Pellegrini, un esempio per la futura classe dirigente

In copertina c’è la foto di quando è stato eletto Presidente dell’Inter. Sul campo con la figlia Valentina, Ernesto Pellegrini mostra gioia e vitalità. Una gioia e una vitalità che hanno caratterizzato tutta la sua storia imprenditoriale, come ha raccontato all’edizione 2021 del Convivio di Persone&Conoscenze, l’evento dedicato ai temi della Direzione del Personale promosso dalla casa editrice ESTE (editore anche del nostro giornale), di cui Parole di Management è stato Media Partner.

Pellegrini ha affidato il racconto della sua esperienza al libro dal titolo Una vita, un’impresa (l’introduzione è firmata dall’ex Direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli), che lui stesso ha scritto: l’opera non è in vendita e il Presidente di Pellegrini Spa, noto player della Ristorazione collettiva, lo regala a chi gliene chiede una copia. “Ne ho stampate 10mila copie e ne ho già donate 8mila”, ha detto sorridendo mentre spiegava la sua storia fatta di tenacia, positività e impegno.

Pellegrini si definisce, infatti, un “ragazzo di cascina” che ce l’ha fatta, mettendo a frutto i propri talenti e raggiungendo traguardi impensabili. Perché se i genitori erano contadini – anzi “ortolani che lavoravano la terra dall’alba al tramonto” – lui, ereditando da loro la consapevolezza dell’importanza dell’impegno, è arrivato al titolo di Cavaliere del Lavoro (titolo conferitogli nel 1990), a capo di un’impresa che porta il suo nome, che vanta ricavi per 640 milioni di euro (dato al 2019) e dà lavoro a circa 10mila persone, fornendo servizi di ristorazione, pulizie e welfare.

Per Pellegrini, quindi, la classe dirigente del futuro deve guardare un po’ al passato e alla sua esperienza, ma deve affondare le radici in atteggiamenti molto umani ed empatici. La realtà contadina dalla quale arriva gli ha infatti insegnato quanto sia necessario provare passione per quello che si fa, così come l’importanza della solidarietà. “Quando in cascina un contadino aveva un problema, tutti gli altri correvano ad aiutarlo”, ha ricordato l’imprenditore.

Il cuore nerazzurro che pensa a tutti

È su questo quadro solidale che Pellegrini ha costruito la sua carriera imprenditoriale. Partito come capo-contabile per il marchio di biciclette Bianchi, fondò la sua azienda con 150mila lire (grazie a un prestito) arrivando nel giro di qualche anno ad acquistare anche Villa Perosa, albergo dove si recavano i giocatori della Juventus in ritiro. “L’acquisto mi offrì uno spunto per scrivere a Ivanoe Fraizzoli, allora presidente dell’Inter”.

Il futuro Cavaliere del Lavoro gli scrisse per mettersi a disposizione dell’Inter: “Sono un giovane imprenditore che si occupa di ristorazione e possiedo l’albergo in cui si ritira la Juventus. Ma il mio cuore è nerazzurro. Vorrei poter essere utile alla squadra”. Fu quella lettera che fece entrare Pellegrini nel Consiglio d’amministrazione del club, per poi divenirne Vicepresidente e, al termine della carriera di Fraizzoli, acquistare la squadra. A 44 anni Pellegrini era quindi Presidente dell’Inter, oltre che imprenditore nella Ristorazione: su queste due “fortune” (come lui stesso le definisce) ha deciso di fondare il suo atteggiamento dirigenziale.

Il giornalista Mario Sconcerti scriveva infatti: “Pellegrini è stato un Presidente non fortunato che ha lavorato con entusiasmo e tenacia, facendo investimenti importanti”. E lui stesso si è detto d’accordo con l’analisi: “Non sono stato fortunato sul campo, ma ho ricevuto tanto dalla vita”.

L’impegno per aiutare chi è in difficoltà

A 50 anni Pellegrini sentì quindi il bisogno di restituire quanto ottenuto: il risultato è stata l’istituzione di una Fondazione che porta il suo nome, insieme con il ristorante solidale Ruben, a Milano. “Ogni sera più di 300 persone mangiano da noi. Non è una mensa dei poveri, dove ci si reca per mangiare ciò che si trova. Da noi è possibile scegliere fra tre primi e tre secondi, pagando un euro”. È ovviamente una cifra simbolica, ma che si lega alla “dignità”, parola cui Pellegrini è molto legato.

“Nel libro racconto anche di Ruben, il contadino da cui prende il nome il ristorante. Era una persona che ho amato molto”. Ruben aveva lavorato per i suoi nonni e per i suoi genitori, e anche per lo stesso Pellegrini. “Dopo qualche anno dalla morte di mia madre e di mio padre, con la conseguente vendita di terre e strutture, Ruben si trovò senza lavoro e non gli venne neppure assegnato un alloggio”, è il ricordo del Cavaliere del Lavoro. Finché l’allora giornale La notte titolò: “Barbone muore assiderato”. “Ma Ruben non era un barbone, era una persona che aveva perso un lavoro e dormiva in una stalla con due cavalli”.

Ecco perché oggi la Fondazione Ernesto Pellegrini si prende cura di chi è in difficoltà, dimostrando il vero valore della solidarietà che diventa leva per la crescita di tutti, circolare e diffusa. Un valore antico che, tuttavia, resta sempre attuale e innovativo, sul quale impostare la nuova classe dirigente per un futuro prosperoso, condiviso e umanamente sostenibile.

Pellegrini, Convivio2021, Ernesto Pellegrini


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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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