La guerra cancella la globalizzazione, siamo tornati allo scontro Ovest-Est?
La guerra di aggressione russa in Ucraina svela definitivamente la frattura della globalizzazione (pur asimmetrica), che sembrava consolidata dopo la caduta del muro di Berlino del 1989. Gli equilibri economici e sociali guidati dal capitalismo neoliberista, che avrebbero dovuto orientare il mondo nel XXI secolo, sembrano anch’essi in frantumi con democrazie sotto attacco che necessitano di partecipazione e alta instabilità economico-finanziaria, con volatilità dei valori borsistici ostaggi di scarsità di materie prime alimentari (e non) oltre che energetiche. Instabilità e incertezze globali hanno preso il sopravvento e i sussulti di sfiducia nella caduta delle Borse, di fronte alle migliaia di morti di una guerra insensata, sono lì a testimoniarlo, avvitando viziosamente l’economia globale tra stagnazione e inflazione (stagflazione) in una tempesta di sfiducia.
L’idea semplice è che la globalizzazione, dove è possibile, apporta i benefici che conosciamo delle economie aperte e interdipendenti, integrando i sistemi economici e di regolazione con il commercio internazionale anche attraverso la leva dei vantaggi comparati di specializzazione, ma solo in condizioni di stabilità e pace condivise. Inoltre, almeno in parte, quella spinta avvolge anche i sistemi politici e istituzionali oltre i confini delle aree omogenee della Triade di Ohmae (Usa-Canada, Unione europea, Giappone e area del Pacifico orientale), allargando il campo delle regole tecniche, sociali, di lavoro e produttive per ‘risonanza’ tra un Continente e l’altro. Quindi all’interno dell’area dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) – il cosiddetto Occidente – avrebbe visto proseguire tale processo accelerandolo in condizioni di stabilità adeguate.
Con la Cina è stato più difficile, ma con il dopo Mao Tse-tung, nel Paese di Deng Xiaoping, il disgelo si è avviato ed è stato certo irreversibile (partendo dall’ex Presidente Usa Richard Nixon), per il citato disaccoppiamento che ha visto, per esempio, l’interscambio Usa-Cina in continua espansione con ‘l’Impero di mezzo’ che detiene una quota rilevante del debito americano. Così come la Russia del dopo Mikhail GorbaciovBoris Eltsin: con George H.W. Bush prima e Bill Clinton dopo si era cercato una ‘inclusione’ di Mosca con Vladimir Putin tra la fine del Novecento e l’inizio del XXI secolo.
Molto più difficile la situazione dal 2007, con la Russia alla ricerca di una ricostruzione del proprio ruolo imperiale nel mondo, nonostante le note dipendenze energetiche e dalle materie prime dell’Occidente, che la tragedia ucraina paradossalmente ridurrà spingendo i Paesi dell’Ovest (e non solo) ad accelerare verso rinnovabili e fonti alternative a breve, dato l’avvitamento di prezzi e inflazione in corso. Tuttavia lo scenario genererà, nei prossimi decenni, effetti socio-demografici, di sicurezza energetica e alimentare, ambientali e di fiducia che si stanno delineando, a meno di un netto (non improbabile) regime change a Mosca e di una entrata rapida nell’Ue dell’Ucraina, che potrebbero attenuare le fratture profonde innescate dal conflitto.
Poi ci sono le altre realtà di un mondo multi-polare che andranno incluse, perché tale crisi globalizzata (ambiente e covid-19 docet) confidiamo possa ridurre i nazionalismi isolazionisti consolidati negli ultimi 30 anni, dall’India al Middle East, dall’Africa al Sudamerica e dentro lo stesso Occidentale, riaccoppiando interdipendenze virtuose e dialogo. Con un conflitto che non è solo tra regimi politici democratici e autocratici, ma anche tra capitalismi democratico-partecipativi (euro-nippo-occidentali) e corporatisti (russo-orientali e cinesi) dovremo saper meglio distinguere, facendo derivare comportamenti più trasparenti e coerenti nella gestione dei business globali guardando a giustizia, diritti umani ed equilibri ambientali oltre che a diritti commerciali… Because business is not always usual!
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Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali, Università degli Studi di Milano
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