La normalità degli straordinari non pagati
Lavoriamo più ore che mai e lo Smart working ha intensificato il problema. Che si tratti di un’email a tarda notte o di una chiamata di prima mattina, le ore non retribuite sono diventate da tempo parte del lavoro e i giorni dedicati alle attività lavorative si accumulano rapidamente.
Nel Regno Unito, prima della pandemia, più di 5 milioni di lavoratori lavoravano in media 7,6 ore in più a settimana: quantificato in numeri significa 35 miliardi di sterline (circa 41,5 miliardi di euro) di straordinari non retribuiti. Ora invece, secondo i dati globali dell’istituto specializzato in analisi del mercato e delle performance ADP Research Institute, una persona su 10 afferma di lavorare almeno 20 ore a settimana ‘gratuitamente’; e in media, i lavoratori registrano 9,2 ore di straordinario non retribuito ogni settimana. Sulla scia dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19 le cifre del superlavoro sono nettamente aumentate in tutto il mondo.
Il lavoro a distanza ha poi intensificato il problema. La giornata lavorativa media globale si è allungata di quasi due ore e i confini tra lavoro e vita privata si fanno sempre più sfumati: per molti lavoratori della conoscenza, oltre agli uffici sono scomparse le pause pranzo; inoltre le caselle di posta si riempiono durante la colazione, le scadenze si riversano alla sera e le riunioni online si svolgono a qualsiasi ora. Per molti, insomma, restare connessi oltre l’orario di lavoro tradizionale e concordato è diventata un’ovvietà piuttosto che un’eccezione. Ma raramente è esplicitato verbalmente, tanto meno per iscritto. Si tratta piuttosto di una tacita ‘intesa’ tra datore di lavoro e collaboratore, chiamato a mettere da parte gli orari contrattuali.
Dagli Anni 80 gli orari di lavoro si sono allungati
Il Covid-19 potrebbe aver esacerbato il problema, ma gli straordinari non retribuiti fanno parte della vita di chi lavora. Verso la metà del XX secolo, con l’ingrossarsi delle fila della classe media, i posti di lavoro in fabbrica sono diminuiti, mentre le giornate lavorative si sono progressivamente allungate. Grace Lordan, Professore Associato di Scienze Comportamentali alla London School of Economics di Londra ha individuato negli Anni 80 il punto di svolta: nel Regno Unito e negli Stati Uniti, il thatcherismo e i ritmi di Wall Street hanno sdoganato l’idea di orari lavorativi sempre più lunghi.
In questo modo, il lavoro straordinario è diventato uno status symbol: per avere un’eccellente promozione bisogna dedicare anima e corpo al lavoro. “Negli Anni 50 gli impiegati vedevano le loro famiglie a cena. Negli Anni 90 sarebbero stati fortunati a vederle nei fine settimana”, ha commentato Lordan. Ad accelerare ulteriormente questo processo è stata la tecnologia e, da ultima, la pandemia e con essa il lavoro a distanza.
Nella tendenza generale si inseriscono poi alcune specifiche legate a particolari spicchi professionali. Sui lavori creativi, ad esempio, pesa l’idea che chi li svolge goda di un privilegio dal quale deriva però l’assunto che lavorare alcune ore in più sia in qualche modo un pegno da pagare. In ambito finanziario trascorrere una nottata al lavoro è un rito di passaggio.
I giovani restano i più fragili tra i lavoratori
Se le aziende impongono lunghe giornate di lavoro in ufficio e straordinari non pagati, è difficile per i dipendenti valutare con serenità la decisione da prendere. Ecco perché, anche nel mezzo di una pandemia, sono tornate pratiche ben diffuse in epoca precedente al virus: le grandi società finanziarie note per una spiccata cultura del superlavoro hanno già chiesto al personale di tornare in ufficio cinque giorni alla settimana. Se milioni di persone in tutto il mondo stanno lasciando il lavoro in nome di un più armonioso equilibrio con la loro vita privata – per la maggior parte dei casi si tratta di persone che possono in qualche modo permettersi di farlo – spesso le generazioni più giovani non godono della stessa possibilità.
Se anche il problema venisse affrontato da un eventuale intervento governativo, dicono gli esperti, quest’ultimo si rivelerebbe poco efficace senza la collaborazione dei responsabili all’interno dei luoghi di lavoro. In Giappone e in Corea del Sud, per esempio, le pressioni socioculturali ancora prevalgono sugli sforzi normativi di molte aziende: sono i capi azienda, non i Ministri, a dettare la linea sulla prassi aziendale.
Nonostante questo, la pandemia ha reso il tema più attuale che mai e il dibattito intorno agli straordinari e alla cultura del lavoro sta coinvolgendo sempre più persone. Lordan ha citato come esempio il recente caso della banca statunitense Goldman Sachs: i giovani banchieri hanno ottenuto un aumento di stipendio dopo aver sollevato il problema delle 95 ore di lavoro settimanali che erano ormai diventate parte della loro routine. E che come tale è stata riconosciuta anche a livello economico.
Fonte: BBC
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
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