Creatività

Il lavoro a distanza stimola creatività e innovazione

Se si temeva che il lavoro a distanza, massicciamente emerso a partire dall’inizio della pandemia, potesse ostacolare l’innovazione, è ora smentito: due studi indipendenti sono giunti alla conclusione che sia avvenuto, semmai, il contrario.

Una ricerca pubblicata dal Mit Sloan di Cambridge, Massachusetts, condotta da un team guidato da Ben Laker, Professore all’Università di Reading, riporta che per alcune aziende in regime di Smart working il ritmo dell’innovazione è accelerato, portando a risultati migliori per collaboratori e clienti. Stesso punto di vista per Leigh Thompson, Docente alla Northwestern University, che ha così commentato il trend: “Si potrebbe presumere che i grandi cambiamenti nel modo del lavoro stiano mettendo a dura prova la creatività aziendale. Sulla base delle ricerche svolte negli ultimi due decenni alla luce della perdita di connessioni e interazioni faccia a faccia più spontanee, crediamo che il passaggio al lavoro a distanza abbia il potenziale per migliorare la creatività e l’ideazione di gruppo, nonostante la ridotta comunicazione di persona”.

Secondo le conclusioni dei due team, il passaggio al lavoro a distanza ha aperto la strada a una maggiore interazione, condivisione delle informazioni e innovazione. C’è però da ammettere che certi aspetti – per esempio la condivisione delle conoscenze e la collaborazione tra le persone – erano un processo sconnesso e problematico ben prima di Covid. Uno studio su 200 dirigenti, sviluppato e scritto dall’analista indipendente Joe McKendrick e dalla sua squadra, ha riscontrato che solo il 41% degli intervistati e delle intervistate dichiara di essere sicuro che le conoscenze documentate dalla propria azienda siano quelle più aggiornate e affidabili; e solo il 12% ha dichiarato di essere completamente fiducioso. Trovarsi improvvisamente a dover lavorare con una serie di limitazioni, prima del Covid estremamente secondarie se non del tutto inesistenti, ha spinto quindi molte organizzazioni a cercare di risolvere problemi che già esistevano.

“I vincoli stimolano il pensiero creativo. Lavorare entro i limiti ci spinge a risolvere i problemi in modi che prima non avremmo preso in considerazione”, ha sottolineato Thompson, facendo notare come le riunioni virtuali impongano per definizione più vincoli alla comunicazione e alla collaborazione rispetto alla modalità in presenza. È probabile, per esempio, che elementi come i ‘facilitatori di riunioni virtuali’ che agiscono sulla dimensione dei gruppi di lavoro e sui limiti di tempo, il fatto che possa parlare solo una persona alla volta, le disposizioni dei ‘posti’ assegnate dalla piattaforma e non dai singoli e la limitazione dell’accesso visivo portino le persone coinvolte oltre i loro abituali modi di pensare, stimolando la creatività.

Fuori dalla comfort zone si accendono le idee

A differenza delle riunioni in presenza, in cui si tende verso conversazioni incrociate simultanee, le riunioni virtuali rendono infatti quasi impossibile che più di una persona parli contemporaneamente. Questo costringe a concentrarci sull’input individuale e diventa più facile ascoltare i partecipanti meno ‘rumorosi’ rispetto al mondo fisico, nel quale è frequente che questi ultimi attirino meno l’attenzione.

Inoltre, negli incontri faccia a faccia è comune che tra colleghi si condividano chiacchiere e battute, che dal punto di vista di Thompson hanno la conseguenza involontaria di rafforzare il conformismo e restringere l’attenzione creativa. In una riunione virtuale questo è molto più difficile e l’effetto, per il docente è di favorire le interazioni tra persone che si conoscono di meno, stimolando la creatività.

Infine, fa notare ancora Thompson, la possibilità, ormai diventata pratica diffusa, di registrare le riunioni avvenute sulle piattaforme di videochiamate si è dimostrata particolarmente proficua per portare a compimento gli sforzi creativi emersi durante l’incontro. Tornare a dare uno sguardo alle idee raccolte durante un meeting è diventato più facile e anche le idee scartate, delle quali nei report non resta traccia, diventano un seme dal quale può sempre crescere qualcosa.

Fonte: Forbes

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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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