Addio Smart working: che fine fa il lavoro agile?
Lo Smart working non è più un ‘diritto’ del lavoratore, ma una “modalità di esecuzione della prestazione”. Dal 1 aprile 2024 la regolamentazione del lavoro da remoto è rientrata nuovamente sotto l’ambito della normativa ordinaria stabilita dalla Legge 81/2017, che regolamenta il lavoro agile. Così, molte semplificazioni precedentemente previste per lo Smart working – per esempio, per i genitori con figli sotto i 14 anni e per i lavoratori fragili – sono eliminate: le aziende che vogliono adottare lo Smart working nel proprio assetto organizzativo devono stipulare un accordo individuale con ciascun dipendente.
Ma l’evoluzione normativa dello Smart working solleva diverse questioni riguardanti il lavoro agile e il suo impatto sul tessuto lavorativo italiano. Secondo Daniele Bacchi, CEO di Reverse, società che offre servizi di headhunting e consulenza HR, è necessario rivalutare l’importanza dell’esperienza in presenza. Sebbene lo Smart working offra flessibilità e possa migliorare la qualità della vita dei lavoratori, è fondamentale non sottovalutare l’importanza dell’interazione diretta e dell’esperienza in presenza, specialmente per coloro che sono agli inizi della propria carriera.
L’apprendimento informale che deriva dall’essere immersi nell’ambiente lavorativo e dal confrontarsi faccia a faccia con i colleghi rappresenta un’opportunità di crescita insostituibile, che va al di là dei contenuti di qualsiasi riunione programmata. Lo Smart working può essere adottato, ma è importante non isolarsi e valutare attentamente l’impatto della formazione sul campo e del reinserimento dei lavoratori con figli.
Fondare i rapporti di lavoro su fiducia e autonomia
La scelta di adottare lo Smart working diventa oggi una leva strategica per le aziende, che possono utilizzarla per attirare e trattenere talenti in un contesto in cui è sempre più difficile reperire le competenze necessarie. Pertanto, dal 1 aprile, lo Smart working si trasforma un fattore competitivo, la cui adozione è guidata dalle esigenze e dalle strategie aziendali piuttosto che da un’imposizione legislativa.
Allo stesso modo, però, è importante considerare le posizioni e le esigenze di tutti i lavoratori. È innegabile che lo Smart working possa generare disparità tra i professionisti, specialmente in un contesto imprenditoriale prevalentemente orientato al settore manifatturiero come quello italiano: la distinzione tra chi può lavorare da remoto e chi deve essere fisicamente presente può causare tensioni e insoddisfazioni, non sempre basate su considerazioni logiche, ma anche su percezioni emotive.
“Reverse abbraccia pienamente lo Smart working, offrendo ai suoi collaboratori la libertà di organizzarsi con i propri team leader per definire la modalità di lavoro più efficace per raggiungere i risultati attesi”, specifica Bacchi. “Un approccio che valuta attentamente contesto ed esigenze individuali, in un’ottica di cooperazione paritaria e promuovendo così un ambiente di lavoro basato sulla fiducia, sulla responsabilità e sull’autonomia, elementi chiave per il successo in un mondo del lavoro in rapida evoluzione”. Per prosperare in un panorama lavorativo sempre più dinamico, occorre promuovere la collaborazione, e fondare i rapporti di lavoro su fiducia e autonomia.
Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.
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