata la seconda regione nel Mezzogiorno dopo la Campania, e l’ottava in Italia dopo Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Lazio e Campania, mentre per il valore aggiunto del settore manifatturiero, ha conservato il secondo posto nell’Italia meridionale alle spalle della Campania, ma è scesa al decimo a livello nazionale dietro le Marche e il Friuli Venezia-Giulia.

Fra la seconda metà del 2011 e il 2015 si è verificato un forte rallentamento, quando non anche una flessione, nella crescita del Prodotto interno lordo nazionale, cui ha fatto seguito la lenta ripresa dal 2015, divenuta più robusta negli anni successivi, seguita dalla pesante caduta del 2020 a causa dell’emergenza sanitaria. Inoltre, dal 26 luglio 2012, l’area a caldo dell’Ilva a Taranto è sotto sequestro – prima senza facoltà d’uso, poi restituita da una legge che ha classificato il Siderurgico come “sito di interesse strategico nazionale” – e questo ha dato inizio al decorso produttivo: dal 2013 a oggi non è stata più toccata la soglia degli 8 milioni di tonnellate che ancora era raggiunta nel 2012 (la flessione più pesante si è verificata nel 2020, quando si sono superati di poco i 3 milioni di tonnellate).

Un territorio a forte vocazione industriale

Resilienza e rilancio dell’industria manifatturiera pugliese hanno alimentato la dinamica dei fatturati di larga parte delle società con sedi legali in Puglia e dei valori delle produzioni di molti grandi impianti di holding esterne al territorio. Ecco i dati dei valori delle produzioni nel 2019 di alcuni big player con sedi legali non in loco (i valori sono espressi in milioni di euro): Raffineria dell’Eni, Taranto, 2.170; Merck, Bari, 1.000; Versalis, Brindisi, 850; LyondellBasell, Brindisi, 440; Avio Aero, Brindisi, 295; Leonardo Divisione elicotteri, Brindisi, 160.

Ma vi sono tanti altri valori delle produzioni che sarebbe utile conoscere, dall’Ilva alla Marelli (a Bari), da FPT (a Foggia) a Leonardo Divisione aerostrutture (a Foggia e Grottaglie), dalla BHNuovo Pignone alla SKF entrambe a Bari, dall’Enel all’Edison, dai grandi parchi eolici e fotovoltaici di player nazionali ed esteri all’Enipower d Brindisi e Taranto, da Barilla (a Foggia ed Altamura) a Granarolo (a Gioia del Colle), da Birra Peroni-Asahi a Bari ad Heineken (a Massafra), da Wind a Telecom in tutta la Puglia, dalla Buzzi Unicem a Barletta alla Colacem a Galatina, dal call center di Com-Data e dalla CNH a Lecce alla Teleperformance a Taranto, dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (a Foggia) all’Arsenale della Marina Militare nel capoluogo ionico.

Senza la conoscenza dei dati concernenti il valore della produzione di questi siti industriali fra i maggiori della regione, ogni analisi sull’industria pugliese risulta ancora molto parziale e ci si può limitare solo a stime sul valore aggiunto come quelle prodotte peraltro meritoriamente dall’Istat.

Ecco invece i fatturati superiori a 100 milioni nel 2019 di altre società industriali locali e non locali, con sedi legali in Puglia (dati espressi in milioni di euro): Casillo Partecipazioni, 1.493; Magna (ex Getrag), 875; AQP, 560; Natuzzi, 386; Divella, 280; TD-Bosch, 243; Siciliani, 233; Casa olearia italiana, 228; Vestas, 207; Jindal, 179; LeoShoes, 155; Ladisa, 150; Exprivia, 137; MobilTuri, 130; Bridgestone, 127; Alfrus, 118; AMIU Puglia, 102.

Elevati gli investimenti, incentivati dalla Regione o dal credito di imposta. Fra il 2014 e il 2020 – solo per i contratti di programma con le grandi imprese – ne sono stati agevolati dalla Regione con 458 milioni di euro ben 62 che hanno attivato investimenti per 1,2 miliardi, con un’occupazione complessiva fra posti di lavoro conservati e nuova occupazione di 15.614 unità.

La Puglia infine è la prima in Italia per energia generata da fonte eolica e fotovoltaica grazie agli investimenti incentivati del conto energia.

industria, manifattura, Puglia


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Federico Pirro

Articolo a cura di

Federico Pirro è Docente di Storia dell’Industria nell’Università di Bari e ha insegnato anche nell’ateneo di Lecce Economia del territorio e Giornalismo economico. È autore, fra gli altri, di Grande Industria e Mezzogiorno (1996-2007), con prefazione di Luca Cordero di Montezemolo, (Bari, Cacucci 2008) – cui sono stati conferiti nel 2009 il Premio Sele d’Oro Mezzogiorno e il Premio Basilicata per la saggistica – e di saggi su riviste e in volumi collettanei, fra i quali L’economia reale nel Mezzogiorno, a cura di Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis (Bologna, Il Mulino 2014). Nel 2016 gli è stato conferito dal Centro Nuove proposte di Martina Franca il Premio Menichella per i suoi studi sull’industria nel Sud. Dal 1977 al 1995 è stato amministratore anche con cariche di Presidente e Vice Presidente di imprese pubbliche e private – fra cui Insud, Finvaltur, Valtur Sviluppo, Agis-Gruppo ABB, Breda Fucine Meridionali – e dal 1995 al 2000 e dal 2007 al 2016 consulente di Presidenza della Regione Puglia sulle problematiche dello sviluppo. Dal settembre del 2015 al giugno del 2018, su nomina del Ministro Graziano Delrio, è stato componente ‘esperto’ della Nuova Struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Dal 2012 al 2016 è stato consigliere della Svimez, e dal 2015 siede nel Comitato scientifico della SRM-Gruppo IntesaSanPaolo. Dal 2000 al 2015 è stato editorialista del Corriere del Mezzogiorno/Corriere della Sera e con del suo settimanale Mezzogiornoeconomia. Oggi collabora con La Gazzetta del Mezzogiorno, i mensili Economy e Investire, con testate online e ha curato per la Rai e il Gruppo televisivo pugliese Telenorba trasmissioni sull’industria in Puglia.

Federico Pirro


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