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AI, l’occasione di crescita per l’Italia

È un primo passo concreto per rilanciare la digitalizzazione delle aziende italiane puntando sull’Intelligenza Artificiale (AI), perché le nostre imprese, sul tema, pagano (ancora) un preoccupante ritardo. Un dato chiarisce l’entità del problema: in Italia appena il 15% delle Piccole e medie imprese (PMI) ha avviato un progetto pilota di AI e anche lo sviluppo di questa tecnologia ci vede agli ultimi posti in Europa. Il documento dal titolo “Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026” è nato quindi come risposta a questo scenario, facendo seguito all’AI Act dell’Unione europea, recepito dall’Italia con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale a metà luglio 2024 e in vigore da agosto.

A elaborare la strategia italiana per il prossimo biennio sull’AI – presentata dal Sottosegretario all’Innovazione tecnologica Alessio Butti – è stato un comitato di 14 esperti (informatici, economisti e giuristi di “comprovata esperienza”, tra cui Padre Paolo Benanti, Presidente della Commissione AI per l’informazione) coordinati da Gianluigi Greco, Presidente dell’Associazione italiana per l’AI: obiettivo dell’attività svolta dagli esperti è supportare il Governo nella definizione di una normativa nazionale e delle strategie relative all’AI.

Edoardo Raffiotta, Professore di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, è uno degli esperti della commissione nominata dal Presidente del Consiglio a ottobre 2023 che ha lavorato all’iniziativa governativa: “La strategia che abbiamo elaborato è un documento programmatico, che indica le linee guida e le priorità per il Paese nei prossimi anni; abbiamo lavorato in piena autonomia e libertà, ma anche in sintonia con le esigenze dell’Italia,”, spiega il docente, firma della rubrica “Diritto e tecnologie”, pubblicata dalla rivista MIT Sloan Management Review Italia (edita dalla casa editrice ESTE, editore anche del nostro quotidiano). “La nostra strategia si colloca nel quadro della strategia europea sull’AI, che richiede agli Stati membri di aggiornare i loro piani ogni due anni”.

Chi non si aggiorna è perduto

Gli esperti del comitato sono convinti che l’AI possa fare la differenza nella crescita economica dell’Italia; secondo le loro stime, infatti, questa tecnologia potrebbe aumentare il Prodotto interno lordo fino al 18,2%. Ma che cosa ha davvero bisogno l’Italia a livello tecnologico per concretizzare questa opportunità? “C’è un forte bisogno di innovazione e digitalizzazione, sia nel pubblico sia nel privato. I dati che abbiamo analizzato mostrano una situazione critica, soprattutto per le nostre industrie, che rischiano di restare indietro rispetto ai concorrenti internazionali se non adottano le tecnologie digitali e di AI”, dice Raffiotta.

Un’importante differenza, a proposito di aggiornamenti, che merita ancora di essere approfondita, è quella tra l’AI verticale e la sua versione generativa. Quest’ultima è quella più conosciuta grazie al largo uso che se ne sta facendo a livello consumer con la possibilità di accedere (anche gratuitamente) a piattaforme come ChatGpt. La prima, invece, è quella che riguarda l’automazione e la digitalizzazione di processi specifici, anche industriali: “Questa AI è spesso frutto della ricerca e della produzione italiane”, precisa il docente.

Rispetto all’attività di ricerca, Raffiotta spiega: “Tra le linee guida indicate nel documento c’è sicuramente il sostegno alla ricerca e allo sviluppo, che richiede maggiori investimenti e competenze. L’Ue in generale, ma l’Italia in particolare, sono in ritardo rispetto agli altri attori globali in questo campo; per questo dobbiamo incentivare, remunerare in modo adeguato e trattenere i nostri ricercatori, formando e aggiornando le persone che lavorano nel pubblico e nel privato, perché possano utilizzare al meglio gli strumenti di AI”.

Le indicazioni concrete sull’AI

Quando si affronta l’AI emerge sempre la questione della possibile perdita di posti di lavoro: secondo i tecnopessimisti, macchine e software ci ruberanno il lavoro, generando disoccupazione e profondi disagi sociali. Ciò su cui gli esperti invitano a riflettere, invece, è l’opportunità generata dalle nuove tecnologie che, se non colta, rischia di compromettere la crescita delle aziende e di conseguenza del Paese stesso. “Il primo pericolo che dobbiamo evitare è di restare fermi e di non cogliere il cambiamento tecnologico: chi non sfrutta queste opportunità è destinato a perdere competitività e mercato”, mette in guardia Raffiotta.

D’altra parte, contro i rischi più generali legati all’AI, esiste già il regolamento europeo che stabilisce regole chiare e rigorose per prevenire e contrastare gli abusi e le discriminazioni. Per questo ora serve concentrarsi sulle opportunità, che riguardano tutti i settori, dalla Sanità ai Servizi pubblici, dall’Industria all’Istruzione. “In Italia manca una cultura del digitale e dell’innovazione”, evidenzia il docente che per spiegare come questo sia un punto di attenzione, propone un caso concreto che chiarisce il potenziale delle nuove tecnologie e il conseguente pericolo di non saperne cogliere il potenziale.

“Un esempio che dimostra l’importanza dell’AI per il progresso e per l’efficienza è quello delle analisi del sangue: ormai, da tempo, non si usano più i microscopi per esaminare i campioni, ma si utilizzano macchine dotate di algoritmi sempre più sofisticati che restituiscono i risultati in modo rapido e accurato. Se un laboratorio di analisi non si adeguasse a queste tecnologie, sarebbe destinato a perdere clienti e a chiudere”, dice Raffiotta. Facile, a questo punto, immaginare come l’AI possa aiutare generare competitività per il mondo dell’industria e per tutti i settori che vogliono innovare e migliorare i propri servizi. “Il documento che abbiamo prodotto offre indicazioni concrete per le aziende, gli imprenditori e i manager che vogliono sfruttare le opportunità dell’AI e integrarla nelle proprie attività. Il nostro obiettivo è che nel 2026, l’Italia possa essere un Paese leader su queste tecnologie e possa mostrare al mondo le potenzialità delle sue startup, delle sue università e delle sue imprese”.

Intelligenza artificiale, Edoardo Raffiotta, Strategia Italia AI


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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

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