Quando è l’HR a lavorare da remoto
Nello studio legale Portolano Cavallo, attivo in Italia nei settori Digital, Media & Technology e Life Science, il lavoro flessibile è consentito a ogni livello di anzianità da oltre sette anni. Giorgia Vitanza è la Responsabile delle Risorse Umane e dal 2011 collabora con lo studio: dal 2015 vive in Brasile, da dove gestisce tutte le attività HR, seguendo sia staff sia professionisti (più di 60 persone). Prima della pandemia, la manager trascorreva sei mesi lontano dall’Italia e i restanti nel nostro Paese, in modo non continuativo, in base alle esigenze lavorative.
Da febbraio 2020 a oggi, invece, ha continuato a gestire tutte le attività dal Brasile. “Ho iniziato a lavorare da remoto quando ancora questa modalità non era così diffusa e la tipologia di mansioni era differente in base al luogo in cui mi trovavo”, spiega Vitanza. Quando era in Italia, partecipava a riunioni in presenza, organizzava incontri formativi per il personale, presenziava a eventi come fiere di settore e si occupava, in generale, di aspetti operativi. In Brasile, invece, il lavoro era più basato sulla progettualità e sulla creazione di processi: “C’erano due anime nel mio ruolo, una più riflessiva e l’altra più relazionale”, sintetizza la manager, aggiungendo che ha sempre preferito la videochiamata all’email o alla classica telefonata, perché voleva almeno vedere in volto le persone con cui collaborava. Vitanza è una ‘pioniera’ nei colloqui di selezione e del processo di recruiting da remoto, che utilizza dal 2015: “Noto che c’è ancora resistenza in Italia riguardo i video colloqui, ma credo sia una grande opportunità che, nel nostro caso, ci ha permesso di scegliere persone molto valide a prescindere dalla loro collocazione geografica. Attualmente lavorano in Portolano Cavallo diverse persone che non vivono nelle città in cui abbiamo le sedi”.
Inoltre, secondo la manager i candidati in video si sentono meno sotto pressione rispetto al colloquio di persona ed emergono di più. Per quanto riguarda quelli gestionali periodici con i collaboratori, che prima erano svolti in presenza, Vitanza non ha notato grande differenza da quando li conduce online: “Ho avuto addirittura contatti più frequenti con le persone da remoto, perché se fossi stata in presenza ci saremmo visti sicuramente di meno, dato che mi muovevo molto tra Roma e Milano”, specifica. La manager è consapevole che nelle aziende manifatturiere sarebbe più difficile svolgere questo tipo di mansioni da remoto, dato che spesso esiste la figura di HR di stabilimento che lavora nei siti di produzione e si occupa anche di relazioni sindacali, più rare nel suo settore. “Nel mio caso, comunque, sarebbe stato difficile iniziare il rapporto di lavoro direttamente a distanza, perché le Risorse Umane, almeno all’inizio, devono vivere e conoscere le persone”, è la sua tesi.
Mantenere l’aspetto relazionale è la parte più difficile
Passando all’atto pratico, dal 2020 con la pandemia la routine lavorativa di Vitanza è cambiata: “Innanzitutto ci sono quattro o cinque ore di fuso orario tra Italia e Brasile, quindi la mattina italiana corrisponde alla ‘mia’ notte e lo studio si è sempre comportato di conseguenza, non cercandomi mai prima delle ore 12 italiane. Ovviamente, se ci sono riunioni o questioni importanti nella mattinata mi organizzo di conseguenza, a prescindere dal fuso orario”. Lo studio legale ha molti clienti stranieri, soprattutto statunitensi, quindi tutti sono abituati a lavorare con fusi orari differenti: “I colleghi apprezzano che io sia disponibile nelle loro ore serali, per esempio alle 22 italiane, quando per me è pieno pomeriggio”. Vitanza racconta che è proprio l’aspetto relazionale quello che le è mancato di più negli ultimi due anni di lavoro a distanza, quindi ha organizzato appuntamenti e caffè virtuali costanti con alcune colleghe e call ricorrenti con i collaboratori che non riguardano il lavoro.
La Responsabile HR punta l’attenzione anche sull’organizzazione e l’ergonomia della postazione lavorativa. “Nel 2015 in Brasile ho dovuto scegliere una casa che avesse un piccolo studio con connessione a internet veloce, ancora non molto diffusa: è stato fondamentale per il mio lavoro”, spiega. Vitanza in Brasile adotta gli stessi ritmi operativi che aveva in Italia, facendo attenzione a crearsi alcuni momenti di pausa che nella sua esperienza tendono a scarseggiare da remoto, rispetto alla presenza: “La mia pausa pranzo, per esempio, corrisponde al pieno pomeriggio italiano, che è il momento più attivo della giornata nello studio, ma riesco a ritagliarmi qualche minuto libero”. L’obiettivo, indipendentemente dal luogo di lavoro, per la Responsabile HR resta comunque trasmettere e mantenere gli stessi valori e comportamenti virtuosi che si hanno in presenza.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
HR da remoto, Giorgia Vitanza, Portolano Cavallo