Adattarsi al contesto con la formazione: i primi 50 anni di Ifoa
Era il 1971 quando, a Reggio Emilia, venne fondato il Centro di perfezionamento per la distribuzione (Cpd): un ente di formazione nato dalla volontà delle Camere di commercio, pensato inizialmente per agenti di commercio e tecnici della distribuzione alimentare. Nel 1978 l’ente cambiò nome e statuto, diventando Istituto formazione operatori aziendali (Ifoa), che si occupa tutt’ora di percorsi di crescita, formazione, professionalizzazione e programmi di inserimento nel mondo del lavoro.
Come ente senza scopo di lucro, da 50 anni Ifoa sviluppa le attività seguendo le regole di un codice etico che ha come obiettivo la crescita professionale della persona. Attualmente è anche Agenzia per il lavoro: ha sedi in tutta Italia e i suoi corsi, finanziati pubblicamente o privati, sono rivolti a chi vuole aggiornarsi o specializzarsi, ai giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro oppure a chi ha intenzione di acquisire le competenze necessarie a operare su nuove tecnologie e processi.
Un ponte tra le imprese e le persone
Per restare così tanto tempo nel settore, con un equilibrio basato su un ponderato utilizzo delle risorse finanziarie, secondo Umberto Lonardoni, Direttore di Ifoa, sono due i capisaldi che hanno fatto la differenza nel tempo: “La prima è la chiarezza della mission, cioè essere ponte tra persone e imprese e avere chiari i due estremi, gli individui da un lato e le organizzazioni e aziende dall’altro”. Nella pratica, questo approccio impone di partire dalle caratteristiche e peculiarità della persona, valorizzandola per poi costruire un profilo professionale che le permette di realizzarsi e conquistare un posto all’interno di una squadra di lavoro. “La seconda è la flessibilità, intesa come capacità di saper leggere e spesso anche anticipare i cambiamenti del mercato, delle normative, della società stessa, ripensando e definendo le risposte in tempo reale”, continua Lonardoni.
Per Ifoa, quindi, formare un lavoratore non significa impartire il sapere dall’alto, ma far emergere dalla persona il suo valore e potenziale: “Lo facciamo rendendola prima cosciente della propria ricchezza e delle competenze, per poi disegnare insieme un percorso di evoluzione portandola a incontrarsi con altri saperi utili nel corso della propria vita”. Questa adattabilità al contesto, per il Direttore di Ifoa, è anche il motivo del successo duraturo dell’ente. I contenuti dei corsi, in primis, si sono adeguati ai cambiamenti storici: partendo dal settore commerciale, negli Anni 90 sono state aggiunte materie informatiche e ingegneristiche, fino ad arrivare all’attivazione, negli Anni 2000, di corsi di management e sui Big data, in parallelo ai primi stage e tirocini all’estero.
Nel 2020, insieme con l’Università degli Studi di Parma, è stato avviato un progetto di dottorato di ricerca con l’obiettivo di creare un modello di revisioni dei servizi di orientamento offerti a chi è in cerca di lavoro. “Rispetto alla formazione in ambito politiche del lavoro, l’offerta è notevolmente aumentata sia perché le istituzioni hanno regolamentato nuovi dispositivi e nuove modalità (come i canali di finanziamento o i sistemi di accreditamento) sia perché l’attenzione e la necessità di intervenire su persone a rischio di esclusione dal mercato del lavoro si è rafforzata, anche alla luce degli eventi altalenanti economici”, spiega Francesca Lusenti, Responsabile Servizi per il Lavoro di Ifoa. Le imprese hanno imparato infatti a conoscere e voler utilizzare di più determinati strumenti di inserimento lavorativo, quali l’apprendistato e il tirocinio formativo. È aumentata poi la richiesta di servizi di qualità: “Anche a fronte di una maggiore offerta, le aziende sono diventate più esigenti perché non si accontentano più di guardare solo il prezzo del servizio o della attività, ma richiedono garanzie di sicurezza, attendibilità, fiducia. Di conseguenza, sono aumentate le aspettative anche di chi cerca lavoro”, precisa Lusenti.
La consulenza alle imprese sulla formazione continua
È cambiato anche il modo in cui le aziende guardano la formazione continua, normata in Italia dal 23 luglio 1993 con il Protocollo d’intesa tra parti sociali e Governo: “Nell’accordo si finalizzarono le risorse finanziarie derivanti dal prelievo dello 0,3% a carico delle imprese alla formazione dei lavoratori, con l’obiettivo di un arricchimento delle competenze di base e professionali del singolo e al miglioramento della competitività del sistema produttivo e della qualità dei servizi dall’altra”, spiega Alessandra Nironi, Responsabile Servizio Progettazione, piani formativi aziendali di Ifoa. Con la legge di Stabilità del 2001 (Legge 388/2000), inoltre, furono istituiti i fondi paritetici interprofessionali, che rappresentano attualmente la principale fonte di cofinanziamento per la formazione aziendale.
Se negli Anni 90 la richiesta delle imprese si limitava alla realizzazione di percorsi formativi dettata da una consapevolezza del bisogno formativo ‘elementare’, negli ultimi 10 anni il servizio è diventato un intervento che vede Ifoa protagonista di un vero e proprio lavoro di consulenza. “A seconda della dimensione aziendale, della sensibilità e del settore la consulenza può prevedere: un’analisi dei fabbisogni aziendali, una mappatura dei gap di competenza, una progettazione dettagliata dell’intervento formativo, la realizzazione della formazione, la progettazione e il monitoraggio del processo di valutazione dell’apprendimento fino alla messa in trasparenza delle competenze acquisite in esito al percorso formativo”, racconta Nironi.
La pandemia ha evidenziato la necessità di agire sulle competenze dei lavoratori aggiornandole, convertendole o innovandole completamente. “Sempre più stiamo assistendo alla necessità di investimento in formazione continua e alla messa in trasparenza delle competenze acquisite dal lavoratore come strumenti fondamentali a servizio delle politiche attive”, commenta l’esperta. Questa è infatti la direzione intrapresa prima con il decreto Rilancio del 19 maggio 2020, che ha istituito il Fondo nuove competenze (fondo pubblico cofinanziato dal Fondo sociale europeo, che permette alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori destinando parte dell’orario alla formazione) e poi con il decreto Lavoro e Imprese del 30 giugno 2021, che ha istituito il Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale (finalizzato al finanziamento di progetti formativi rivolti ai lavoratori beneficiari di trattamenti di integrazione salariale e ai percettori del sussidio di disoccupazione).
I giovani sono più consapevoli del mondo del lavoro
A proposito di disoccupazione, la formazione per i giovani e disoccupati è l‘attività più storica di Ifoa: “I giovani sono il nostro ‘core business’ perché chi viene formato da noi subito dopo il diploma o la laurea può diventare promotore della nostra formazione anche all’esterno, per esempio nelle aziende in cui entra”, spiega Elisa Braghiroli, Responsabile Formazione giovani e disoccupati di Ifoa. Anche le soluzioni formative erogate a queste categorie sono a mercato (cioè sovvenzionate privatamente) oppure finanziate da contributi regionali ed europei. La percentuale media di occupazione nazionale alla fine dei corsi del 76%, percentuale che sale al 94% per i titoli dei progetti formativi a mercato, ‘cuciti’ su misura in base alle competenze che richiedono le aziende. “Abbiamo lanciato da poco anche dei job master in Gestione del Commercio Estero e Risorse Umane, implementando la formazione online e blended”, aggiunge Braghiroli.
Proprio perché oggi c’è più consapevolezza di che cosa richieda il mercato del lavoro, anche la Responsabile Formazione spiega che è difficile che un giovane si affidi a Ifoa senza avere aspettative chiare sul percorso. “Rispetto a quando ho iniziato, circa 25 anni fa, vedo sicuramente più flessibilità da parte dei giovani nella scelta del posto ma più ambizione ad avere un lavoro di qualità, non un lavoro qualsiasi”, è la sua osservazione. “Da un punto di vista è stimolante perché ci confrontiamo con aspettative concrete, dall’altra è più complesso di prima perché il nostro lavoro diventa di mediazione tra le aspettative, il self empowerment e le esigenze del mercato del lavoro”.
A proposito di self empowerment, 12 anni fa il corso base su questo tema e le conseguenti capacità relazionali durava 30 ore, mentre oggi è di 164 ore. La motivazione? “Abbiamo visto che le aziende apprezzano di più le competenze relazionali che quelle tecniche, perché queste ultime si imparano molto più velocemente e creano meno ‘attriti’ di atteggiamenti arroganti o saccenti”. I corsi puntano quindi molto sulla gestione delle gerarchie, dei conflitti e dei progetti, stimolando il lavoro in team e simulando il contesto aziendale.
I numeri di Ifoa confermano il successo della sua mission e parlano chiaro: nell’ultimo anno di attività, l’ente ha formato quasi 24mila persone, ha ottenuto 1.844 aziende clienti e 245 partner internazionali. In futuro punta a potenziare i corsi blended o interamente online (come gli Smart Program: percorsi formativi agili principalmente a distanza, creati per offrire un’alta specializzazione tecnica e accessibile senza limiti geografici), e a garantire un costante aggiornamento delle competenze dei lavoratori.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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