Leader, meglio nudo che gentile
Quando pensiamo a un leader, molto spesso il pensiero va a una persona solitaria al comando, intorno alla quale ‘ruota’ tutto il mondo, chiamato a girare alla sua velocità. È un manager con idee vulcaniche, forte leadership e doti capaci di eguagliare quasi quelle dei supereroi. È da questi esempi che Emiliano Maria Cappuccitti, nel suo libro Il leader nudo (Edizioni ESTE, 2023) inizia le sue riflessioni con le quali mette in crisi le certezze sullo stile di comando che finora hanno dominato le imprese.
“Come è fatto un leader oggi? Cosa pensa e come si comporta? Da dove viene? Quali sono le sue preferenze? E quali le sue priorità? Gerarchie a parte, spogliato di tutte le maschere che ha assunto secondo le mode, sotto un leader che cosa c’è esattamente?”, si chiede l’autore con il suo stile narrativo provocatorio che invita i lettori a una profonda riflessione su un tema molto esplorato, ma per nulla risolto.
A oggi, infatti, sono completamente giunte al tracollo le diverse teorie che si sono susseguite negli anni sulla leadership ed è evidente che, seguendo questa linea di ragionamento, vi sia la necessità di un leader ‘altro’, che l’autore definisce “nudo”. A differenza del leader gentile, sempre ottimista in ogni occasione (a volte anche in modo palesemente forzato), il leader nudo è un capo umano, una persona che guida il team ammettendo le sue imperfezioni e le sue fragilità, ponendosi allo stesso livello dei collaboratori di cui si circonda.
Cappuccitti si domanda se per raggiungere la felicità lavorativa è ancora necessario trovare forzatamente un riferimento cui poggiarsi, oppure se è giunta l’ora di eliminare questa condizione limitante per lasciare spazio proprio al leader nudo – l’autore lo definisce “in mutande” – più umano e meno guru: “Una persona, esattamente come chiunque altro. Esposto alla paura di essere solo, consapevole dell’infelicità e, per questo, attento a non rendere infelici anche gli altri”.
Il leader umano e con i piedi per terra
L’idea stessa di spogliarsi del leader è trasmessa al lettore in modo pratico e concreto già dalla copertina del libro: il volume ha una sovraccoperta che permette a chi sfoglia il libro di svelarne la ‘pelle’ e di toccare con mano il concetto di leader nudo (c’è una texture che ricorda proprio quella della pelle). È quasi un ritorno alle origini per i manager che, grazie al libro, possono riscoprire l’utilità di allontanarsi dallo stile di comando proprio del self made man, ma pure dai nuovi modelli come quello del leader gentile, ampiamente criticato. Il leader nudo agisce in maniera del tutto nuova: “Fa di suo, ma fa anche fare al follower, anzi a seconda del contesto può far fare molto al follower (se lo riconosce skillato tanto da farsi carico del task)”, è il pensiero di Cappuccitti.
E poi il nuovo leader differisce, anche in termini di comunicazione, rispetto alle altre tipologie di capi, in quanto cerca di farsi comprendere da tutti adottando un linguaggio fruibile, nella piena convinzione che tutto ciò contribuirà alla sua ascesa e a rendere la sua figura molto più familiare. Tra le sue caratteristiche ritroviamo la capacità di occuparsi della risoluzione del maggior numero di problematiche possibili e di divenire un punto di riferimento, per chi lo segue, proprio grazie al fatto che non si tratta di un profilo specialistico che opera per compartimenti stagni. È perfettamente in grado di prendere decisioni, ma lo fa con la consapevolezza che queste impatteranno più o meno positivamente su chi dovrà o potrà seguirlo.
Inoltre, navigando in un ‘mare aperto’ di conoscenze, il leader nudo non sovraccarica i follower su cose che non sa, ma diventa promotore di autonomia e responsabilità verso coloro a cui riconosce una maggiore padronanza rispetto a certi temi: “Sa che esiste un’area per il ‘capo’ e una per i ‘follower’, ma riconosce che i confini sono fluidi, contingenti e non possono essere inamovibili (altrimenti non sarà mai responsabile della crescita di nessuno…). Dopo la scomparsa degli idoli, secondo Cappuccitti, occorrerebbe spingere il proprio sguardo oltre e cercare di contrastare “la solitudine dei leader soli al comando” per poter finalmente lasciare spazio a una leadership autentica, umana e con i piedi per terra.