Addio globalizzazione, benvenuta localizzazione

Negli ultimi decenni, la globalizzazione ha segnato l’andamento dell’economia mondiale, favorendo l’integrazione dei mercati, la libera circolazione delle merci e la delocalizzazione delle produzioni. Fino a oggi, perché si tratta di un’era che sta giungendo al termine. La globalizzazione, infatti, si sta mostrando in tutto il suo fallimento, come ha analizzato Rana Foroohar, Giornalista americana esperta di economia e finanza, nel suo libro dall’esplicativo titolo La globalizzazione è finita (Fazi Editore, 2025).

Se da un lato la globalizzazione ha portato indubbiamente benefici economici, come aver stimolato la crescita di economie emergenti – ne è un esempio quella cinese – dall’altro i benefici non sono stati equamente distribuiti. La concentrazione della ricchezza nelle mani di una ristretta élite finanziaria e manageriale ha amplificato le disuguaglianze, creando un gap sempre più profondo tra le classi sociali e tra i Paesi ricchi e quelli poveri. Secondo la giornalista Usa, le piccole imprese sono state soffocate dalle multinazionali, le comunità locali hanno visto scomparire il loro potenziale economico e le risorse naturali sono state sfruttate senza considerazioni a lungo termine. Le reazioni a questa crescente disuguaglianza sono state molteplici: populismo e nazionalismo ne sono un chiaro esempio.

Di fronte a queste critiche, la pandemia di Covid-19 ha ulteriormente messo in evidenza la vulnerabilità del sistema globale, rivelando la fragilità di un’economia che si appoggiava su catene di approvvigionamento globali e su una dipendenza eccessiva da mercati, come quello del Dragone. Le interruzioni nelle forniture di beni essenziali, come i dispositivi medici e i farmaci, hanno dimostrato i rischi di un’economia iperglobalizzata e senza freni.

L’economia deve essere più umana

Ora si sta aprendo una nuova fase: quella della localizzazione. Se la globalizzazione ha avuto come obiettivo l’espansione dei mercati, il futuro sembra essere indirizzato verso la ‘regionalizzazione’, il rafforzamento delle economie locali e la creazione di catene di approvvigionamento più corte e resilienti. Le grandi multinazionali, che per anni hanno dominato l’economia globale, devono ora fare i conti con un mondo che non sembra più disposto a sacrificare il benessere delle persone e dell’ambiente per la sola crescita economica.

In questo nuovo scenario, l’economia è chiamata a essere più umana e più attenta ai luoghi. Inoltre, la tecnologia avrà un ruolo fondamentale nel rendere possibile la decentralizzazione, consentendo alle persone di trasferire i posti di lavoro anche nelle aree rurali. L’innovazione tecnologica potrà permettere di affrontare le sfide ambientali e sociali, creando opportunità di sviluppo che non siano legate solo ai grandi centri urbani o alle metropoli globali.

Come avverte l’autrice nel libro, la transizione verso questa nuova economia non sarà però priva di difficoltà. La nuova economia dovrà affrontare questioni urgenti come il cambiamento climatico, la giustizia sociale e la sicurezza alimentare. In un mondo sempre più interconnesso, le sfide globali richiederanno una risposta collettiva: i leader politici e aziendali dovranno ripensare le regole dell’economia globale. La globalizzazione ha creato un sistema economico in cui i mercati e i capitali si muovono liberamente, ma il futuro richiede un equilibrio più attento tra le politiche nazionali e internazionali. Saremo testimoni di un pezzo di storia.

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Alessia Stucchi

Alessia Stucchi

Alessia Stucchi è giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne in triennale e in Sviluppo Economico e Relazioni Internazionali in magistrale. Nel 2023 ha vinto il Premio America Giovani della Fondazione Italia Usa che le ha permesso di conseguire il master Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Nel tempo libero si dedica alle camminate, alla lettura e alle serie tivù in costume.

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