Da Primo Levi alla Gen Z: che fine ha fatto la voglia di lavorare?
Dalle dimissioni volontarie (Great resignation) all’atteggiamento di ‘passività’ sul lavoro (Quiet quitting), fino alla Yolo economy, cioè quel ‘si vive una volta sola’ che sta facendo cambiare la percezione del lavoro: che cosa sta succedendo al mondo del lavoro? Per un po’ di tempo – forse troppo – ci si è ‘nascosti’ dietro agli effetti della pandemia. Certo il periodo di emergenza sanitaria ha lasciato il segno, ma è riduttivo ammettere che i nuovi atteggiamenti siano ‘solo’ una conseguenza del covid. Più verosimile, invece, che la pandemia abbia acceso i riflettori su una situazione che stava già ribollendo e che attendeva di emergere.
Ciò cui si assiste è quindi una costante disaffezione nei confronti del lavoro, sempre più considerato – non da tutti, ovviamente – solo come uno strumento di guadagno per sostenere interessi e passioni del tutto esterne con l’azienda. Ecco allora l’esplosione di nuovi bisogni, di solito ‘risolvibili’ con nuovi bilanciamenti tra vita privata e lavoro oppure attraverso lo Smart working, considerato come la soluzione a tutti i ‘mali’ generati dalle organizzazioni. Ma che fine ha fatto la voglia di lavorare di cui scriveva Primo Levi ne La chiave a stella? Dove sono i Libertino Faussone che del lavoro diceva: “Io, l’anima ce la metto in tutti i lavori. Voglio lavorare con gusto”.
Gli ospiti della puntata:
Pierluigi Celli, dirigente d’azienda, saggista e scrittore, autore di La vita non è uno Smart working e Lezioni per imprese nostalgiche del futuro (Edizioni ESTE)
Vittoria Pierazzi, HR & Organization di Trenton
Paola Pomi, CEO di Sinfo One
Alessandro Raguseo, CEO e Co-Founder di Reverse
Antonio Rinetti, ex Direttore del Personale di importanti realtà industriali e bancarie