Sharing economy, il futuro è a noleggio?
Il concetto di proprietà, seppur facile da cogliere intuitivamente, è in realtà complesso da circoscrivere entro confini precisi. Si può definire, in termini ampi, come il diritto di adoperare a piacimento i propri oggetti, senza poterli, però, utilizzare per danneggiare beni altrui. Ma come si applica questo concetto al noleggio di un’auto, di un libro o di un macchinario? Oggi viviamo nell’epoca che Jacopo Franchi definisce dell’Uomo senza proprietà (Egea, 2024), espressione che dà il titolo al suo libro.
Nell’opera, l’autore – social media manager presso l’hub d’innovazione Cariplo Factory, fondatore del sito Umanesimo Digitale e membro del Digital Wellbeing Lab dell’Università Bicocca – evidenzia come la digitalizzazione stia alterando la possibilità di possedere gli oggetti di uso quotidiano in maniera definitiva: “L’Internet of Things (IoT) inaugura una nuova fase della storia dell’uomo in cui l’abitudine al possesso è sostituita dalla semplice possibilità di accedere alle merci digitali”. La premessa di questo cambiamento è l’evoluzione da un’economia basata sulla vendita alla Sharing economy, un’economia fondata sulla condivisione in prestito dei beni tra privati.
È stata soprattutto l’onda lunga della crisi economica del 2008 ad aver contribuito allo sviluppo di questo modello. Un numero crescente di proprietari, alla ricerca di forme di guadagno alternative al lavoro tradizionale, ha messo in affitto i propri beni e milioni di consumatori, nella speranza di poter risparmiare, hanno optato per il prestito temporaneo invece che per l’acquisto a titolo definitivo di un oggetto. Le aziende della Sharing economy hanno potuto, così, prosperare per alcuni anni malgrado i limiti strutturali.
L’attacco informatico mette a rischio il sistema
I limiti della Sharing economy sono, infatti, apparsi sempre più evidenti. Nel libro si evidenzia come il suo percorso di crescita si sia rallentato alla luce di squilibri tra proprietari e affittuari, come la lotta da parte delle amministrazioni locali contro l’abuso di affitti brevi oppure come le proteste da parti dei servizi locali di trasporto pubblico e privato contro la proliferazione di macchine noleggiabili.
Un ulteriore limite emerge, inoltre, nel passaggio da merci analogiche a quelle ‘intelligenti’: la possibilità da parte degli ideatori, produttori e commercianti di controllare da remoto i beni, anche dopo il loro acquisto o noleggio. “La perdita di proprietà sugli oggetti potrebbe avere conseguenze deleterie nel momento in cui le possibilità di controllo da remoto su questi ultimi, dapprima limitate alle aziende produttrici, dovessero riguardare anche altri soggetti non previsti inizialmente”, spiega Franchi. Il controllo da remoto degli oggetti digitali potrebbe, infatti, passare in mano a criminali o istituzioni autoritarie in caso di un attacco informatico.
Sono, inoltre, molteplici le implicazioni a livello di mercato: diminuisce, soprattutto nelle giovani generazioni, l’abitudine di acquistare, regalare, prestare, ereditare merci. Di contro, i produttori incapaci di aggiornare i propri prodotti alle esigenze dell’economia digitale sono, così, costretti a chiudere, perché non riescono a reperire capitali sul mercato visto che mancano credibili prospettive di crescita nel futuro. Serve, quindi, come invita Franchi, comprendere al meglio l’attualità per poter rimanere competitivi nel futuro.
Alessia Stucchi è giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne in triennale e in Sviluppo Economico e Relazioni Internazionali in magistrale. Nel 2023 ha vinto il Premio America Giovani della Fondazione Italia Usa che le ha permesso di conseguire il master Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Nel tempo libero si dedica alle camminate, alla lettura e alle serie tivù in costume.
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