Un futuro bello, l’eredità di Enzo Spaltro
“Ciao Enzo”. “Ciao Patrizio”. Enzo: “Mi chiami per dire se ci vediamo?”. Patrizio: “Sì”. Enzo: “Da quale parte delle Marche sei?”. Patrizio: “Pergola, Valle del Cesano, in un’ora sono lì. A dopo”. Trascorremmo un pomeriggio… un ultimo pomeriggio insieme. Sono uscito da casa di Enzo Spaltro il pomeriggio del 26 agosto 2020; salito in macchina, ho guardato il mare di Pesaro e letto i versi di una poesia del suo ultimo libro. Amo pensare che sia un messaggio-ricordo. Lo ammetto: dopo i nostri incontri avevo modo di pensare alle parole che ci scambiavamo, tenendo e leggendo il libro che mi donava ogni volta, con una dedica, quest’ultima tremolante, ma capace di marcare il pensiero: “Per un futuro più bello”.
L’ultimo libro si intitola Amici, ed è quello che eravamo diventati negli anni. Quell’ultima volta ho donato anche io una mia raccolta di poesie, che aspettava un critica di Enzo. Al telefono qualche settimana dopo mi disse: “Patrizio è giusto che te ne parli; mi chiami dopo che mi son riposato?”. Quel nostro colloquio, però, è rimasto in sospeso… Il mare –quello marchigiano– le cene nel ristorante di mio fratello e la poesia: sono queste le cose che ci hanno unito, le cose vere. Penso che per tutta la vita Enzo abbia fatto solo poesia.
Dentro a questo c’è una sua caratteristica, che riconosco anche a me stesso –e mi riconoscono– cioè l’essere curioso. Enzo, che poteva essere mio nonno, mi parlava alla pari. E certo che mi meravigliavo, quando esclamava: “Mi consigli di leggere Enrico Moretti?”. E poi mi chiamava per dire che lo stava leggendo per davvero. Ridevamo perché mentre lui leggeva Homo Deus, io leggevo 21 lezioni per il XXI secolo, entrambi dello scrittore Yuval Noah Harari.
Il benessere come capacità di esprimere
Questo ricordo potrebbe intitolarsi, con un temperamento classico: “Ricordando Enzo Spaltro”. Ho preferito “Un futuro bello” perché è l’augurio che lui stesso faceva direttamente o tramite il suo “bellessere”, quando nell’essere psicologo con leggerezza –come avrebbe detto lo scrittore Italo Calvino– faceva esprimere la soggettività, il tema della sua vita professionale. Come si fa a essere tecnici e poetici nello stesso momento? Sicuramente partendo dalla centralità delle persone. Spaltro ci ha lasciato un pezzo di lavoro importante, un’area di sviluppo: la ridefinizione dei metodi di misura. Sostituire la vecchia distinzione tra misura qualitativa e quantitativa e andare oltre il concetto di indicatore che serve a trattare grandezze, ma anche qualità, dimensioni oggettive, soggettive, benessere, malessere, bontà e bellezza. È questo il punto: le misure sono inventate dalla parità.
Abbiamo una solo foto insieme, scattata nella sede dell’Ordine degli Psicologi delle Marche. Avevo intravisto una strada –il mio interesse per la Psicologia Economica– e la volevo raccontare in un seminario; lui, come ospite, mi ha affiancato portando la testimonianza di ricerche di Psicologia Economica. La rivista Psicologia e Lavoro –non Psicologia del Lavoro!– è storia e lui lo aveva capito già nel 1968 dove sarebbe andato questo mondo. La prima pagina con la sua calligrafia che negli anni abbiamo visto sempre più tremolante, ma mai debole né incerta, riportava il tema e il temperamento di quello che era la missione di quel numero della rivista: “Il tempo crea spazio, il benessere è la capacità di esprimere, le relazioni inventano il futuro, la cittadinanza è l’arrivo al mare dell’acqua delle sorgenti, il futuro non si prevede, ma si inventa”. Ma soprattutto: “L’organizzazione è uno stato d’animo e il benessere è possibilità e capacità di esprimere”.
A proposito di capacità di fare correlazioni rischiose, una importantissima è quella tra soggettività e democrazia: Spaltro ci ha tramandato che la seconda è inevitabile. Parlarne ora sembra tutto facile. Ma non lo è e non lo era neppure prima, quel suo parlare al bivio. Oltre ai contenuti c’era un ringraziare a occhi stretti per averlo seguito nel discorso. Come amante della Storia, ma direi anche della Storiografia, i suoi temi si sono intrecciati, il rapporto tra tempo e benessere, quindi tra lavoro, organizzazione e democrazia. Ricordo in un convegno ad Ancona, quando ha iniziato a parlare di soggettività, il pubblico non era solo curioso, ma ha iniziato a sentire che si stava svegliando: “Il soggetto può diventare plurale e collettivo e rappresenta oramai l’elemento di svolta più importante di questo terzo millennio che abbiamo cominciato a frequentare dal di dentro…”.
Aveva tante foto mie e io sue. Come è possibile? Al mio matrimonio ricordo che ne ha scattate tante e io ne ho tante di lui, scattate da chissà chi, forse amici. La vita è un gioco. La vita è un viaggio, il nostro primo insieme fu da Pesaro a Ancona, per presentare la neonata Università delle Persone (UP), una giovane università privata per il benessere e la soggettività.
La Psicologia è costituzionale, economica, politica: aspetti che nel linguaggio accademico non troviamo; Spaltro, che era la Psicologia, per poter lavorare con e per le organizzazioni, ci ha insegnato qual è il lavoro che le compete. Lo sguardo che gli veniva rivolto era quello riservato al “maestro”. Un gesto, una mano, un dito alzato per dire “il futuro è di chi fa”, la sua risposta ai lavori che gli inviavo. Pensavo che saremmo andati fuori strada, ma parlare dello scrittore John Steinbeck –Furore per me, Uomini e topi per lui– e da lì dei luoghi che aveva frequentato in California era il nostro gioco.
“Ah Patrizio, sai il patriziato svizzero?”, mi diceva. Enzo era legato alla Svizzera professionalmente e per frequentazioni, io per nascita e amicizie: questo è stato un altro nostro gioco, molto serio, perché La Svizzera è vicina divenne tra i primi convegni di primavera a Cervia per l’Università delle Persone.
Verso il futuro, attraverso un modello psico-economico
Quando pronuncio il nome di Spaltro, anche per i non addetti ai lavori (psicologi, medici, formatori), molti lo ricordano per aver condotto e ideato diverse trasmissioni su Rai Uno: Di che vizio sei?, Il bello della diretta (ero molto giovane), Test. Ma chi si è occupato di relazioni, lo ricorda per il suo libro Il gruppo. Sintesi e schemi di psichica plurale, insegnando nelle Università italiane e straniere.
Spaltro ci ha insegnato a usare il chiasmo, una figura retorica che si affronta a scuola, ma da sempre associata al linguaggio dei poeti. Dobbiamo iniziare a guardarla come uno strumento; infatti l’ultimo libro di Spaltro, di Psicologia Politica, si intitola proprio Un futuro bello (a cura di Beppe Feltrin per UP, Format Edizioni) e non “un bel futuro”. Che cosa si vuol fare con questo incrocio di termini? Abbiamo solo spostato le parole, ma come le muoviamo, esse si esprimono e poi si reprimono. In questo caso, si esprime “futuro”, si soggettivizza, gli diamo carattere. Tutti sappiamo cosa interessava a Spaltro, e cioè l’idea di futuro: “Il futuro della persona e la persona del futuro”. Un messaggio importante per la cultura connettiva che ci hai insegnato, così come una definizione chiara dei due concetti di “dispositivo mentale” e di “artefatto sociale”.
Ricordo quando aspettavo questo libro; sapevo che lo stava scrivendo, perché ne avevamo parlato nelle nostre lunghe conversazioni al telefono, e ne avevamo discusso nei nostri incontri a Bologna, a Pesaro. Certo, tutti vorrebbero un futuro bello, ma quali sono gli aspetti che dobbiamo tenere in considerazione? In primis, capire dove ci stiamo orientando: verso un modello psico-economico, basato sulla soggettività e sulla democrazia. Che cosa ci offre? Una visione soggettiva dello scambio di beni e valori tra gli uomini, i quali usano valori e beni soggettivi anziché oggettivi. In definitiva, uno scambio di beni materiali e uno di beni immateriali. Questo è il ragionamento spaltriano.
Possiamo proseguire: dagli scambi economici a quelli psicologici ci ha illustrato le tre fasi di cui è composto questo modello psico-economico: passaggio dal malessere al benessere; dal benessere al bellessere; dalla società dei guerrieri a quella delle connessioni. Il primo tema che affronta Spaltro, ricordandoci che il benessere si riferisce alla bontà e al passato, deriva dalla velocità con cui i consumi sono effettuati; da qui, l’analisi dei desideri, dei bisogni, la creazione di una nuova finanza.
Il benessere è la possibilità e la capacità di esprimere, cioè all’esprimere se stessi, e infine si passa al “bellessere”, che si riferisce alla bellezza e al futuro. E il bellessere di cui ci parla Spaltro come è composto? La speranza di benessere è già benessere e da qui stiamo andando per la via del futuro. Il libro tenta di dare delle risposte per la Psicologia del Lavoro nel futuro, ma è un volume di Psicologia Politica. Spaltro ci sta dicendo di iniziare a educarci a parlare di futuro: “Il conflitto non è più tra lavoro e capitale, ma tra capitale lavorativo e capitale finanziario”.
Pensare al futuro. Vivo questo volume come uno strumento, un laboratorio, quasi come un terapeuta e i suoi ‘compiti a casa’, che con gli esercizi e la pratica, mi può portare ad avvicinarmi al futuro e rendermi consapevole che tutto ciò significa aumentare le probabilità di crearlo. È terapeutico perché per poterci arrivare, ci sono delle fasi su cui lavorare: il perdono è una via per riappropriarsi del futuro, la bellezza, la cittadinanza.
Bisogna pensare plurale
Per pensare al futuro, bisogna pensare plurale e Spaltro unisce due punti all’orizzonte: il kalòs kài agathòs greco, “il bello viene prima del buono”, e tutto il lavoro che ha fatto per anni e anni con i gruppi (nelle università, nelle aziende, nei T-group), insegnandoci che “il gruppo può diventare un potente strumento d’innovazione se si riesce ad aumentare l’accettazione sociale rendendola oggetto di desiderio e non di bisogno”.
Il percorso del libro ha molti cenni storici e filosofici, ma è un viaggio per riflettere, per dirla con il sociologo Philip Slater, un sogno rimandato andando agli scritti dell’oratore dell’antica Grecia Pericle. È utile e indispensabile rileggere il rapporto tra tempo e benessere, tra lavoro e organizzazione (Spaltro ci ha sempre ricordato che l’organizzazione è uno stato d’animo) e democrazia. La bellezza è una priorità del futuro, come la poesia. Nel capitolo dedicatole, si tende a dare voce ai desideri umani, producendo benessere, quindi ricchezza. La bellezza risponde alla domanda: “Che importanza diamo al nostro futuro e al nostro modo di tenerne conto?”.
Il futuro è un foglio bianco, siamo noi a scriverlo. Ci riporta a leggere, a rileggere Slater (Il sogno rimandato. Lo scontento americano e la ricerca di un nuovo ideale democratico), gli accademici Richard Wilkinson e Kate Pickett (La misura dell’anima), ma per me non sono titoli né nomi, è ragionare sui contenuti, davanti al Teatro delle Muse di Ancona, mangiando una pizza.
Queste fotografie che ho in mente sono per far rivivere un’amicizia e per rendere attori concetti e pratiche per la clinica del lavoro, per un’atmosfera sociale in cui i soggetti vivono. Tutto questo lo stiamo facendo con l’Università delle Persone; è vero che Enzo ha scritto i 10 princìpi formativi per una scuola operante in una società abbondante e immateriale a benessere-bellessere soggettivo e diffuso, ma penso che il sentimento per portare avanti il suo pensiero sia capire che “scoprire è facile se si sa inventare”.
Con ricorsività ho voluto ricordare e magari far conoscere Spaltro. Una ricorsività utile per imparare tramite la bellezza, grazie alla sua ironia costruttiva e al suo umorismo benevolo. Ciao Enzo!
Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni, formatore e consulente per aziende, enti di formazione e scuole. Collabora con l’Università delle Persone (Fondazione Enzo Spaltro) ed è redattore della rivista Psicologia e Lavoro. Collabora con l’Università Politecnica delle Marche (Contamination Lab), con l’Università di Macerata (Laboratorio Umanistico Creatività Innovazione, LUCI) e con l’Università di Urbino (Facoltà di Economia, Dipartimento Economia Società e Politica; Facoltà di Giurisprudenza: Impresa e Cultura e con il Yunus Social Business Centre di Urbino).
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