Non è vero che economia sostenibile e sviluppo non sono compatibili
L’Italia e le sue regioni sono sempre più competitive sulle tecnologie green. In particolare, il nostro Paese è quinto dopo Germania, Inghilterra, Francia e Austria, con settori chiave e picco del numero di brevetti depositati su energie da fonti rinnovabili (18,8% del totale europeo) e mitigazione delle emissioni di gas serra (7%), come nelle batterie e nei sistemi di stoccaggio dell’idrogeno e dell’energia termica. È quanto emerso da uno studio del Centro Ricerche Enrico Fermi (Cref), presentata nell’ambito dell’evento La transizione ecologica: un’opportunità di sviluppo per l’Italia organizzato presso la Sala del Parlamentino del Consiglio nazione dell’economia e del lavoro (Cnel), insieme con l’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e al Forum Disuguaglianze e Diversità.
L’obiettivo del convegno, che si è svolto il 25 gennaio 2023, era presentare i più recenti risultati delle analisi svolte dagli enti citati sul posizionamento tecnologico dell’Italia, e offrire un’occasione di dialogo per individuare politiche industriali che consentano uno sviluppo economico compatibile con le esigenze ambientali, opportunità di buoni lavori e la diminuzione delle gravi disuguaglianze economiche e sociali.
Gli esiti e le proposte sono stati discussi da esponenti del mondo economico, sociale e della ricerca, a cominciare da Fabrizio Barca – statistico ed economista, Coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità – che ha affermato che la trasformazione verde non è ‘neutra’, ma nemmeno in conflitto con lo sviluppo. Per Barca, in Italia le politiche pubbliche giocano un ruolo fondamentale. Dello stesso avviso Giovanni Dosi, Professore Ordinario di Economia e Direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che innanzitutto sottolinea l’importanza della transizione ecologica. “Avere un’economia green non è così costoso come sembra, e anche se non sembra urgente nel medio periodo lo dobbiamo fare per evitare effetti disastrosi in futuro, perché l’aumento di due gradi centigradi in 250 anni che è stato recentemente registrato non è mai successo nella storia del mondo”, ha avvertito.
Ciò che è buono per le aziende non è (sempre) positivo per la collettività
Per l’esperto la trasformazione green e lo sviluppo non sono in conflitto. L’ostacolo vero sono gli interessi economici. “Dobbiamo quindi imparare a rendere profittevole per le imprese ciò che è buono per la collettività”, ha dichiarato, ribaltando il celebre detto “Ciò che è buono per la General Motors è buono per gli Stati Uniti”. La situazione per Dosi, infatti, ora è esattamente opposta. “Nel 2023, nonostante le tante eccellenze in ambito sostenibilità ambientale, l’Italia utilizza comunque un decimo delle energie rinnovabili rispetto alla Germania”, ha sottolineato, richiedendo un intervento politico industrialista “come non c’è mai stato in Italia”.
Per realizzare la transizione ecologica servono però nuovi saperi e conoscenze. “Bisogna capire il posizionamento dell’Italia e i settori con maggiori potenzialità green: siamo il Paese che ha inventato la plastica e poi anche la bioplastica compostabile. Non possiamo restare indietro”, ha ricordato Rossella Muroni, Presidentessa dell’associazione Nuove Ri-Generazioni, dedicata al recupero delle periferie urbane e al green building. È d’accordo il Presidente di Legambiente Stefano Ciafani: “Chi prima arriva occupa una fetta di mercato, anche in questo campo. In Italia dobbiamo garantire la transizione accompagnando i territori, perché l’economia va avanti indipendentemente da quello che decide l’Europa. Ora sta a noi e alle imprese darci da fare”, è stato il suo messaggio.
Andrea Roventini, Professore di Economia Politica dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna, ha infine evidenziato che la trasformazione green, oltre a offrire opportunità di crescita alle imprese, può creare nuovi posti di lavoro con migliori retribuzioni nel settore elettrico e nella manifatturiera legata alle energie rinnovabili. “Attendiamo il piano industriale europeo di febbraio 2023, sapendo che finora il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha mancato l’occasione di riconvertire le aree di crisi industriale”, ha concluso la Vicesegretaria Cgil Gianna Fracassi.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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