Prevenzione delle dipendenze, il ruolo delle aziende nel gioco di squadra
Le dipendenze, fisiche e psicologiche, sono problematiche che devono essere affrontate con un approccio corale, in cui diverse figure professionali collaborano per raggiungere un obiettivo comune. Questi disturbi spaziano dal gioco d’azzardo, all’alcolismo, all’assunzione di eroina e cocaina, fino ad arrivare al tabagismo, che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non è un vizio, ma una vera e propria dipendenza (basti pensare che secondo le classificazioni internazionali DSM IV, la nicotina induce più dipendenza dell’eroina).
Ad accomunare tutte queste patologie è la loro elevata complessità e la necessità di condividere competenze specifiche relative a diverse discipline per prevenirle e arginarle nel modo migliore. Il tutto nel quadro di una modalità operativa in grado di mettere in relazione aspetti legati alla vita personale e professionale di un individuo. In generale si tratta di problematiche che hanno un impatto importante sulle performance lavorative delle persone, ragion per cui è fondamentale che la prevenzione parta proprio dai luoghi di lavoro, fornendo alle aziende tutti gli strumenti per individuare questi disturbi sul nascere e per favorire un miglioramento del benessere e della salute in azienda.
A tracciare il quadro è Ornella Perego, Coordinatrice dell’equipe di promozione della salute dell’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Monza e Brianza: “Sono patologie che toccano diversi ambiti della vita di una persona, per questo motivo abbiamo individuato diversi soggetti da coinvolgere in modo da agire su più livelli. Il nostro obiettivo è arrivare a delineare delle policy condivise per contrastare il fenomeno”.
Riconoscere i primi segnali e intervenire in modo mirato
Tra le figure aziendali che possono dare un contributo alla prevenzione delle dipendenze, Perego cita anche il responsabile delle Risorse Umane, anche se, puntualizza, bisogna fare delle opportune precisazioni: “I manager HR possono sicuramente monitorare la presenza a lavoro di una persona o valutarne i rapporti con i colleghi, ma in generale va sottolineato che è molto difficile che chi soffre di una dipendenza possa rivolgersi alla Direzione del Personale spontaneamente. Sono problematiche delicate che le persone tendono a nascondere il più possibile, finché gli effetti di queste patologie non diventano palesi”.
Nonostante l’HR non sia il primo interlocutore di chi soffre di certe patologie, i manager delle Risorse Umane possono porre attenzione ai primi segnali che indicano nelle persone lo sviluppo di dipendenze. Ma quali sono gli aspetti da monitorare? Secondo la coordinatrice dell’equipe di promozione della salute dell’Ats di Monza e Brianza gli elementi da considerare cambiano in base alla tipologia di dipendenza: “Per esempio, nei casi della ludopatia o di uso di droghe, un fattore chiave da tenere sotto controllo è sicuramente la necessità di soldi. Ciò può manifestarsi, per esempio, come richiesta di un anticipo sullo stipendio. Per quanto riguarda, nello specifico, l’uso di sostanze stupefacenti è importante, invece, fare attenzione ai cambiamenti di umore, alla mancanza di concentrazione, al continuo senso di affaticamento”. Naturalmente, precisa Perego, il riconoscimento di questi sintomi in una persona non deve portare a pensare automaticamente che ci si trovi di fronte a una dipendenza: “Quello che si deve fare è, nell’ambito di una valutazione globale, non escludere, tra le varie ipotesi, anche il fatto che quella persona possa avere questa tipologia di problema”.
La rete dei servizi territoriali per contrastare le dipendenze
Se l’HR per lo più monitora di effetti indiretti legati alle dipendenze – come il reperimento impellente di risorse economiche per procurarsi la sostanza o l’assenza frequente dal luogo di lavoro – il medico competente, ovvero la figura che si occupa della salute dei dipendenti in azienda, è invece il primo a poter mettere insieme tutti gli elementi per identificare la patologia. Si tratta, infatti, di un professionista che ha le competenze scientifiche per agire “in prima linea”, individuando questi disturbi attraverso un’analisi sia dei comportamenti sia dei sintomi fisici: “Abbiamo svolto molti percorsi formativi in passato, in modo da dare indicazioni che consentano a queste figure professionali di sfruttare le loro conoscenze tecnico-sanitarie per diagnosticare una dipendenza e indirizzare le persone alla rete di servizi territoriali dedicati a queste patologie”.
Altri soggetti coinvolti sono poi i delegati sindacali: “Organizziamo da due anni con le associazioni sindacali come Cgil e Cisl corsi di formazione per rendere queste figure dei veri e propri delegati sociali, ovvero delle ‘sentinelle’ capaci di individuare il fenomeno delle dipendenze sul nascere, indirizzando chi ne soffre verso le strutture più adatte per curare queste patologie”. Naturalmente, precisa Perego, queste attività sono solo un esempio delle iniziative promosse nell’ambito del più ampio progetto denominato Piano di intervento sul Gioco d’azzardo patologico (Gap), grazie al quale Ats Brianza punta a contrastare il gioco d’azzardo patologico e le dipendenze, promuovendo una maggiore sensibilizzazione su queste tematiche.
Tante e diversificate sono le azioni messe in atto dall’ecosistema dei soggetti chiamati a prendersi cura di queste problematiche: iniziative di prevenzione specifiche; interventi di sensibilizzazione rivolti all’intera popolazione; attività informative rivolte a target selezionati sui trattamenti di cura esistenti e i gruppi di auto-mutuo aiuto realizzati dalle Ats; attività formative-informative rivolte a esercenti, associazioni di consumatori e utenti, polizia locale, sportelli welfare, operatori sociali, sociosanitari e sanitari.
Per esempio, rientra nel quadro del Piano Gap il progetto denominato “Skills at stake work progress”, promosso già dal 2019, da Impresa sociale spazio giovani, che ha come obiettivo quello di sensibilizzare, attraverso interventi di guerriglia marketing, le aziende contro il gioco d’azzardo, l’abuso di alcol e l’utilizzo patologico dello smartphone. A questo progetto si aggiunge anche la mostra interattiva Mind trick – inaugurata presso la Coop di Monza in via Marsala e promossa da CSeL Consorzio SCS a settembre 2021 – nell’ambito della quale il lavoratore partecipa ad attività grazie alle quali può riflettere su alcuni aspetti legati al mondo delle dipendenze.
Come in tutte le patologie anche per le dipendenze, la prevenzione è fondamentale. Per intervenire in modo efficace, sottolinea Perego, bisogna comprendere che il problema affonda le sue radici nella sfera personale e nella gestione dell’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata: “Per questo può essere utile ridurre il più possibile lo stress legato a ritmi lavorativi eccessivamente accelerati, che è un fattore di rischio importante”. Oltre a questo aspetto è fondamentale favorire il benessere dei lavoratori, promuovendo un clima collaborativo e sereno tra colleghi: “In concreto vuol dire che, se una persona ha un qualche disagio, la problematica emerge subito, fin dalle prime fasi, perché magari sono proprio colleghi ad accorgersene.
In ambito aziendale, nel quadro del Piano Gap di Ats Monza-Brianza, c’è il progetto “In Buona Sostanza”: è un’iniziativa gratuita, frutto della collaborazione con Lilt Milano, Monza e Brianza, dedicata proprio al contrasto alle dipendenze. Nello specifico si tratta di un percorso – messo a punto dagli esperti di Lilt – che prevede la realizzazione di pacchetti aziendali comprensivi di un webinar di sensibilizzazione e due sportelli digitali di sostegno agli stili di vita salutari e contrasto alle dipendenze. Come si legge sul sito di Ats Monza e Brianza, l’obiettivo è “fornire una risposta pratica ai bisogni di salute delle aziende, ma anche indicazioni ai lavoratori stessi sui servizi sociali e sanitari offerti alle imprese da Ats, Asst e altri enti territoriali”.