Pecunia non olet, ma il welfare è meglio

Il welfare aziendale in Italia è in crescita, con un aumento della consapevolezza da parte dei lavoratori, che evidenziano la necessità di un approccio personalizzato e di ascolto attivo. Il settimo Rapporto Censis-Eudaimon riflette una valutazione positiva dello strumento, dimostrando che il tema è ormai assodato (in particolare, in seguito alle modifiche introdotte nel 2016 dalla Legge di Stabilità) e che c’è un alto grado di apprezzamento trasversale.

Se nel 2018 solo il 19,6% conosceva bene il welfare aziendale, ora la percentuale è salita al 32,7% e l’84,3% di chi ne beneficia lo vorrebbe ancor più potenziato (mentre l’83,8% di chi non ne beneficia desidera introdurlo nella propria azienda). “Conoscenza e apprezzamento sono segnali incoraggianti, sintomi di un fenomeno in costante diffusione e ormai consolidato, soprattutto come conseguenza di esigenze socio-politiche negli ultimi anni”, ha commentato Alberto Perfumo, Fondatore e Amministratore Delegato di Eudaimon.

Un approccio attivo e personalizzato

L’indagine mostra che il 79,5% degli occupati accoglierebbe un aumento retributivo sotto forma di prestazioni di welfare. La personalizzazione del welfare, basata sulle esigenze individuali dei lavoratori, emerge come un elemento essenziale per garantire benefici significativi, promuovendo un dialogo diretto e attivo. È l’89,2% degli occupati a desiderarla, con il 72,4% che apprezzerebbe l’assistenza di un consulente per gestire questioni legate a salute, previdenza e istruzione dei figli. Inoltre, il 79,3% dei lavoratori vorrebbe servizi di welfare aziendale accessibili tramite App, sottolineando la necessità di semplificare e rendere più fruibili tali servizi.

“Ciò che senza dubbio emerge dal Rapporto è la necessità di un salto culturale del welfare aziendale, che poi è la riscoperta della sua identità, per cogliere le sfide del momento e per rispondere efficacemente ai bisogni di aziende e lavoratori. Le prime si trovano a fare i conti con un mercato del lavoro sempre più competitivo, ma con sempre meno mezzi per giocare la partita dell’attraction e della retention. I secondi, disaffezionati al lavoro, esprimono una domanda di ascolto, riconoscimento e attenzione al proprio benessere. Entrambi sono consapevoli che il welfare aziendale, oltre alle ormai consolidate ma fuorvianti finalità retributive, possa contribuire concretamente al benessere dei lavoratori attraverso un approccio nuovo, individuale, attivo, che superi l’obsoleto approccio riparativo o rivolto solo a lavoratori in difficoltà e che invece migliori la qualità della vita di tutti”, ha proseguito Perfumo.

Il Rapporto suggerisce che il welfare aziendale, al di là delle tradizionali finalità retributive, può giocare un ruolo significativo nel migliorare la qualità della vita dei lavoratori. La call to action è quella di compiere un salto culturale nel concetto di welfare aziendale, abbracciando un approccio nuovo, attivo e personalizzato. Questo non solo risponde alle sfide del mercato del lavoro competitivo, ma anche alle legittime aspettative dei lavoratori di essere ascoltati, riconosciuti e supportati nel loro benessere complessivo. Il welfare aziendale, pertanto, si configura come un elemento chiave per promuovere un ambiente lavorativo più soddisfacente e sostenibile per tutte le parti coinvolte.

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Martina Midolo

Martina Midolo

Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.

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