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Governare le organizzazioni nel rumore e nel caos

Negli ultimi decenni si è aperta una nuova era legata alla Rete e alle connessioni a tutto campo, fenomeno che ha spinto il management e l’organizzazione a dover colmare quel vuoto portato da questa nuova cultura. I grandi eventi di rottura dei primi 20 anni del nuovo millennio, descritti da Gianfranco Rebora nel suo libro Governare le organizzazioni nel rumore e nel caos (Edizioni ESTE, 2023) possono essere qualificati da tre parole: “Rumore”, “soggettività”, “performance”.

Al rumore l’autore – Professore Emerito di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane presso l’università Liuc di Castellanza e Direttore Responsabile di Sviluppo&Organizzazioneassocia la rottura di un ordine silenzioso che lascia spazio al regno della molteplicità e del caos dove lo spazio è riempito da conflitti, diversità da cui emergono eventi del tutto inaspettati: “Il contrasto tra ordine e rumore è una chiave di lettura interessante per le problematiche organizzative attuali e in prospettiva futura”. La soggettività rivela la grande illusione di una società ordinata e senza rumore, la tecnologia è quel fattore che le offre una spinta inarrestabile. Il fenomeno dei social ne riporta una foto nitida e uno spettro quanto mai evidente di quell’emotività debordante, del narcisismo e dell’egoismo.

Infine, il terzo requisito capace di descrivere questo cambiamento epocale lo si ritrova nella performance e nella sua conseguente valutazione. Come suggerisce Rebora, basti pensare a classifiche, rilevazioni, graduatorie: “Questo non è senza conseguenze, genera stress e ansietà – a livello delle organizzazioni e delle persone – e, soprattutto, reattività. Si compete non solo per vendere il prodotto o servizio, ma per posizionarlo nel sistema valutativo”. In questo contesto privo di confini ben delineati le organizzazioni si trovano prive di protezione e anche il lavoro è stravolto da questa dinamica. Quindi il management cerca di darle voce in maniera costruttiva, reinventandosi e trasformandosi in un’arte: ciò significa arricchirne il linguaggio e aprirsi a nuove fonti di ispirazione.

L’arte di organizzare il lavoro 

Fondamentale per far si che quest’arte possa compiersi è la ricerca di una connessione tra individuo e organizzazione. Ciò consiste nella condivisione di un fine comune tenendo ben presente che il nostro mondo poggia su pluralità, diversità, soggettività e che proprio per questa motivazione esiste un ventaglio di possibilità e dunque, una varietà di modelli di organizzazione felici e infelici. “Tutte le organizzazioni hanno innumerevoli modi per essere felici e infelici”, scrive Rebora nel suo libro.

In tema di soggettività e con particolare riferimento all’esplosione dell’utilizzo dei social network, ci si domanda come le organizzazioni possano gestire questa spinta solo in chiave di collaborazione. E inoltre, è corretto ritenere che il lavoratore possa o debba riconoscersi nei valori proposti dall’azienda o dal network? Rebora cita, a tal proposito, l’immagine di Ulisse, l’eroe che sa difendersi dall’aggressività altrui, un uomo che nel mito riconosce la complessità della società in cui vive e che, per muoversi, utilizza anche quelle doti meno nobili, quali l’astuzia, l’inganno, la dissimulazione.

Secondo il Direttore di Sviluppo&Organizzazione, l’era di Ulisse, così è descritto il nostro presente, ci spinge ad accettare “la varietà di esperienze, di modelli, di visioni collegata a una mente multiforme, molteplice, colorata; significa quindi considerare la complessità del reale e il suo carattere plurale, ma anche conflittuale e potenzialmente minacciante”. Dunque, esiste ancora uno spazio felice all’interno delle organizzazioni dove possano convivere l’esperienza del singolo e i “mille rumori” di un “universo interconnesso e caotico”? Il libro di Rebora aiuta a ragionare anche in questa direzione.

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