Organizzazione_pace

Dall’idea di pace ai comportamenti organizzativi

Che cosa viene in mente se chiedo di pensare alla pace? Di solito le ricerche, specie quelle quantitative e svolte presso un campione rappresentativo della popolazione italiana, propongono domande precise, fondate su alternative predefinite: scegli tra A, B, C; per quale partito voti? Sei a favore o sei contro l’invio delle armi? Ma ogni risposta resta isolata, chiusa in un orizzonte limitato. E parla di che cosa ci è stato chiesto, non di che cosa pensiamo. 

Si può fare di meglio. In una ricerca a cura di Assoetica e dell’istituto Scenari, condotta nella settimana tra il 13 e il 17 giugno 2022, abbiamo sondato l’opinione degli italiani a proposito della pace usando il metodo ‘trasformazione ludico-onirica’. La domanda ‘che cosa è per te la pace’, formulata a chiare lettere, spinge inevitabilmente a risposte superficiali o parziali. Anche a volerci provare, non sapremmo che cosa dire, o come dirlo. Se invece ci viene proposto di associare la pace a una qualche immagine che appartiene al nostro immaginario, ecco che viene alla luce il nostro profondo modo di sentire. 

Il personale modo di intendere la pace si traduce in una posizione a proposito del presente conflitto in Ucraina e anche in un giudizio rispetto alle immediate conseguenze politiche, sociali, economiche della guerra, per ognuno di noi. Ma a ben guardare l’atteggiamento rispetto a quel bene così importante che è la pace, spiega anche il nostro modo di essere cittadini e lavoratori. 

Possiamo quindi utilizzare i risultati della ricerca per descrivere i comportamenti organizzativi degli italiani. Si parla tanto di grandi dimissioni e di organizzazioni tossiche, e gode di crescente considerazione sociale l’affermazione che siccome you only live once (si vive una volta sola), non vale la pena di impegnarsi nel lavoro. Che cosa pensano gli italiani a questo proposito? La ricerca ci aiuta a farci un’idea. 

Pace_Assoetica

Vale ancora la pena impegnarsi al lavoro? 

Conosciamo tutti qualche collega o collaboratore impaurito, spaventato, terrorizzato, vittima di un timore paralizzante, che impedisce di pensare, scegliere, agire. La ricerca colloca gli appartenenti a questo gruppo (i “tremebondi”) al di sotto del 2%. 

Ben più importante, sia per numero di appartenenti sia per caratteristiche distintive, è il gruppo che definiamo “dipendenti”. Qui non c’è timore paralizzante. C’è però dipendenza. C’è un’insicurezza che si traduce nell’incapacità di assumere posizioni autonome. C’è bisogno di protezione. C’è tendenza a consumare senza preoccuparsi del costo e delle conseguenze. C’è il dare per scontato che siano altri a decidere e ad assumersi responsabilità. C’è conformismo: disponibilità ad aderire alle posizioni di un leader; disponibilità a credere ai messaggi che giungono per via digitale. 

Ancora più numeroso il terzo gruppo (“gaudenti”). Qui non ci sono paure bloccanti. Non c’è dipendenza da autorità esterne. C’è invece una notevole consapevolezza. C’è autostima. C’è una conoscenza solida della situazione e del contesto. C’è un acuto senso del bello. C’è attenzione ai valori. Primo fra tutti quello della vita. 

Ma il valore della vita è inteso come you only live once. Si cerca quindi godimento, piacere, spazio per sé. Si rimuove il ricordo dei padri che ci hanno garantito questa ricchezza. Sebbene si comprenda benissimo il senso della sostenibilità, vi si aderisce in modo astratto. Si aderisce solo fino al punto in cui l’adesione comporta rinunce, sacrifici personali. 

Si comprende benissimo anche il funzionamento organizzativo, il necessario equilibrio economico dell’azienda in cui si lavora. Si ha anche una percezione precisa del contributo che le personali conoscenze e il saper fare potrebbero portare all’organizzazione di cui si fa parte, ma si sceglie di limitare la partecipazione, il coinvolgimento, l’impegno personale in funzione del personale piacere, dell’immediata utilità, soggettivamente valutata. È confortante che il gruppo sia così numeroso: si tratta di cittadini e lavoratori adulti, ricchi di potenzialità; è sconfortante che questa maggioranza relativa degli italiani, pur essendo in grado di assumere responsabilità, scelga di non assumerne. 

L’organizzazione è un luogo da vivere 

Esiste infine – non poteva mancare – un quarto gruppo (“coscienti”). I cui membri, come i quelli del gruppo sopra descritto, sono consapevoli, esperti, dotati di autostima. Come i membri del gruppo precedente sanno provare piacere e amano la bellezza. Ma, a differenza dei membri del gruppo precedente, la loro consapevolezza non si ferma all’egoismo e all’edonismo. La bellezza, la vita stessa, hanno un costo che qualcuno deve pagare. I membri di questo gruppo non rimuovono gli aspetti onerosi della vita. E soprattutto sono disposti a rinunciare a una quota di godimento, di piacere, in funzione della riproduzione del godimento e del piacere.  

Sono quelle persone che accettano con lucidità di rinunciare a tempo per sé, perché pensano che la vita non abbia senso senza gli altri e la società. Non dimenticano di chiedersi da dove vengono gli agi di cui disponiamo. Si preoccupano di condividere ed educare. Non rifiutano il lavoro. Non pensano che la realizzazione personale consista nell’ampliare il tempo libero. Non pensano che l’organizzazione sia un peso del quale liberarsi. Pensano, al contrario, che sia un luogo dove stare. 

Potremmo commentare recriminando: appartengono ai “coscienti” solo un quinto degli italiani. O potremmo al contrario rallegrarci e dire: sono ben un quinto! In ogni caso, a conferma del fatto che si tratta, numericamente, di una minoranza sta un’ultima evidenza che traiamo dalla ricerca: se chiediamo di dichiarare l’accordo pieno con l’affermazione: “La pace può essere raggiunta attraverso l’uso delle armi da parte di Paesi che si difendono da aggressioni”, il 22% si riduce al 13%. 

Nota sulla storia della ricerca 

La ricerca è stata curata da Anna Montescuro (Istituto Scenari), Antonella Pogliana (ricercatrice esperta del metodo test di trasformazione ludico-onirico) e Francesco Varanini (Assoetica APS).
È stato somministrato un questionario via Cawi a un campione rappresentativo della popolazione italiana, con un piano di campionamento costruito su dati Istat aggiornati al 2022. Sono state raccolte 912 risposte. La ricerca si è svolta tra il 13 e il 17 giugno 2022. 

Nota metodologica

Il metodo adottato – test di trasformazione ludico-onirico – è stato creato dalla psicologa e ricercatrice universitaria Laura Frontori. È ampiamente descritto nel suo libro, Il mercato dei segni (Cortina, 1986). Il metodo si fonda sull’uso di immagini come mezzo per far emergere, attraverso il linguaggio della metafora, le radici psicologiche, simboliche e affettive da cui discendono scelte e comportamenti sociali. Il metodo è stato largamente usato in ricerca marketing oriented, dalla stessa Frontori, e poi ulteriormente elaborato da Antonella Pogliana, per lunghi anni Direttrice di Ricerca di importanti istituti.

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Francesco Varanini

Francesco Varanini è Direttore e fondatore della rivista Persone&Conoscenze, edita dalla casa editrice ESTE. Ha lavorato per quattro anni in America Latina come antropologo. Quindi per quasi 15 anni presso una grande azienda, dove ha ricoperto posizioni di responsabilità nell’area del Personale, dell’Organizzazione, dell’Information Technology e del Marketing. Successivamente è stato co-fondatore e amministratore delegato del settimanale Internazionale. Da oltre 20 anni è consulente e formatore, si occupa in particolar modo di cambiamento culturale e tecnologico. Ha insegnato per 12 anni presso il corso di laurea in Informatica Umanistica dell’Università di Pisa e ha tenuto cicli di seminari presso l’Università di Udine. Tra i suoi libri, ricordiamo: Romanzi per i manager, Il Principe di Condé (Edizioni ESTE), Macchine per pensare.

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