Attirare i talenti con la digitalizzazione
Chi lascia la via vecchia per la nuova… sa quel che lascia, ma non sa quel che trova. Negli ultimi anni è possibile che molte persone scontente o demotivate si siano ripetute il ritornello più volte, ragionando sulla possibilità di lasciare l’azienda per la quale lavorano. Secondo un recente studio, nel 2023 il 33% degli italiani ha pensato – o sta valutando – di cambiare lavoro. Più che di grandi dimissioni, quindi, dovremmo parlare di ‘grandi migrazioni’: le imprese dovrebbero iniziare a pensare il fenomeno in quest’ottica, investendo e rafforzando la propria attrattività nei confronti dei candidati. Secondo Paolo Grotto, CEO di Arket, società di sviluppo software e consulenza specializzata nell’automazione dei processi di business, la digitalizzazione può essere un fattore decisivo sia per attrarre i talenti sia per trattenerli in azienda.
Nella lettura di Grotto, infatti, le problematiche delle aziende si sviluppano attorno a entrambi gli aspetti, ma la soluzione è in realtà una sola. Prima di tutto, è necessario puntare sull’Employer branding: “L’automazione dei processi e dei modelli aziendali, oltre a essere un passo fondamentale per rimanere competitivi sul mercato, è una condizione necessaria per risultare attrattivi verso i potenziali collaboratori. Il livello tecnologico di un’impresa, infatti, è già di per sé un elemento di interesse per il candidato e lo è in forma ancora più rilevante per le nuove generazioni. I giovani, infatti, sono abituati a vivere in un contesto fortemente digitalizzato nella loro vita privata e, in azienda, si aspettano lo stesso”.
I brand, che prima attiravano senza troppo impegno i candidati ideali, ora non possono fare più affidamento sul solo fascino legato al loro nome, ma devono offrire garanzie formative, di crescita personale ed esperienziale, oltre che retributive. Uno sforzo in questa direzione è quindi necessario, soprattutto a fronte di un livello di disoccupazione particolarmente basso. A comunicarlo è l’Istituto nazionale di statistica (Istat) che nell’ultimo report disponibile, quello del trimestre giugno-agosto 2023, segnala un ulteriore diminuzione della disoccupazione, oggi al 7,3%.
Migliorare l’esperienza lavorativa per favorire la retention
Il secondo piano di intervento, invece, è quello legato alla retention. Secondo Grotto si tratta di un vero e proprio ‘tallone d’Achille’ per le aziende italiane, che faticano a sfruttare e valorizzare la digitalizzazione con questo fine: “Visitando le aziende, ci si rende conto che le persone sono ancora eccessivamente impegnate in attività a bassissimo valore aggiunto. Chi si occupa di Customer service, per esempio, impiega buona parte della giornata a caricare dati a sistema, chi lavora in amministrazione verifica manualmente centinaia di fatture, oppure pensiamo ad un addetto di logistica che passa il proprio tempo a inserire i dati delle bolle”. Secondo il pensiero del CEO di Arket, quindi, non solo è necessario sgravare le persone delle mansioni ripetitive per ‘liberare’ valore aggiunto, ma soprattutto per rendere il loro lavoro più stimolante.
Favorire la diversificazione delle attività lavorative e l’espressione delle capacità individuali non è utile solo a migliorare l’employee experience e, di riflesso, a favorire l’ingaggio e la permanenza delle persone in azienda, ma si rivela come l’unico modo per rispondere alle attuali dinamiche del mercato: “Oggi non vigono più le classiche logiche retributive, i collaboratori non sono più pagati per il tempo da loro impiegato nelle attività lavorative, ma per la loro capacità di risolvere problemi”. Grotto ritiene, inoltre, che l’automazione e la digitalizzazione dei processi non solo prevenga la nascita di problemi tipicamente causati dalla ripetitività di determinate azioni, ma permetta alle persone di potersi dedicare con maggiore dedizione alla risoluzione di criticità più complesse e sfidanti, per le quali l’utilizzo dell’ingegno umano è ancora importante, o meglio, indispensabile.
Laureato in Comunicazione e Società presso l’Università degli Studi di Milano, Alessandro Gastaldi ha iniziato il suo percorso all’interno della stampa quasi per caso, già durante gli anni in facoltà. Dopo una prima esperienza nel mondo della cronaca locale, è entrato in ESTE dove si occupa di impresa, tecnologia e Risorse Umane, applicando una lettura sociologica ai temi e tentando, invano, di evitare quella politica. Dedica il suo tempo libero allo sport, alla musica e alla montagna.
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