Obbligo di Green Pass in fabbrica? Parlano gli imprenditori
Emmanuel Macron ha puntato i piedi. Confindustria l’ha seguito a ruota. La decisione del Presidente francese di imporre il Green Pass a tutti coloro che vogliano frequentare ristoranti, cinema e musei, è piaciuta a Francesca Mariotti, Direttrice Generale di Confindustria, che in una lettera circolata all’interno dell’associazione degli industriali ha proposto di estendere il Green Pass anche ai dipendenti delle aziende. Un’idea emersa proprio nelle ore in cui il Governo sta discutendo se effettivamente applicare il nulla osta ai cittadini vaccinati per quanto riguarda l’accesso ai luoghi pubblici.
A svelare il contenuto della proposta è stato il quotidiano Il Tempo, che ha pubblicato lo stralcio della lettera, nella quale c’è tutta la preoccupazione di Confindustria per evitare la reintroduzione di misure restrittive delle libertà personali e per lo svolgimento delle attività economiche. Per questo in Viale dell’Astronomia hanno evidenziato l’importanza degli “strumenti di contenimento della pandemia più evoluti” come la vaccinazione e la proposta di estendere l’utilizzo delle certificazioni verdi (Green Pass) per accedere nei luoghi di lavoro.
L’iniziativa, com’era immaginabile, ha scatenato numerose polemiche, a partire dai sindacati, ma anche nel Governo c’è chi l’ha bocciata (per esempio il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando). Ma che cosa ne pensano gli imprenditori? Brunello Cucinelli, Presidente dell’omonima azienda, ha parlato dell’immunizzazione come “obbligo morale” e si è detto pronto a lasciare a casa chi non si vaccinerà, garantendo però lo stipendio per sei mesi.
Un circolo vizioso: le aperture non sono comunque garantite
Tra gli imprenditori, tuttavia, c’è chi non è per nulla d’accordo. Angelo Marchetti è il CEO di Marlegno, azienda bioedile: a suo giudizio Confindustria e il Governo stanno aggirando il problema, approfittando di una certezza, ovvero la tutela delle aperture. “La nostra esigenza è lavorare, e su questo sono tutti d’accordo”, commenta con Parole di Management. “Purtroppo però il discorso si gioca su una dicotomia: a bloccare le fabbriche possono essere tanto la pandemia quanto i Green Pass”.
Marchetti pone infatti il focus sulla percentuale di dipendenti non disposti a vaccinarsi: “Non si tratta dell’1% del totale, ma di un numero molto più alto, se guardiamo a quante persone mancano ancora all’appello dei vaccini”. La stima non è precisa e non si conosce, ma trova riscontro anche nelle parole della lettera di Confindustria, secondo la quale sono numerose le imprese associate che hanno segnalato percentuali consistenti di lavoratori che scelgono liberamente di non sottoporsi alla vaccinazione. E questo, sempre secondo l’associazione degli industriali, espone a un maggior rischio di contrarre il virus tutti coloro che condividono in maniera continuativa gli ambienti di lavoro.
Per Marchetti – autore del libro L’imprenditore e il manager (ESTE, 2020) – è un circolo comunque vizioso: “Bisogna evitare che la pandemia blocchi la produzione, ma allo stesso tempo il rischio è di frenarla perché non tutti i lavoratori sono disposti a seguire questo obbligo”. Il discorso non può che passare, poi, anche dalle ipotesi. “Il Green Pass non è ancora una legge: vedremo cosa si farà. Rendendo il vaccino una forzatura si alza ancora di più il muro che già si sta creando intorno alle vaccinazioni”. E se la normativa andasse in quella direzione? Per l’imprenditore la legalità resta un punto cardine. “A quel punto chiederei a tutti di adeguarsi, ma rimarrei del mio parere: il Green Pass per lavorare è una forzatura che più che facilitare l’azienda la mette in difficoltà”.
Il pragmatismo delle aziende per superare l’impasse
Di parere opposto è Stefano Giust, Direttore Operativo di Varaschin, azienda specializzata in arredamenti outdoor: “Bisogna rendersi conto, in questo momento, che l’Italia ha l’esigenza assoluta, sanitaria ed economica, di riprendere una vita normale, in sicurezza, ma con una prospettiva di lavoro e guadagno che non sia incerta e preoccupante”. Per il manager i dati scientifici avallano la forza dei vaccini nel contrasto alla pandemia: “Se forzare la mano significa creare una situazione che va a beneficio di economia e sanità, è giusto procedere. Perché si va nella direzione di liberare le persone”.
Un contrappunto alla proposta di Confindustria può essere, però, quello della responsabilità: se il Governo dovesse perseguire l’idea emersa dalla lettera di Viale dell’Astronomia, non si sgraverebbe di compiti importanti – e in questo caso pure scomodi – delegando alle aziende il controllo delle vaccinazioni? Per Giust la provocazione è corretta e condivisibile, ma tutto acquista una luce diversa se inserito nella situazione straordinaria in cui ci troviamo
“Il tema centrale è come riuscire a venirne fuori con pragmatismo ed efficacia”, spiega il manager di Varaschin. “Questo pragmatismo è per definizione la vocazione dell’impresa, che è la realtà del ‘fare’. Il Governo, quindi, si sta avvalendo delle aziende sfruttando la loro capacità concreta e reale. È innegabile che si stia misurando con una situazione che non ha sotto controllo, e sta sopperendo alla mancanza di capacità affidandosi a chi, invece, sa agire velocemente”.
Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.
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