Manager in smart e impiegati in ufficio
Con la pandemia, come è noto, il lavoro ibrido, che abbina presenza in ufficio e attività da remoto, ha registrato una forte diffusione; il tutto consentendo maggiore flessibilità e libertà nell’organizzazione del tempo e nella gestione delle diverse attività. Tuttavia – secondo uno studio condotto a luglio 2022 dalla piattaforma di sviluppo software Gitlab e da Qatalog, società di consulenza dedicata al lavoro in ambito digitale, su un campione di 2mila persone negli Stati Uniti e nel Regno Unito – i vantaggi del lavoro flessibile sarebbero riservati per lo più ai manager (74%) e solo in minima parte ai lavoratori, in particolare quelli junior (24%).
Questi dati, sottolinea un articolo Bbc dedicato alla ricerca, sono ancora più significativi se si considera l’importanza che le persone attribuiscono al lavoro ibrido e ai suoi innumerevoli vantaggi in termini di produttività e benessere. Secondo lo studio commentato dall’emittente televisiva britannica, l’81% dei dipendenti ritiene, infatti, di essere più efficiente sul lavoro quando è concessa più flessibilità, mentre il 65% è convinto che organizzare autonomamente il tempo in funzione dei risultati da ottenere abbia un impatto positivo sul benessere; infine il 66% degli intervistati prenderebbe in considerazione la possibilità di dare le dimissioni da lavori che non concedono grande flessibilità, mentre il 43% potrebbe addirittura scegliere impieghi meno pagati pur di mantenere una maggiore libertà organizzativa.
Un modello che viene dal passato
Ma questa disparità di trattamento nella concessione di flessibilità lavorativa ai dipendenti più giovani rispetto a quelli con maggior anzianità lavorativa da dove proviene? Secondo gli esperti, il divario è legato a vecchi retaggi dell’era industriale, in cui il lavoro manuale doveva essere valutato in loco con risultati tangibili. Questo approccio, però, è diventato sempre meno efficace man mano che il lavoro d’ufficio si diffondeva sempre di più e l’attività dei collaboratori diventava meno valutabile nell’immediato. In questo contesto, le ore trascorse davanti al computer sono state considerate uno degli indicatori per rappresentare simbolicamente la produttività delle persone, anche se, è chiaro, che non sono lo strumento più efficace per valutare le performance lavorative.
Questo sbilanciamento nella richiesta di lavoro in presenza ai più giovani è legato inoltre al fatto che le nuove generazioni, a differenza delle figure senior, devono ancora dimostrare di saper mettere a disposizione dell’organizzazione le proprie capacità, creandosi così una buona ‘reputazione’ in azienda. E questo vuol dire spesso adeguarsi ai modelli preesistenti che privilegiano chi rimane molte ore in ufficio. Inoltre le disparità tra manager e lavoratori più giovani rimangono anche quando è concesso lo Smart working. In questo caso i manager di lungo corso sono privilegiati in quanto meno controllati e più autonomi, a differenza dei collaboratori che, per dimostrare il loro impegno, spesso rimangono davanti al computer tutto il giorno, a volte rispondendo alle mail ben oltre l’orario lavorativo.