Il lavoro è importante, ma anche la salute
E morì come tutti si muore
come tutti cambiando colore.
Non si può dire che sia servito a molto
perché il male dalla terra non fu tolto.
Ebbe forse un po’ troppe virtù…
(Fabrizio De André, Si chiamava Gesù)
Sono questi i versi che mi son venuti in mente ad aprile 2020 e son ritornati a ottobre: trasversalmente poteva essere la colonna sonora delle informazioni che arrivavano dalla televisione. Ai primi giorni di dicembre ci ripenso e so di aver ascoltato brani sobri e discreti, senza fronzoli, Philip Glass, Steve Reich, John Adams, Louis Andriessen. Compositori che hanno fatto come il virus: dire agli ascoltatori di cambiare le proprie abitudini. Proprio mentre faccio una pausa durante la scrittura, vedo che mi è arrivata sulla posta elettronica una email da Spotify: “Scopri che sound ha avuto il 2020”.
Le coordinate estetiche sono quelle che hanno vinto sulle scelte e sulle decisioni del 2020, le emozioni sono state tante e non è vero che la tristezza deve rimanere dentro il quadrato, come nella scena del film di animazione prodotto dalla Pixar, Inside Out: comprendiamo la sua funzione!
Abbiamo avuto bisogno di silenzio, non avrei creduto che nella velocità del quotidiano, e a pensarci bene sembra che siamo tutti abituati alle parole del Manifesto del Futurismo del poeta Filippo Tommaso Marinetti: “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa con il suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia”.
Nell’anno della pandemia sono cambiati l’ambiente, il lavoro e la cultura. Siamo ormai oltre la metà del 2021. Abbiamo sentito parole che andavano da fedi religiose a credi politici, ma non c’entra né la religione né la politica. Riuscire a far dialogare il mindscape con il landscape è stata la necessità per poter reinventare la vita, per uscire dalla trappola.
L’uomo si realizza attraverso il fare
Immaginiamo due binari: in uno possiamo comprendere il “senso segreto delle cose” (dal titolo del libro del poeta Lawrence Ferlinghetti); nell’altro “la grana delle cose” (dal titolo del libro del poeta Gary Snyder), tutte le traversine che incontriamo nel nostro viaggio sono le nostre emozioni.
Siamo persone che non vivono di biochimica: certo è bellissimo sapere come e perché proviamo quello che proviamo, in fondo è questa la domanda che si fanno molte persone. Vi piace di più se dicessi “tra i nostri lobi temporali si trova una struttura a forma di mandorla chiamata amigdala, il centro di comando delle nostre emozioni; è lei che aumenta il battito cardiaco, fa contrarre gli arti e le palpebre e ordina alle ghiandole di rilasciare ormoni”, oppure se ci dicessimo che cosa proviamo a osservare l’immagine del quadro Il bacio del pittore Gustav Klimt?
Sommiamo queste due descrizioni, correlate tra di loro, e ognuno di noi provi a chiudere gli occhi per 10 minuti. Immaginatevi come una nuova generazione con una forte base tecnica della vostra professione, consapevoli di aver creato un vostro stile personale, felici di aver realizzato qualcosa che non c’era prima. Come state? Come vi vedete?
Se siamo riusciti in questa visualizzazione, probabilmente siamo stati fuori da meccanismi ripetitivi. Come nella musica, penso alle parole del compositore Michael Nyman: “Se un’esperienza musicale è soddisfacente dovrà sempre dare all’ascoltatore la sensazione di aver utilizzato un tempo diverso da quello esistente prima e dopo di essa”. Fermare le attività è stato il monito della primavera 2020 e forse in maniera più dolce lo è stato per l’autunno e seppur in parte per la primavera 2021. Fermare le attività, non lo studio, la ricerca e soprattutto le riflessioni. Gli strumenti per stare in contatto con le organizzazioni, così come le piattaforme per lavorare online e per relazionarsi non sono mancati.
Sono diverse le organizzazioni osservate in questi anni. Ho sempre più desiderio di confrontarmi con categorie di persone come gli imprenditori, che dire preziosi è poco. Abbiamo bisogno di dardi.
Da chi abbiamo imparato la ‘lezione’? Vorrei imparare quella del canarino, un tema caro di emozioni e rappresentazioni, descritto con grande perizia dallo scrittore Raffaele La Capria. Il passaggio è proprio questo, con un dribbling decisivo: “Bisogna rappresentare e non dire quello che è accaduto”.
Sento che le organizzazioni più vive sono cariche di poesia. Il nostro occhio dovrà essere attento più che mai al fare, perché solo facendo – essendoci – si realizza l’arte e l’artista, l’uomo. Il compositore Igor Stravinskij, nella sua Poetica della musica, nelle sue lezioni all’Università di Harvard ci presenta la sua concezione del fare arte in maniera vasta ed esemplare, proprio per il motivo che fa partire tutto dalla poesia: “Non possiamo, infatti, prendere conoscenza del fenomeno creativo indipendentemente dalla forma che manifesta la sua esistenza. Ebbene, ogni processo formale deriva da un principio, e lo studio di questo principio richiede precisamente quello che si chiama dogma. In altri termini, il bisogno che abbiamo di far prevalere l’ordine sul caos, di far risaltare la linea retta del nostro operato dal groviglio delle varie possibilità e dall’indecisione delle idee presuppone la necessità di un dogmatismo. Il fatto stesso di ricorrere a ciò che chiamiamo ‘ordine’, lo stesso ordine che ci permette di dogmatizzare sul tema che trattiamo, non soltanto ci induce ad apprezzarlo, ma ci invita a mettere la nostra personale attività creatrice sotto l’egida di questo dogmatismo”.
Stravinskij ci insegna a leggere i legami e le relazioni, e lo fa con il suo linguaggio. Il ruolo dello psicologo nel contesto organizzativo ha il compito di lavorare su questi legami interpersonali che costruiscono l’organizzazione e si attivano in funzione al ruolo del musicista, del direttore, per rimanere nella metafora.
Le nuove metafore organizzative per il Terzo Millennio
E sono qui a pensare alle metafore organizzative di cui si parlava negli Anni 80. Al lettore filologo tornerà al pensiero Images. Le metafore dell’organizzazione dell’esperto di comportamento organizzativo Gareth Morgan, che ha dato enormi contributi alla ricerca sociale con approcci innovativi alla teoria dell’organizzazione. Potevamo vedere le organizzazioni come macchine, organismi, sistemi culturali, sistemi politici, prigioni psichiche, cambiamento (flusso) e dominio (strumenti di potere).
Non possiamo reinventare la nostra organizzazione fino a quando non sappiamo come pensiamo, perché essa è un sistema evolutivo. Qual è la sua grammatica? C’è bisogno di parole forti, di senso, precise, schiette: è da qui che vorrei partire per leggere e costruire le metafore delle nuove organizzazioni.
Se qualcuno mi chiedesse di consigliargli un libro, gli domanderei perché. E se mi dovesse rispondere “sono un imprenditore, un marito e un padre di famiglia e voglio guardare al futuro”, gli consiglierei Il nostro futuro (edito da Feltrinelli) di Alec Ross, esperto di tecnologie. Già dal sottotitolo c’è il motivo: Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni. I semi di tutto quello che ha scritto Ross li possiamo ritrovare nella sua storia di vita: ha origini italiane e per un periodo ha studiato in Italia, all’Università di Bologna; questo molti anni prima di diventare Senior Advisor per l’Innovazione della Segreteria di Stato degli Stati Uniti, guidata allora da Hillary Clinton.
Essendo entrato in contatto con le massime aziende tecnologiche, Ross può dirci quali saranno i cambiamenti che affronteremo e quale sarà l’economia che verrà. Non nascondo che, per parlare di persone, di benessere e futuro, ho affiancato la lettura che sto consigliando a un’altra: Spaghetti robot del giornalista Riccardo Oldani. La domanda che ho nella pancia è: che cosa dovrà essere trasformato e come cambieremo per poter mantenere i nostri ruoli? Lavorando con le persone sia privatamente sia in aziende, molto probabilmente un’area da curare è proprio quella che riguarda i robot e posti di lavoro. Qui le persone si arrabbiano, sentono di subire un torto da parte del futuro.
All’imprenditore (padre e marito) ho spiegato che potremo ragionare insieme che il modo in cui le società si adatteranno giocherà un ruolo chiave nel determinare quanto stabili e competitive saranno. È pur vero che ognuno di noi in questi anni ha cercato di far sua la celebre frase dello scrittore H.G. Wells, “adattarsi o perire”. È qui che abbiamo bisogno della consulenza nelle varie dimensioni, nelle varie aree dell’azienda, in primis sulle persone, per poter individuare le competenze dei nostri collaboratori, quali sono i poli di innovazione, come riuscire a vedere le competenze settoriali, se la soggettività delle persone si incontrerà con la geopolitica e chi ha competenze analitiche.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)
Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni, formatore e consulente per aziende, enti di formazione e scuole. Collabora con l’Università delle Persone (Fondazione Enzo Spaltro) ed è redattore della rivista Psicologia e Lavoro. Collabora con l’Università Politecnica delle Marche (Contamination Lab), con l’Università di Macerata (Laboratorio Umanistico Creatività Innovazione, LUCI) e con l’Università di Urbino (Facoltà di Economia, Dipartimento Economia Società e Politica; Facoltà di Giurisprudenza: Impresa e Cultura e con il Yunus Social Business Centre di Urbino).
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