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AI, basterà Trump per fermare la Cina?

L’Intelligenza Artificiale (AI) è la nuova frontiera dell’innovazione globale. Gli Usa stanno accelerando i propri investimenti e i propri programmi di sviluppo in merito a questa tecnologia, mentre l’Europa cerca di tenere il passo senza perdere di vista i necessari controlli. In questo scenario, ha destato grande clamore la recente decisione del neopresidente Usa Donald Trump di revocare un ordine esecutivo, varato nel 2023 dal suo predecessore Joe Biden, che puntava a limitare i rischi connessi allo sviluppo di sistemi di AI Generativa.

Al di là degli aspetti tecnici e delle possibili implicazioni sul mercato, la mossa di Trump – che favorisce un approccio più liberale e veloce per sviluppare la tecnologia – riporta alla memoria la corsa tecnologica e spaziale del Novecento. Come allora, l’innovazione diventa infatti uno strumento di affermazione geopolitica e una leva fondamentale per conquistare la leadership internazionale.

Se negli Anni 60 la rivalità tra Stati Uniti e Unione sovietica aveva alimentato la corsa allo spazio – culminata con la sfida di John Fitzgerald Kennedy di portare gli esseri umani sulla Luna) – oggi il conflitto coinvolge le tecnologie legate all’AI. Sono queste, infatti, a promettere un impatto dirompente sull’economia, sulla difesa e sulla società globale.

Liberalizzare l’AI per non perdere la sfida

Lo Sputnik sovietico, lanciato nel 1957, mise in allarme gli Usa e spinse l’amministrazione statunitense a investire ingenti risorse nella neonata Nasa, per evitare un ‘sorpasso (non solo) scientifico’ da parte di Mosca. Ora, come allora, la paura di perdere la supremazia a svantaggio della Cina, in un settore strategico (questa volta è l’AI) spinge il Governo degli Stati Uniti a ridurre le barriere regolamentari e a incentivare il più possibile lo sviluppo delle nuove tecnologie.

La questione, prima ancora che tecnologica, è però politica. Revocare l’ordine esecutivo di Biden sui rischi dell’AI – in nome di un accelerato sviluppo di soluzioni avanzate – significa ribadire che per Trump l’innovazione è un terreno di competizione geopolitica. Il messaggio è chiarissimo: gli Stati Uniti devono rimanere leader nella definizione di algoritmi e piattaforme di AI, a qualunque costo.

È un segnale che suona come un richiamo all’orgoglio nazionale, esattamente come l’annuncio di Kennedy nel 1962, quando promise di portare un uomo sulla Luna entro la fine del decennio. Al di là dell’aspetto propagandistico, l’effetto è di lanciare una sfida al resto del mondo, mettendo le aziende e i ricercatori statunitensi in pole position per i prossimi anni.

Il gap dell’Europa che s’attarda a regolamentare

A differenza degli Usa, l’Europa si trova in una posizione delicata. Da un lato il Vecchio Continente è più attento alla regolamentazione (basti pensare all’AI Act) e cerca di trovare un difficile equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e spinta all’innovazione; dall’altro i finanziamenti europei, pur significativi, non riescono a raggiungere i livelli di investimento messi a disposizione del Governo e delle aziende statunitensi. Il rischio, dunque, è di diventare ‘terra di mezzo’ tra l’Occidente e l’Oriente, senza riuscire a imporre i propri standard.

Anche l’Italia potrebbe trovarsi esposta a questa sfida. Il tessuto imprenditoriale del nostro Paese, composto in gran parte da piccole e medie imprese, può trarre grandi benefici dall’adozione di soluzioni di AI per ottimizzare processi produttivi e servizi. Tuttavia, rimane aperta la questione delle competenze digitali e dei fondi da investire in ricerca e sviluppo.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha previsto risorse rilevanti in ambito digitale, ma l’implementazione pratica deve ancora dimostrare la capacità di colmare il gap con i grandi hub tecnologici esteri. A questo si aggiunge l’esigenza di una visione strategica unitaria che metta insieme università, centri di ricerca e aziende, per creare un ecosistema in grado di competere davvero a livello globale.

Alla competizione tecnologica serve la visione

Dunque, a 70 anni di distanza dalla corsa allo spazio, la storia si ripete. L’AI è il nuovo campo di battaglia per la supremazia geopolitica: la decisione di Trump di eliminare le regole volute da Biden dimostra che la volontà di primeggiare supera qualsiasi considerazione di rischio etico o di sicurezza.

In un mondo sempre più interconnesso, la velocità con cui gli Stati riescono a sviluppare e implementare l’AI potrebbe ridefinire gli equilibri internazionali. Proprio come negli anni 60, i calcoli (un tempo balistici, oggi algoritmici) diventano sinonimo di potere e l’orgoglio nazionale si mescola a interessi militari e di sicurezza. La sfida, da qui in avanti, è trovare un punto di equilibrio tra la necessità di mantenere il controllo e la volontà di non perdere il treno dell’innovazione.

La storia insegna che la competizione tecnologica può, da un lato, generare enormi passi avanti per l’umanità, ma dall’altro deve essere accompagnata da una visione politica lungimirante, che ne governi gli sviluppi e tuteli le generazioni future. Oggi, più che mai, è una sfida che riguarda l’intero Pianeta.

Intelligenza artificiale, donald trump, cina, AI generativa


Fausto Turco

Fausto Turco

Fondatore e Presidente dell’Accademia dei Commercialisti e CEO di Si-Net e MyDigit.

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