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Var Group, organizzazione aperta e tecnologie anti silos

Idee “folli” e “fuori dagli schemi”: è ciò che serve per applicare rapidamente le nuove tecnologie. La ‘ricetta’ è di Francesca Moriani, CEO di Var Group, che il 3 e 4 ottobre 2024 a Rimini ha celebrato la tradizionale convention dell’azienda, alla quale hanno partecipato circa 2mila persone. E che, per la prima volta, ha visto una predominanza di figure d’azienda legate al business rispetto ai profili più tecnici. D’altra parte, ormai la questione principale non riguarda più lo sviluppo delle tecnologie, ma la loro concreta applicazione e la modalità con la quale sono introdotte nelle organizzazioni. “Il nostro obiettivo è condividere idee e punti di vista, solo così possiamo cambiare il futuro e la storia”, ha spiegato Moriani nella conferenza stampa a margine dell’evento principale, in chiusura della prima giornata.

In questo particolare momento storico, caratterizzato da una forte dose di incertezza su ogni fronte (soprattutto esterno alle aziende), la necessità delle imprese è il collegamento delle infrastrutture aziendali per superare la logica a silos con la quale si era abituati a lavorare fino a poco tempo fa (sono ancora numerose le realtà legate a questo modello): “La tecnologia deve incrociare le varie divisioni in una logica matriciale”, è la proposta della CEO di Var Group. E proprio da queste premesse, la stessa azienda di software è al lavoro per cambiare il suo assetto organizzativo, dopo aver dato vita a due nuove business unit (7 Circle e Pluribus).

Nel nuovo piano strategico, Var Group si è data l’obiettivo di concretizzare la trasformazione del modello organizzativo, affinché supporti la portata dirompente della digitalizzazione. L’idea maturata dal vertice dell’azienda (“Sognavo di realizzare questo progetto sin dai tempi del MBA in Inghilterra”, ha confessato Moriani) è introdurre l’organizzazione ‘aperta’ nella quale ogni persona può agire liberamente all’interno di regole che si autodefiniscono. Secondo la letteratura, infatti, l’organizzazione olocratica elimina le gerarchie tradizionali a favore di una struttura più flessibile e dinamica: il potere decisionale è distribuito tra tutti i membri, piuttosto che concentrato in un’unica figura autoritaria.

Coinvolgere le persone e attrarre nuovi talenti

A caratterizzare il cambiamento proposto è il fatto che la scelta sia arrivata in un momento positivo per l’azienda che ha chiuso il 2023 con 823 milioni di euro fatturato e con l’obiettivo di raggiungere quota 900 milioni nel prossimo anno fiscale. Tuttavia, la stessa CEO di Var Group ha spiegato che se i numeri confermavano il buon andamento del business, serviva agire per far star bene le persone, anche per rispettare il purpose di “contribuire al benessere economico e sociali dei Paesi dove operiamo”: “Avevo immaginato che potesse funzionare il modello di leadership diffusa, ma questo si è concretizzato in una mancanza di decisioni che minavano il business, perché ai clienti servivano risposte puntuali”.

È stato anche per merito del nuovo modello organizzativo che l’azienda ha potuto proseguire l’espansione all’estero; oggi è presente in 13 Paesi nel mondo: oltre all’Italia, l’operatore di servizi e soluzioni digitali è in Francia, Germania, Spagna, Austria, Svizzera, Albania, Romania, Lettonia, Messico, Usa, India e Brasile. “L’obiettivo è essere un’azienda global per la condivisione della cultura, del modello dell’organizzazione e dell’investimento industriale, ma restando local”.

Dietro la scelta del modello olocratico, inoltre, c’è la volontà di potenziare il coinvolgimento delle persone (in Var Group sono quasi 4mila, di cui 1.000 Under 30 e altrettanti Over 50) e di essere maggiormente attrattiva nei confronti di un mercato del lavoro sempre più carente di competenze. “Molti Under 30 considerano le imprese un posto orribile dove lavorare, perché non permettono ai giovani di esprimersi; così molti si mettono una maschera quando sono sul posto di lavoro oppure preferiscono dare vita a una propria startup; in questo modo, però, si disperdono le capacità imprenditoriali e le competenze”, ha commentato Moriani. Da qui la riflessione che ha confermato la decisione di realizzare quella che l’imprenditrice ha chiamato “Platform organization”, nella quale le persone possono anche fare esperienze imprenditoriali, ma restando nell’orbita di Var Group. E sempre per rispondere alle nuove esigenze delle persone, di recente nel piano di welfare dell’azienda è stato introdotto “l’Erasmus aziendale”, che permette di svolgere attività all’estero, ma restando all’interno dell’impresa.

L’espansione all’estero e l’obiettivo asiatico

Di importanza della cultura aziendale, in particolare rispetto all’espansione estera, ne ha parlato anche Alessandro Gencarelli, Head of Sales & Marketing Var Group, che ha ribadito l’assetto organizzativo rispetto al quale al delivery tecnologico guidato dai team in Italia corrisponde la presenza di team locali che gestiscono le diverse realtà estere. “Oggi la delocalizzazione si sta trasformando in localizzazione a causa delle crisi geopolitiche; avere quindi la capacità di muoversi sul territorio con approccio locale permette di agire più velocemente”, ha commentato il manager, ribadendo la vocazione aziendale a essere ‘glocal’.

In merito alla presenza extra Italia, Gencarelli ha anticipato la strategia di puntare a rafforzare il presidio dell’Europa, continuando a guardare Oltreoceano e allargando anche gli orizzonti verso l’Asia (obiettivo dei prossimi cinque anni). “Sono richieste che arrivano direttamente dal mercato, perché le aziende, in questa fase storica, sono alla ricerca di un unico interlocutore con cui interfacciarsi per la tecnologia”.

Nel nuovo piano industriale di Var Group rientra la scelta delle due nuove business unit. Con 7 Circle, l’azienda – come spiegato da Matteo Masera, Head of 7 Circle – propone un nuovo modo di presidiare il mercato, concentrandosi soprattutto sulle problematiche dei clienti, con l’obiettivo di risolvere le questioni con l’uso combinato delle diverse soluzioni, offrendo semplificazione, in particolare per snellire i processi.

Si inserisce in questa strategia anche Pluribus (dal latino “da uno a molti”), il cui orientamento storico è sulle Piccole e medie imprese italiane (PMI). A illustrare l’attività di questa business unit è stato Fabrizio Mangiavacchi, Head of Pluribus, che ha aggregato tutti gli ERP proprietari di Var Group, coinvolgendo oltre 900 persone (nel 2022 erano poco più di 700) dedicate alle soluzioni per le PMI.

Smentire i pregiudizi nei confronti dell’AI

Di Intelligenza Artificiale (AI) se n’è occupato Marco Ferrando, Head of Data Science di Var Group, che ha esordito precisando come oggi l’AI sia una parola “usata e abusata”: “La troviamo in ogni prodotto, ma se ne parla poco laddove può essere davvero differenziante”. Secondo il manager, infatti, la dimensione generativa dell’AI è quella che può concretamente portare risultati in azienda. “In questa fase le imprese vogliono capire la reale capacità-potenzialità dell’AI per aiutare la capacità di ragionamento e di sintesi delle persone. La domanda è in aumento non solo per la curiosità, ma in termini di applicazioni concrete nei processi”, ha detto Ferrando.

Da quanto illustrato, ora gli investimenti sono orientati all’espansione dei modelli di Large language model (LLM); più difficile, invece, immaginare che cosa succederà tra 10 anni rispetto all’AI. Cimentandosi con la sfida, il manager accorcia l’orizzonte a due anni e con uno sforzo da ‘sognatore’ ha chiarito: “Immagino una società in grado di interagire con un’intelligenza che ci liberi da alcune attività; in particolare penso a una società in grado di comprendere il fenomeno dell’AI e di saperlo gestirlo a livello culturale e sociale”. A proposito di quest’ultimo aspetto, per Ferrando l’AI risente di alcuni messaggi della cultura di massa (libri e film) che hanno puntato più sugli aspetti delle potenziali minacce che non sulle reali opportunità, da cui è poi nato un pregiudizio nei confronti della tecnologia. “C’è talmente tanto da fare ancora sull’AI che parlare di etica rischia di far perdere un po’ il focus, anche perché ci sono applicazioni rispetto alle quali questo aspetto è davvero poco rilevante, come nel caso dell’uso nel customer service”, ha concluso il manager.

Meglio sarebbe, invece, concentrarsi sulla sicurezza della tecnologia. Secondo il Report Yarix H1 2024, l’Italia resta ai vertici per gli attacchi informatici, come spiegato da Mirko Gatto, Head of Yarix. In particolare il manager ha evidenziato che il nostro Paese non solo è tra quelli più colpiti, ma è anche uno di quelli da cui partono sempre più attacchi. Nel mirino ci sono soprattutto le aziende del Manifatturiero e del Fashion; inoltre, stando ai dati del report, è emerso il trend per cui ci sono imprese che sono ripetutamente attaccate negli ultimi tre anni: un segnale, questo, che ha fatto emergere la grande capacità degli attaccanti e la non relativa evoluzione della capacità difensiva. Ma, ancora una volta, sarà l’AI a giocare un ruolo decisivo, anche nella cybersecurity. E i progetti realizzati hanno già dato risultati concreti con migliori protezione agli attacchi.

Intelligenza artificiale, var group, Organizzazione aperta


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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

Dario Colombo


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