Affrontare l’emergenza umana per uscire da quella sanitaria

I dati di Mindwork e BVA-Doxa confermano la correlazione tra benessere psicofisico e condizione professionale.

Luca Mazzucchelli, pioniere della psicologia online e Direttore scientifico di Mindwork, spiega: “Ci siamo preoccupati molto delle emergenze sanitaria ed economica, ma i dati ci indicano che prima ancora c’è l’emergenza umana”. L’occasione per discutere del tema è la presentazione, svolta insieme con BVA-Doxa, dei dati, decisamente significativi, sul benessere psicologico in azienda. Non che il tema non fosse rilevante anche prima di questa circostanza: tuttavia, con essa è esploso in tutta la sua urgenza.

Infatti, dalla ricerca è emersa una forte correlazione tra il benessere psicofisico dei lavoratori e la loro condizione professionale. I lavoratori italiani, purtroppo, non sono felici. Per tre su quattro le sensazioni maggiormente sperimentate nel quotidiano sono quelle legate ad ansia e stress. Incertezza (45%) e preoccupazione (39%) accompagnano le giornate dei 300 white collar intervistati. Questo malessere non fa distinzione geografica, anagrafica o di genere, anche se le donne ne sono leggermente più colpite, perché entra in gioco il delicato tema della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura.

Solo un lavoratore su 10 si dichiara pienamente soddisfatto del proprio lavoro e gode di un equilibrio psico-fisico ottimale: anche per “chi sta bene”, però, questa invidiabile condizione è comunque legata a doppio filo a quanto sperimenta sul luogo di lavoro. Le fonti principali di benessere restano la famiglia e gli amici: vale anche per chi non si trova a vivere situazioni di particolare frustrazione sul posto di lavoro.

L’indagine BVA-Doxa ha posto l’attenzione anche alle manifestazioni cliniche di questo diffuso stato di stress: molti intervistati risentono fisicamente delle loro difficoltà personali, professionali e relazionali in ufficio.  Se, dunque, il lavoro dovrebbe essere sinonimo di dignità, di realizzazione sociale ed economica, di autoaffermazione, in realtà è troppo spesso fonte di agitazione, ansia, insoddisfazione. Nel 61% dei casi, chi non sta bene in assoluto ha (o ha avuto) qualche difficoltà professionale.

Cosa è cambiato a seguito del lockdown

L’esperienza straordinaria che abbiamo vissuto ha messo a dura prova la psiche di tutti, non solo dei lavoratori. Ma gli intervistati, in particolare, hanno lamentato sintomi inediti quali insonnia, ansia mai provata prima, stanchezza inusuale. Se pensiamo che l’86% di essi proseguirà, almeno parzialmente, il lavoro a distanza, è inevitabile temere che alcune ripercussioni psicologiche si protrarranno a lungo. Ecco perché è urgente pensare e ripensare iniziative mirate al benessere dei lavoratori, legate non solo strettamente all’emergenza sanitaria, ma anche al clima di incertezza che ci troviamo a vivere.

Indagato lo stato di fatto, occorre pensare a strategie per migliorare la condizione psicologica dei lavoratori. “Se le aziende non iniziano a porre attenzione al benessere psicologico dei propri collaboratori faranno molta fatica a superare la crisi perché, oggi più che mai, è il capitale umano a fare la differenza e livelli di insoddisfazione così elevati non possono più essere ignorati” ha osservato Mazzucchelli.

Mindwork, prima società italiana nella consulenza psicologica online, ha studiato una soluzione, che ha già sperimentato con successo durante il lockdown. Essa offre vere e proprie sedute a distanza, per supportare psicologicamente i lavoratori, ad esempio nel rientro fisico in azienda dopo mesi di lavoro a distanza, o in momenti particolari della loro vita professionale o personale. Un lavoratore su due giudica molto utile un servizio simile, ma la percentuale di interesse sale al 65% proprio tra chi si dice preoccupato del rientro fisico in ufficio.

Lo stigma dello psicologo in azienda

Dunque, i dati suggeriscono che la maggioranza dei lavoratori sarebbe ben felice di poter parlare del proprio stato d’animo in azienda. Ne è riprova, per esempio, l’iniziativa recente di Cisco: il CEO ha inviato una email ai propri dipendenti per invitarli ad aprirsi e ha ricevuto, in risposta, veri e propri “flussi di coscienza”. Ciò indica la grande necessità di ascolto, di condivisione, di attenzione che c’è tra i lavoratori, soprattutto da parte della leadership.

Tuttavia, verso la figura professionale dello psicologo può sussistere un pregiudizio. Ancora di più, possiamo affermare che sussista, talvolta, uno stigma verso i malesseri psicologici, che, associato al fatto di doverne parlare sul luogo di lavoro, potrebbe inibire i beneficiari. È banale ricordare che i lavoratori infelici rendono poco e penalizzano tutta l’impresa. Sappiamo che, dove c’è insoddisfazione, le aziende soffrono. Ora più che mai, dovendo affrontare un’emergenza sanitaria e una crisi economica conseguente, il benessere delle persone è ciò che farà la differenza tra le aziende che sopravvivranno e quelle che usciranno dal mercato.

I dati BVA-Doxa confermano ciò che diversi studi americano hanno anticipato: quasi un lavoratore su tre ammette di essersi assentato dal lavoro una o più volte a causa di eccessivi carichi di stress e ansia. Tale condizione colpisce, in particolare, i manager: questo pone ancora di più a rischio le aziende. L’Unione europea ha stimato in 136 miliardi di euro le perdite in produttività a causa dell’assenteismo dal posto di lavoro derivato da malessere psicologico. Stando ai dati BVA-Doxa per Mindwork, il 37% degli intervistati ha lasciato almeno un posto di lavoro a causa del malessere emotivo legato all’ambiente professionale. Sono soprattutto gli Under 34 a rispondere positivamente alla domanda: sappiamo bene, infatti, che la retention dei giovani talenti è un punto debole delle nostre imprese.

D’altra parte, la cosiddetta Generazione Z è molto più sensibile all’aspetto del benessere aziendale e del welfare. I giovani lavoratori hanno un paradigma di leadership che è molto diverso da quello dei genitori: non è sufficiente una buona retribuzione, un aumento di stipendio a motivarli. Devono sentirsi parte di qualcosa, devono percepire che il capo è dalla loro parte, che giocano nella stessa squadra e che vengono considerati prima persone, poi lavoratori. Questa sensibilità così differente dal passato fa sì che le iniziative di welfare siano e siano percepite come molto utili.

Tuttavia, ci si deve anche interrogare sull’effettiva efficacia, in termini di benessere del singolo e dell’azienda, di misure di welfare che, quasi sempre, non si rivolgono all’interno del luogo di lavoro, ma all’esterno, puntando su svaghi, hobby e offerte di attività che portano fuori da esso. Se il malessere nasce all’interno, invece, occorre in primo luogo sanarlo dall’origine.

“Il Covid-19 è un’occasione imperdibile per cambiare una volta per tutte il paradigma culturale delle aziende italiane, mettendo concretamente le persone al centro della catena del valore” ha ricordato Mario Alessandra, Co-Founder e CEO di Mindwork. “In questa fase il benessere psicologico non può che essere l’obiettivo cardine di una people strategy che sia declinata da Direttori HR, che siedano finalmente nei Cda e lavorino sinergicamente con tutti i C-level”.

 

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Chiara Pazzaglia

Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.

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