La trasparenza come leva di motivazione della Generazione Z
I giovani lavoratori della Generazione Z sono cresciuti in un mondo in cui moltissime informazioni sono a portata di clic. E in cui sono in grado di trovare le risposte a molte più domande rispetto alle persone delle generazioni che le hanno precedute. Una volta entrati nel mondo del lavoro, però, i più giovani si scontrano con realtà dove non sempre le informazioni sono accessibili e manca la volontà di condividere contenuti e processi. Questo divario fa sì, ha fatto notare Forbes, che queste persone non si sentano in grado di reperire le informazioni di cui hanno bisogno e spesso ciò si traduce nell’abbandono della ‘missione’.
Per questa ragione sono molti i leader che stanno riflettendo su quanto sia importante mettere i nuovi lavoratori in condizione di conoscere al meglio l’ambiente in cui si muovono, anche attraverso una maggiore trasparenza. Un dirigente anonimo, intervistato dalla testata statunitense, ha raccontato come stia cercando di incentivare la produttività della Generazione Z, in primo luogo fornendo tutte le informazioni di cui necessita: “A ciascuno dei miei nuovi assunti propongo un elenco di cinque persone che devono incontrare in azienda e le conoscenze di base di quelle figure. Affido loro il compito di organizzare riunioni, incontrarsi faccia a faccia e intervistarli. Poi mi forniscono un riassunto di ciò che hanno imparato. Ne sono scaturite alcune discussioni davvero ricche”.
Dalla cultura della conoscenza a quella della condivisione
Quello che i più giovani sembrano chiedere è il passaggio da una cultura della conoscenza a una cultura della condivisione sul posto di lavoro, dove la privacy è sostituita con una trasparenza permanente. Un’esigenza che probabilmente dipende anche dal fatto di essere, in quanto nativi digitali, nati e cresciuti con i social network che hanno fatto della condivisione delle proprie esperienze – dalle foto agli avvenimenti più significativi della propria vita – una bandiera. Questo modello con le ultime generazioni si è trasferito anche nella cultura del lavoro.
I lavoratori più giovani sono cresciuti, ha approfondito Forbes, con la convinzione di avere il diritto di partecipare e di far sentire la propria voce e i manager più lungimiranti stanno incoraggiando le persone a farlo anche al lavoro. La partecipazione al processo decisionale, insieme con una maggiore collaborazione, tende a ridurre lo stress, aumentare la fiducia e creare una cultura in cui le persone hanno maggiori probabilità di affrontare con successo le sfide e di trovare soluzioni. È quella che è definita trasparenza proattiva e che trova espressione anche, per esempio, nei ristoranti. Uno studio dei ricercatori della Harvard business school ha rilevato un aumento del 17% della soddisfazione dei clienti per il cibo e un servizio più veloce del 13% nei ristoranti con una cucina a vista, dove si possono vedere i cuochi al lavoro. I consumatori si sentono parte del processo creativo e i lavoratori sembrano essere più premurosi e precisi sapendo di essere osservati. Questo vale in cucina: perché non può valere anche in ufficio?
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
trasparenza, Generazione Z, cultura della condivisione